
Intervista a Marco Sgrignoli. In Memoria di Keith Emerson
Appronfondiamo con Marco Sgrignoli di Ondarock la vita e le opere di Keith Emerson. Cosa ci ha lasciato e quanto ci mancherà....
Continuiamo il nostro percorso dedicato al ricordo di Keith Emerson. Ne parliamo con Marco Sgrignoli di Ondarock, esperto di rock progressivo, vecchia conoscenza di PsyCanProg.

Keith Emerson
Valerio D’Onofrio: Ciao Marco, pochi giorni fa, nel più terribile dei modi, ci ha lasciato Keith Emerson. Lo ha fatto a modo suo, nel modo più estremo possibile, forse in linea col suo carattere, anche col suo modo di intendere la musica. Cosa ha rappresentato Emerson nelle tue esperienze di ascolto e cosa hai pensato quando hai appreso la notizia?
Marco Sgrignoli: Emerson e la sua band sono stati fondamentali per la mia crescita musicale. Sono stati, assieme ai Genesis, la prima band prog che davvero ho idolatrato e ascoltato a ripetizione: Yes, King Crimson, Area e tutti gli altri sono arrivati dopo, per dire. E, ancora oggi, con gli Yes sono senz’altro la formazione di quell’epoca che riascolto più spesso; ho dei momenti in cui proprio sento che “c’è il bisogno di sentire gli ELP”, metto su una loro suite e via.
Quello che ho pensato quando Emerson è morto è che il rock sta davvero morendo. I grandi se ne vanno e non c’è nessuno a rimpiazzarli. Il consenso delle nuove generazioni di ascoltatori si è spostato su altri generi, e negli anni che verranno c’è da aspettarsi che uno dopo l’altro i nomi più importanti dell’epoca d’oro degli anni Settanta se ne vadano, uno dopo l’altro, senza che la loro dipartita inneschi chissà quale interesse tardivo nei giovani. Solo una dozzina d’anni fa, quando ho iniziato ad ascoltarla io, la musica rock aveva una “continuità” ancora viva, era un patrimonio collettivo: oggi invece a dire “ascolto rock” a dei ragazzi si passa per alieni (o, più propriamente per vecchi).

Keith Emerson
Valerio D’Onofrio: Emerson è stato uno di quei musicisti che hanno sempre spaccato in due il pubblico, tanto amato quanto odiato, molto spesso anche dai critici. La mia spiegazione è che Emerson ha portato davvero all’estremo un aspetto della musica pop che altri avevano appena affrontato; portando alcuni concetti a punti estremi non puoi che ingigantirne sia i pregi che i difetti. Ecco, con te esaminerei entrambi gli aspetti, partendo dai primi.
Marco Sgrignoli: Emerson e la sua band hanno reso il rock capace di una grandeur mai eguagliata in nessun altro genere musicale. Prima di loro si sarebbe potuto giurare che certe vette di magniloquenza ed epicità dovessero per sempre restare appannaggio della musica classica ottocentesca e delle sue moderne derive cinematografiche; con l’avvento delle tastiere ipertrofiche di Keith Emerson e del drumming torrenziale di Carl Palmer è invece diventato chiaro che le nuove possibilità tecnologiche e lo spirito irruento del rock davano a quest’ultimo un vantaggio difficile da recuperare (e a oggi sostanzialmente non recuperato).
La musica degli ELP è stata inoltre capace delle più efficaci rendition musicali di atmosfere fantascientifiche. Hanno fatto sentire che suono avesse il futuro oscuro e incompromissorio immaginato da scrittori e artisti visuali. Nessuno in ambito prog ha saputo fare altrettanto, e anche i più cyberpunk dei synth-poppari a venire non sono stati in grado di guardare con la loro immaginazione altrettanto in là.
Sono un po’ in difficoltà a parlare di difetti, perché ritengo che molti di quelli che spesso vengono loro additati siano in realtà pregi incompresi. Virtuosistici, barocchi, pomposi? Eccerto, erano premesse necessarie per ottenere un suono tanto travolgente. Kitsch? E che male c’è, se l’eccesso è funzionale al risultato in termini emotivi ed evocativi? Vuoti? Come si fa a chiamare vuota una suite come Karn Evil 9, che ha il coraggio di immaginare un futuro in cui i computer complottino contro gli uomini e sconfiggano questi ultimi con l’inganno?
L’unico elemento che non mi ha mai del tutto convinto degli ELP è quella che mi pare essere la loro incostanza. Sia chiaro, il miscelare pezzi dall’ambizione smodata a pure e semplici carnevalate è sempre stata una loro caratteristica fondamentale, ma non sempre i pezzi super-ambiziosi sono stati all’altezza delle loro aspirazioni, e non tutti i divertissement proposti dal gruppo sono effettivamente in grado di divertire il pubblico allo stesso modo. Rispetto ad altre band dell’era prog, hanno prodotto meno dischi identificabili dall’inizio alla fine come capolavori, ma da fan devo dire che me ne sono fatto una ragione senza grossi problemi.

Emerson, Lake & Palmer
Valerio D’Onofrio: Invece riconosci del vero nelle tante critiche? Ti ricordo ad esempio che Lester Bangs definiva gli ELP dei criminali di guerra….
Marco Sgrignoli: Ecco, forse più ancora che alla riabilitazione degli ELP ci sarebbe da lavorare alla ridiscussione dello status di divinità critico-musicali di personaggi come Lester Bangs. I suoi scritti sono presuntuosi, nevrotici, figli del loro tempo e decisamente invecchiati male in fatto di capacità di analisi. La critica “rockista” propugnata da Bangs è senz’altro stata influente e importante nell’aiutare ascoltatori e musicisti a definirsi “per opposizione” a ciò che andava per la maggiore qualche anno prima, ma quanto di ciò che è stato costruito da costoro traeva effettivamente spunto e ispirazione dalle sparate isteriche di Lester Bangs? Davvero la musica e la critica successive gli devono molto? A me è sempre parso più un totem che piace onorare per sentirsi fighi che uno scrittore capace di fornire chiavi di lettura illuminanti e aiutare ascoltatori e musicisti a sviluppare idee proprie.
Valerio D’Onofrio: Ci sono album degli ELP a cui sei più legato?
Marco Sgrignoli: Tarkus e Brain Salad Surgery. Tarkus è stato il primo che ho amato. Brain Salad Surgery quello che per più tempo mi ha frustrato: per anni l’ho trovato fuori fuoco, caotico, troppo enfatico e troppo poco saturo di hammond. Poi ho capito, e oggi è il mio preferito.
Valerio D’Onofrio: Emerson proviene da studi classici e ha sempre inserito la musica classica in contesti pop. Tu hai mai creduto davvero che questa possa essere una buna idea? Hai esempi da farci di buoni risultati, al di là dei ELP?
Marco Sgrignoli: A dispetto del mio amore per gli ELP, devo dire che l’idea di trasportare di peso partiture classiche in campo rock – che pure da ragazzo mi intrigava un sacco – non mi pare oggi granché lungimirante o produttiva. La musica classica sta bene dove sta: sono favorevolissimo a reinterpretarla, penso che i direttori d’orchestra potrebbero e dovrebbero permettersi libertà assai superiori nel riproporla… Ma non penso che inserire tre, dieci o mille battute di Bach in un pezzo pop lo nobilitino particolarmente. Il pop non ha alcun bisogno di essere “nobilitato”: questo complesso di inferiorità nei confronti della musica colta poteva avere un senso un tempo, ma oggi risulta ampiamente anacronistico.
Trovo invece molto interessante una fusione, una commistione di orizzonti e modalità compositive. Da tempo la musica da film si avvale di tecniche vicine a quelle della pop music, e sarebbe bello che anche quest’ultima ritrovasse il modo di uscire dal ghetto della forma-canzone per lanciarsi all’esplorazione di territori diversi. Purtroppo tanti stili pop sembrano ormai contenti di aver individuato il loro orticello, e da lì non paiono volersi schiodare. Questo mi pare vero soprattutto per il rock, sia quello più mainstream che quello più di nicchia o sperimentale. In ambito metal ed elettronico mi pare ci sia invece più voglia e meno paura di valicare le frontiere: penso ad esempio a progetti come Amnesia Scanner o Disasterpeace o Kayo Dot che si collocano in terre di nessuno tra l’installazione artistica e la narrazione sonora, tra la videogame music e l’elettronica progressiva, tra il metal, la musica da camera e la sonorizzazione.
Valerio D’Onofrio: La mia impressione è che Emerson non abbia lasciato eredi, o forse si. Tu che opinione hai?
Marco Sgrignoli: Eredi diretti – nel senso di tastieristi alla sua altezza, prosecutori del suo stile, senz’altro no. Ma indiretti direi di sì. Me ne vengono in mente al volo due: i Muse, parimenti interessati ad “aggiornare” e “migliorare” la musica classica con strumenti e paradigmi estetici moderni (e indubbiamente assai kitsch, proprio come nel caso degli ELP), e il funambolico tastierista Cameron Carpenter, anche lui piuttosto criticato per quello che da molti è considerato virtuosismo vuoto e gratuito, irrispettoso ed esibizionistico istrionismo esecutivo non supportato da una perizia interpretativa paragonabile ad altri organisti più blasonati (ma meno noti al grande pubblico).