
Solchi Sperimentali. Editoria. Intervista allo scrittore e giornalista il7 – Marco Settembre
Marco Settembre, o meglio, il7 – Marco Settembre, è scrittore, fotografo, giornalista che da sempre si occupa con particolare interesse di musica, cinema e arte in generale. Personaggio poliedrico dagli svariati interessi ha pubblicato il libro fotografico “Esterno, giorno” (2011), sei racconti presenti nell’antologia “Racconti di Traslochi ad Ar-te” (2012), gli scritti “obliqui” nel Catalogo del Loverismo (I e II), “Elucubrazioni a buffo!” (2015), oltre ad essere l’autore del romanzo sperimentale “Progetto NO”, ancora in gestazione ma già presentato in molti readings. Inoltra collabora con la nostra webzine PsyCanProg. Pur non essendosi mai occupato attivamente di politica, il7 fa suo il gramsciano pessimismo della ragione e ottimismo della volontà.

il7 – Marco Settembre
Valerio D’Onofrio: Ciao Marco, è un grande piacere intervistarti, tra l’altro dopo averti già conosciuto come recensore su PsyCanProg. Vuoi presentarti ai lettori del nostro sito?
il7 – Marco Settembre: Salve, anche per me è assai positivo “sfogarmi” un po’ qui in famiglia, tra i lettori di PsyCanProg, bella gente abituata alle bizzarrie e ad espressioni artistiche fuori dal comune. Mi presenterei dicendo che sono uno scrittore e giornalista che oscilla tra precisione maniacale ed estroversione cialtrona, ma con piena consapevolezza di tale bipolarità espressiva, ahah! Naturalmente quando scrivo articoli giornalistici pongo la professionalità come presupposto ben saldo, accanto alla capacità d’immedesimazione verso le opere e gli artisti che sono chiamato a recensire, ma quando mi dedico alla narrativa mi sento davvero libero di dar fondo alla mia vena surreale ed inventare a getto continuo.

il7 – Marco Settembre
Valerio D’Onofrio: Sei una persona poliedrica con molteplici interessi; quando hai capito che la strada ideale era nella letteratura?
il7 – Marco Settembre: È vero, sono, o forse sono stato, un eclettico: in passato, durante gli studi universitari in Sociologia/Scienze della Comunicazione culminati con una tesi su cinema e videoarte che mi ha fruttato la lode, ho fatto il pittore inventando tra l’altro un tipo particolare di collage per il quale ricevo delle richieste ancora oggi; e per un periodo, sull’onda degli studi di cui accennavo, ho girato anche dei filmati che hanno ottenuto dei riconoscimenti, verso la metà degli anni ’90. Ora invece prevalentemente scrivo, ma sono anche attivo come fotografo di genere Urban. Comunque, negli anni, mentre facevo altro, ho sempre buttato giù delle storie folli, di tanto in tanto, per divertimento. Però è stato nel 2002 che è successo qualcosa che mi ha fornito una grande motivazione ad insistere come autore letterario: sono stato coinvolto da alcune persone nella creazione di una rivista specializzata ed il mio stile ricevette tali consensi da farmi pensare, anche al di là della parabola di vita di quell’esperienza, che avrei dovuto mantenere e sviluppare quelle premesse. Anche perché, a differenza di altri mezzi espressivi, la scrittura non necessita di particolari mezzi tecnici, ma “solo” di adeguate (affinate) competenze linguistiche, per cui risulta più immediato il collegamento tra le idee che spuntano dal mio cerebro un po’ anarchico e l’output finale. Ciò nonostante, ho sempre al tempo stesso avvertito come logorante in qualche misura la scrittura, proprio per il raschiamento psicologico che talvolta impone a chi la pratica. A volte questo può essere catartico, altre volte induce a rimestare nel profondo, e questo è molto interessante ma anche impegnativo.

Esterno giorno
Valerio D’Onofrio: Il tuo primo libro, “Esterno, giorno” è principalmente incentrato sulla città di Roma e sui romani.
il7 – Marco Settembre:Sì, è vero. Direi che si tratta di una pubblicazione che è frutto della mia ormai testata capacità di confrontarmi con le immagini passandovi dietro, davanti e dentro per commentarle criticamente in quanto giornalista, come ho fatto tante volte dal 2008 ad oggi. In questo caso, però mi sono spinto un poco oltre, interpretando le foto del mio co-autore in questo progetto, il fotografo siciliano trapiantato a Roma, Francesco Scirè, come spunti per divagazioni esistenzial-surreali su alcuni aspetti della vita, condite da citazioni più o meno colte e accenni di dialoghi immaginari tra personaggi romani che ipotizzavo attraversassero gli spazi di Roma fotografati da Scirè. Quindi il libro, anche se evita accuratamente i più ovvi punti di riferimento turistici, è un omaggio alla Capitale, che è la mia città. A tratti già in questo libro si avverte che la mia scrittura è caratterizzata anche da una ricerca formale che va verso il neo-barocco e la densità, come ad esempio nel primo “racconto”, o “didascalia espansa”, ma in generale direi che con questo mio esordio ho iniziato piano, come se non volessi disturbare troppo, eheh!

Elucubrazioni a buffo!
Valerio D’Onofrio: Nel 2015 hai pubblicato “Elucubrazioni a buffo!” testo a metà tra surreale, grottesco e fantascientifico che rientra quindi nel genere avantpop.
il7 – Marco Settembre:Esattamente; a fine Giugno scorso è uscito questo volume, sempre per i tipi della Edilet – una casa editrice NON a pagamento che cura soprattutto progetti legati alla cultura di Roma e della sua regione – che rappresenta una parte della mia produzione di narrativa breve, cioè di racconti. Posso rivelare infatti che all’editore consegnai un dattiloscritto che conteneva il doppio del materiale pubblicato, e che lui apprezzò dicendo che, considerando la qualità ottima e omogenea, di antologie ne avremmo tirate fuori due. A parte gli aspetti editoriali, va detto che con questo testo entro senz’altro, e in maniera fracassona, ma anche indolente e disperata, sui territori spuri della letteratura più contaminata, cioè l’avantpop, che – come suggerisce il termine stesso – è una commistione tra tensione avanguardistica, di ricerca, ed espressione popolare, sia per il carattere d’intrattenimento, sia per il citazionismo pop, appunto, sia anche per il radicamento che io mostro, pur ammiccando alla narrativa di lingua anglosassone, rispetto all’Italia, o forse all’Itaglia, e a ciò che è italiota. I personaggi sono spesso dei perdenti, affogati in dimensioni in cui la desolazione esistenziale è dissimulata da dettagli ridanciani e non sense che portano all’effetto comico, come nel lungo “Visite inattese”, o in “Dandysmo coatto”, d’ambientazione romana. Ma non mancano anche racconti in cui la fantascienza assume più rilievo suggerendo evoluzioni e mutazioni che potrebbero verificarsi nel futuro e che, al tempo stesso, sembrano già prefigurarsi nel nostro presente, come nel racconto “Lato”, in cui parlo del mercato editoriale che sarà, o in “Ab origine”, in cui immagino delle divinità aliene in cui non è difficile intravedere l’esasperazione di tipi psicologici “strani” in cui tutti più o meno ci è capitato di imbatterci, in giro. Anche in “Far finta di niente” siamo nel futuro: parlano tra loro personaggi sospesi in un mondo e in un tempo indefinito che poi si rivela essere quello di un dopo-Bomba, ma le loro ossessioni sono rimaste le stesse di prima della catastrofe apocalittica. L’ultimo racconto, anch’esso molto apprezzato dal pubblico, tra i dieci del libro, chiude con una parabola sociale sul rapporto tra la riflessività eccentrica di un anziano e la rabbia, in cerca di bersagli, di alcuni bulletti bimbominkia di periferia.
Valerio D’Onofrio: Philip K. Dick, William S. Burroughs, Charles Bukowski, James Graham Ballard, Douglas Adams, sono questi i tuoi punti di riferimento? A chi ti senti più affine?
il7 – Marco Settembre: Dick è un grandissimo maestro, che andrebbe conosciuto non solo per il celebre “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?“, da cui il formidabile film “Blade Runner“, ma anche per il resto della sua amplissima produzione, che tra l’altro si caratterizza, spesso, per la piega mainstream, poco o niente affatto fantascientifica, che assumono alcune parti dei suoi lavori. Di lui direi che, oltre proprio a questo aspetto, ho preso una certa tendenza alla narrativa multifocale, e anche il gusto per i personaggi sgangherati affetti da mutazioni o comunque segnati da qualcosa, ed infine l’inclinazione a creare figure di donne ideali che però hanno tratti di crudeltà o nodi non semplici da sciogliere. Di Burroughs adoro la capacità visionaria senza compromessi, la corporalità morbosa portata poi magistralmente sullo schermo da Cronenberg con “Il pasto nudo”, il viluppo di sensazioni e situazioni che non si sa in che misura siano immaginarie o reali, la paranoia strisciante verso le diverse forme di potere, il senso di latente minaccia mezzo criminale mezzo aliena. Ballard è più sottile, instaura il dubbio sullo statuto della realtà tracciando scenari in cui la desertificazione contemporanea, sia nel sociale, sia nel paesaggio mediatico, sia nelle relazioni tra individui, mostra un aspetto simbolico-allegorico non facile da definire; assolutamente memorabile il suo “La mostra delle atrocità”, anche per l’originalissima struttura nebulosa, priva di trama e con situazioni e citazioni ricorsive e maniacali. Adams l’ho conosciuto tardi ma mi ci rispecchio per la sua irrefrenabile disposizione a mettere in burla la science fiction creando storie in cui spunti di riflessione filosofica in versione light viene veicolata con il sorriso indotto da paradossi buffi e riferimenti al quotidiano spicciolo. Mi ci rispecchio abbastanza, fermo restando che la sua celebre pentalogia “Guida galattica per autostoppisti” è legata soprattutto agli anni ’80, in cui c’era più fiducia nel presente e nel futuro, mentre io scrivo oggi e quindi il mio tono, anche se divertente, suona più sarcastico, ho un’amarezza ed un pessimismo di fondo difficilmente superabili.

il7 – Marco Settembre e il Progetto NO
Valerio D’Onofrio: Stai lavorando per il nuovo “Progetto NO”, ce ne parli?
il7 – Marco Settembre:Ecco, a proposito, ve ne parlo con piacere perché si ricollega alla risposta precedente: il Progetto NO è un romanzo sperimentale molto corposo, distopico e un po’ cyberpunk che ha una struttura che può ricordare vagamente lavori (de)strutturati come appunto “La mostra delle atrocità” di Ballard e che reca in sé il marchio acre di un pessimismo cosmico e di una sfiducia verso la razza umana che fanno spavento! Attenzione, però: al contempo, la mia vena sarcastica provvede spessissimo a far apparire la cattiveria come un’assurdità conclamata e ridicola perché manifestazione di un’idiozia inveterata. In esso racconto di come, in un universo parallelo, uno scienziato-mago che è anche statista si pone a capo di un governo-ombra planetario dopo aver creato un immane organismo cibernetico capace di pompare e rilanciare la perfidia umana. Qualcuno intravede in ciò tracce di satira politica relativa al recente passato italiano, ed io non ho mai smentito queste illazioni, eheh! Ho presentato diversi brani di questo colossale lavoro in numerosi readings in giro per Roma giungendo tra l’altro a classificarmi secondo al concorso nazionale multiartistico MArte Live sezione letteratura, e a tenere un reading di ben 50 minuti al MetaTeatro, noto spazio per il teatro d’avanguardia, attivo fin dagli anni ’60. La mia performance vocale è accompagnata da smorfie espressive e da un atteggiamento pseudo-istituzionale che rimanda alla natura fanta-politica della storia, e quando arriva lo sberleffo lo sottolineo con una gestualità teatrale ma contenuta, tra la severità e la ciarlataneria, insomma. Durante i readings indosso sul capo uno speciale dispositivo nero con luci e lenti ottiche e proietto alle mie spalle un video da me prodotto appositamente per il Progetto NO.
Comunque, sto anche completando un altro romanzo, sempre di fantascienza meticcia, intitolato “Ci capiscono poco”, ispirato in parte ad una storia vera, ambientato in una Roma futura e che ha a che fare anche con la sanità pubblica.

il7 – Marco Settembre
Valerio D’Onofrio: Passiamo alla musica; quando è nata la tua passione per la musica prog?
il7 – Marco Settembre: Ho scoperto la musica prog nei primi anni ’80, quando iniziai il liceo classico, e dopo aver “orecchiato” alla radio alcune cose che allora emergevano dalla massa, e che presto scoprii che provenivano dal decennio precedente, come pezzi dei Genesis, dei Queen, anche dei Police. Ma sin da subito furono i Genesis ad assurgere a mio gruppo preferito, dopo aver ascoltato uno “special” retrospettivo su di loro ad una piccola radio privata che da tempo non esiste più, Radio Moon Flower. Quasi contemporaneamente fu un mio compagno di classe a suggerirmi un ascolto ragionato di LP come Foxtrot avvisandomi però, coscienziosamente, che sarei potuto restare spiazzato a causa della osticità di quel tipo di proposta musicale e di sonorità. Invece poi intuii subito il tipo di immaginario che i Genesis volevano far esplodere nell’animo degli ascoltatori, e in seguito trovai le mie impressioni confermate nei primi libri monografici che comprai sul gruppo: quello di Vigorelli e quello firmato dal mitico e inossidabile Armando Gallo. Con gli anni scoprii via via gli altri gruppi protagonisti della scena prog britannica, tra cui tutti i colossi: i fondamentali King Crimson, i Pink Floyd sia psichedelici che più “maturi”, gli Emerson, Lake & Palmer, i quasi taumaturgici (e pirotecnici) Yes e, viceversa, gli oscuri ma assolutamente fantastici Van der Graaf Generator di quel fenomeno tormentato di Peter Hammill – peccato che abbia litigato con Jackson -, ma senza dimenticare i Jethro Tull, passando anche, su un piano inferiore, per i Procol Harum; e li ho tutti tanto adorati da professarmi prog fan, non solo un Genesis-addicted. Per ciascuno di questi gruppi conservo un ricordo legato, più o meno precisamente, a come li ho incontrati sul mio cammino, e sono solito seguirli per tutta la loro discografia.
Valerio D’Onofrio: Quali altri generi segui?
il7 – Marco Settembre:Mi interessa molto anche la cosiddetta scena di Canterbury – soprattutto i Soft Machine ed il grandissimo Wyatt, di cui mi folgorò Rock Bottom, al primo ascolto, ed i Caravan – ed il Krautrock specie dei Tangerine Dream, che apprezzo da Alpha Centauri fino a Stratosfear, tanto per citare un paio di titoli; questo per quanto riguarda i generi che voi trattate nel vostro sito, davvero fantastico. Però non mi dispiacciono anche molte cosucce della New Wave e del Dark, anche se i miei ascolti sono più occasionali, per questi generi. In particolare ho apprezzato in alcuni periodi album come “Disintegration” dei Cure, o gli Echo and the Bunnymen. Non riesco a trattenermi però dal confidarti che negli ultimi anni, come fonte di ispirazione, mi sono stati molto utili i King Crimson degli anni ’80-’90-’00, con il loro mood disforico ma con la classe e l’originalità assoluta di Master Fripp, il rapporto dialettico tra suoni eterei e spettrali e grandi masticature devastanti che sforano nel metal frammentato. Trovo che tutto ciò abbia una qualità noir cui non posso restare insensibile, quando… “penso cose” e scrivo storie.
Valerio D’Onofrio: Ti ringrazio per la disponibilità. Non posso che chiederti due cose. Perchè il7? Che farai da grande?
il7 – Marco Settembre:Grazie a te e a voi della redazione, siete massicci! Perché il7, mi chiedi? Lo pseudonimo mi fu appioppato dai compagni di classe del liceo per due motivi, uno più banale – è l’abbreviazione del cognome – e l’altro più simbolico: rendendosi conto che avevano in classe un artista in nuce, pensarono evidentemente che il numero 7, che cabalisticamente rappresenta la tensione inesausta verso una perfezione peraltro inattingibile, sarebbe stata una cifra adatta a chi per vocazione e ruolo deve sempre cercare di superarsi. E quindi, se loro avevano ragione, da grande continuerò, giornalismo a parte, a fare quello che facevo da (più) piccolo, ovvero “elucubrare (a buffo)” visioni nel segno di quel numero così significativo. 😉