
Solchi Sperimentali The Movie, un nuovo tassello di un progetto in perenne evoluzione
Il progetto Solchi Sperimentali intrapreso da Antonello Cresti con la pubblicazione di “Solchi Sperimentali” e “Solchi Sperimentali Italia” e proseguito, con la nostra collaborazione, con la nascita dell’etichetta “Solchi Sperimentali Discografici” prosegue col più ambizioso dei progetti, il film. Ne parliamo proprio con Antonello Cresti e col regista Francesco Paolo Paladino.

La Cover di Solchi Sperimentali The Movie
Valerio D’Onofrio: Ciao Antonello, ciao Francesco, il progetto Solchi Sperimentali, calderone di una serie di iniziative sempre nuove e in perenne divenire si è arricchito dell’elemento che appariva di più difficile realizzazione, il film. A chi è venuto in mente il progetto e come è nata la vostra amicizia?
A.C.: Quando ho iniziato a raccogliere contatti e materiali per “Solchi Sperimentali Italia” (il libro), una delle persone che ho interpellato è stato Francesco (mi interessava in particolare il suo lavoro coi Doubling Riders). E’ subito scattata una simpatia, anche per affinità di passioni musicali ed un approccio al lavoro creativo molto simile. Abbiamo partecipato ad eventi insieme, ci siamo frequentati ed un bel giorno lui ha buttato giù la frase “Secondo me dovremmo fare un film dal tuo libro”… Per sua sfortuna gli ho detto di si ed è così che iniziata l’avventura!
F.P.P: Circa tre anni fa io e Antonello ci eravamo visti e sentiti per un “possibile documentario” in terra inglese; la cosa non andò in porto (ma non è detto che non riaffiori…) ma rinsaldò la nostra amicizia. Ci unisce infatti uno spirito direi “vulcanico”, l’ansia e l’eccitazione di voler sempre “produrre” qualcosa di nuovo. A lui venne in mente qualcosa di “video” che fosse parte integrante del progetto “SOLCHI SPERIMENTALI”, a me un’ improbabile alchimia “musica sperimentale-fiction”. Cosa c’è di più sperimentale che un accoppiata del genere, ci dicevamo. E così tutto è nato da lì.
Valerio D’Onofrio: Il progetto Solchi Sperimentali The Movie a vederlo dall’esterno risulta quasi immane; come è stato possibile inserire centinaia di gruppi diversi riuscendo a mantenere un filo conduttore unico. Un’idea tanto ambiziosa non vi ha spaventato inizialmente?
A.C.: Anche il libro è stato considerato da molti un lavoro immane, eppure io dico sempre (e non è una battuta) che due terzi dei materiali li ho raccolti stando sulla spiaggia! Ma al di là di questo uno degli scopi manifesti di lavori di questo tipo è quello di coinvolgere attivamente più persone possibili; è evidente, come tante volte ho affermato, che la completezza non è mai raggiungibile, ma ad ogni modo se si intende “fare rete” bisogna cercare di cementare l’unione tra diversi senza fermarsi a qualche caso simbolico. E pluribus unum!
F.P.P.: No, non ci siamo spaventati mai; eravamo ben coordinati; io avevo già costruito documentari su festival di musica blues e rock e sapevo come dovevo muovermi; Antonello teneva contatto con tutti i musicisti sperimentali e faceva da collettore; la prima fase è stata “la raccolta”. Ci siamo trovati a analizzare la documentazione che era pervenuta: files di tutti i formati, qualità non eccelsa e audio improbabili; la seconda fase è stata dividere i files, quelli che servivano o potevano servire per il film e quelli che non lo erano. Da qui l’idea di fare due DVD, un film e un altro DVD (con il prezioso aiuto di Mennella) di informazione video sui musicisti sperimentali. La terza fase è stata l’ideazione di una sceneggiatura che valorizzasse l’aspetto musicale senza tuttavia essere soltanto un recipiente formale. Siamo partiti da un canovaccio e mano a mano che giravamo venivano in mente altre porzioni del film…un work in progress dicevano negli anni sessanta.

Solchi Sperimentali The Movie
Valerio D’Onofrio: Come si pone Solchi Sperimentali The Movie nella cinematografia indipendente contemporanea? E’ un film che lancia messaggi politici, un documentario, uno strumento per esplorare realtà nascoste dai media tradizionali?
A.C.: Sulla prima parte della domanda lascio la palla a Francesco, e io mi limito a dire che, da semplice spettatore, vedo il nostro film come uno strano incrocio tra il cinema di avanguardia, soprattutto i trip movies psichedelici, e certo gusto parodistico, tra Mel Brooks e Monty Python. La presenza della musica in una cornice così surreale poi non è così distante dai Beatles di “Magical Mystery Tour”. Per quanto riguarda la tua seconda curiosità la risposta è affermativa! Personalmente ho utilizzato le scene chiave del film non solo per mettere in buona luce le musiche che ci stanno a cuore, ma per affermare una visione dell’esistente che vuole essere oppositiva e resistenziale. Son sicuro che in diversi coglieranno allusioni e criptocitazioni presenti nel film… Ma la cosa più importante di tutte è aver usato il mezzo filmico per distanziarsi col massimo della forza da quelli che considero i due cancri del mondo underground: autoreferenzialità e mancanza di humour. Non esito a dirti che se devo estremizzare il film che è venuto fuori è certo più figlio del “vuoto pneumatico” di Gianni Boncompagni (anche noi siamo partiti dal nulla, come diceva di fare lui…) che di tante dotte letture musicologiche che ho fatto, magari all’Università.
Poi certamente, dopo il “dètournement” del film, c’è la spinta analitica e enciclopedica del secondo DVD, con la amorevole cura di Luigi Maria Mennella, che credo completi il nostro sforzo documentativo, ma creativamente parlando mi sento davvero all’opposto di certe pose…
F.P.P:Quando ho visto il risultato finale mi sono sorpreso come le idee iniziali, le scommesse iniziali, fossero diventate qualcosa di reale; potrà piacere o non piacere, ma il film si nutre di musica sperimentale, quasi ogni immagine è supportata dai suoni dei musicisti che hanno voluto partecipare e che, in fase di editing musicale, ho collegato, sovrapposto, coniugato insieme fino a costruire una vera e propria colonna sonora originale con il contributo di più di 250 musicisti scelti da Antonello. Il film riprende il genere “poliziesco” e lo introduce in una atmosfera onirica/surreale filtrata dal mio amore per i video della Bonzo, di Lynch e di Fellini. E’ stato un lavoro da certosini, sperimentare collisioni tra clip di musicisti e una trama del film. Ma alla fine il risultato ci ha profondamente appagato. Antonello ed io abbiamo veramente prodotto qualcosa di unico e forse irripetibile. Ce ne siamo accorti solo alla fine: ma questa è una cosa buona, abbiamo detto. Fino all’ultimo non è stato possibile capire se lo era o meno. E questo ha reso la cosa ancor più sperimentale.
Valerio D’Onofrio: Il film si divide in due dvd, c’è una continuità tra i due o sono due dvd separati?
A.C.: Creativamente parlando è come se fossero l’alfa e l’omega. Ma è evidente che essi sono anche l’uno il completamento dell’altro. Coloro che si sono garantiti l’edizione limitatissima del doppio DVD, con centinaia e centinaia di minuti di materiale extra oltre al film, credo apprezzeranno l’aver battuto nella medesima occasione strade così diverse per divulgare ciò che ci stava a cuore.
F.P.P: No, nessun “file rouge” tra i due dvd, se non un reciproco rimando ad artisti del mondo musicale sperimentale italiano.

Camillo Giacoboni, il gastro-investigatore

Angela Peccerini, protagonista del film

Giulia Giacoboni, la gastro-investigatrice
Valerio D’Onofrio: Francesco, cosa ti ha spinto ad accettare la proposta di Antonello?
F.P.P: Io sono per le sfide impossibili, in questo caso era un vero azzardo; ma Antonello è una persona coinvolgente. Non è stata una ragione “economica” per essere chiari che mi ha fatto accettare la sfida, ma l’idea di poter aggiungere qualcosa di mio alla creazione di un affresco sperimentale unico.
Valerio D’Onofrio: Avete avuto subito una convergenza di idee o inizialmente avete dovute appianare idee divergenti?
A.C.: Come dicevo prima abbiamo iniziato a girare che idee ne avevamo pochissime, anzi nessuna. Poi Francesco se n’è uscito con una idea molto “british” come quella dei “gastro-investigatori” e io invece avevo immaginato una specie di Processo Kafkiano ai danni del sottoscritto. Abbiamo sempre unito gli spunti e devo dire che si è lavorato in grande armonia e divertimento.
F.P.P: Magicamente ci siamo fatte proposte reciproche e le abbiamo sempre accettate e valorizzate. Un miracolo.

Davide Gonzaga, il rapitore

Francesco Paladino, il regista

Antonello Cresti
Valerio D’Onofrio: Il crowdfunding è stato fondamentale per la realizzazione del film, è uno strumento che utilizzerete ancora?
A.C.: Sono contentissimo di tutto il percorso del crowdfunding. Sono orgoglioso di aver mandato in porto con tanta apparente semplicità un progetto che tutti mi dicevano essere impossibile. E sono anche contento di stare per fare uscire un prodotto che – in linea teorica – sarebbe dovuto costare tanto di più di quello che abbiamo avuto a disposizione (qui mando un ringraziamento infinito a tutti coloro che hanno collaborato…). Se però in futuro dovessi riprovare strade simili credo che mi inventerò qualcosa di ancora più diretto, senza forma alcuna di intermediazione. Credo sarebbe apprezzato.
F.P.P: La somma che insperatamente è stata ricavata dal crownfunding è stata gestita da Antonello per realizzare il progetto e sinceramente non so se è stata sufficiente; io ho ricevuto un rimborso spese che quanto meno mi ha permesso di fare una revisione agli strumenti che ho usato per girare e per montare il film. Sì ritengo che il crownfunding, se gestito bene come ha fatto Antonello, sia un mezzo preziosissimo. Nel caso di specie è stato ancor più difficile perché sono stati anche gli stessi musicisti a finanziare il progetto fidandosi di noi. Una bella responsabilità. Io da parte mia ho dato tutto quanto potevo per fare qualcosa di “nuovo” per chi vuole essere un artista sperimentale. E Antonello si è superato nell’aspetto organizzativo, che comporta non soltanto la creazione id un prodotto ma anche la sua diffusione. Spero di lavorare ancora con Antonello per altri folli progetti.
Valerio D’Onofrio: Il vostro film è incentrato sulla musica sperimentale italiana; è possibile secondo voi fare un parallelismo tra la musica mainstream e la musica sperimentale anche nel mondo del cinema italiano contemporaneo? C’è un regista italiano che vorreste consigliare?
A.C.: Esco un po’ dalla domanda, tanto qui sarà più esaustivo Francesco, per dirti che nel film c’è anche un mio omaggio ad uno dei miei pochi riferimenti cinematografici in ambito italiano… C’è un mio pezzetto di recitazione, improvvisato, che è molto influenzato dal Nanni Moretti dei tempi d’oro. Chissà se lo riconoscerete!
F.P.P: Con questo film ho la presunzione di affermare che si è dimostrato che la musica sperimentale può uscire dal ghetto, diventare colonna sonora anche per un film o format più tradizionali. Mentre montavo il film molti amici a cui ho rubato impressioni e consigli si sono detti tutti sorpresi di come si amalgamava bene la parte”narrativa” (sceneggiatura) a quella evocativa (colonna sonora). Era la cosa principale per me, e quelle affermazioni mi confermavano che ero sulla via giusta. Tra i registi italiani che mi sento di consigliare per l’uso della musica nei suoi film sceglierei senza dubbio Fellini per il passato, Sorrentino per il presente… Paladino per il futuro ? Ci spero!
Valerio D’Onofrio: Chiudo facendovi i complimenti e chiedendovi se la vostra collaborazione in futuro ci porterà altri frutti
A.C.: Lavorare in ambito audiovisivo comporta spese importanti, e vorremmo provare ad essere sempre più autosufficienti. Ciò detto mi stupirei se non ci fosse un seguito a questa collaborazione. Anzi, io una ideuzza già ce l’ho…
F.P.P: Ritengo che la risposta sia affermativa; ma a dire il vero non abbiamo ancora avuto modo di vederci il film insieme, tanto sono state le cose che abbiamo dovuto fare, diventando equilibristi senza rete. Adesso facciamo un bel respiro e certamente la nostra “attrazione fatale” provocherà altri inspiegabili fenomeni naturali….