
Solchi Sperimentali – Controcultura. Intervista a Rita Tekeyan
Benvenuta su Solchi Sperimentali - PsyCanProg a Rita Tekeyan, autrice di Manifesto Anti-War
Rita Tekeyan è una giovane musicista italo-libanese di origine armena che ha esordito nel 2015 con l’EP “Manifesto Anti-War”. Qui la recensione dell’album. La sua musica cupa, gotica, nera, è un nobile manifesto contro ogni tipo di guerra dettata dalle sue esperienze vissute in Libano e raccontate dal nonno Avedis Tekeyan, autore del libro “La Tragedia Degli Armeni di Behesni 1914-1918” pubblicato a Beirut nel 1956.

Manifesto Anti-War
Valerio D’Onofrio: Ciao Rita, piacere di conoscerti e complimenti per “Manifesto Anti-War”, credo sia un album splendido. Prima di parlarne parlaci un po’ di te, della tua vita, della tua formazione musicale.
Rita Tekeyan: Ciao, piacere mio e grazie per i complimenti, sono molto felice di sapere che l’avete apprezzato. Sono nata a Beirut in Libano, da genitori di origine armene. Sono nata in una famiglia dove la musica ne faceva parte; uno zio batterista che viveva in Norvegia all’epoca ed è stato un importante influenza per me, inoltre mio padre amante di pittura e sceneggiatura cantava nel coro armeno (con 4 voci) e da quando ho ricordi lontani ci andavo sempre anch’io.
A 12 anni, mi sono fatta regalare una tastiera e la suonavo a orecchio, poi ho deciso di approfondire questa passione, ho imparato a suonare il pianoforte iscrivendomi in alcuni istituti di musica privati, e poi ho frequentato il conservatorio nazionale libanese per alcuni anni studiando pianoforte con la musica classica e un paio di anni ho studiato il canto lirico. Purtroppo non ho potuto terminare gli studi di pianoforte perché mi ero scritta alla Facoltà di Architettura che mi impegnava a tempo pieno, all’epoca sempre dell’adolescenza frequentavo anche corsi di danza classica, contemporanea e moderna e vari workshops di teatro. Negli anni dell’Università ho fatto parte del music club e cantavo insieme alla band in vari festival e concerti. Sempre in quelli anni, ho fatto anch’io parte del coro armeno con voce soprano.
Nel frattempo facendo Architettura, mi sono avvicinata al pensiero di un concetto, all’idea della creazione mettendo insieme dei pezzi o partendo da zero, da un’ispirazione, da un’idea o dal vuoto totale, inoltre mi ha aiutata ad osservare gli spazi, le persone, passare del tempo nella natura ed apprezzarla. Progettare in situazione di conflitto, come nei confini tra due stati che si odiano, capire che a volte un muro può diventare uno spazio. Osservare i luoghi abbandonati e leggere le tracce rimaste di una storia passata, di un evento accaduto, ogni traccia racconta una storia. E anche nella decadenza si può trovare la bellezza.

Rita Tekeyan
Valerio D’Onofrio: Hai da poco pubblicato il tuo primo album breve che vuole essere un forte NO ad ogni tipo di guerra. Quando e perché hai avuto l’idea di questo tuo progetto ?

Rita Tekeyan
Rita Tekeyan: Non è stata programmata, come ho detto prima provengo da una famiglia di origine armena, i miei nonni erano orfani sopravissuti al grande Genocidio armeno, il massacro di un milione e mezzo di armeni dalla mano dei turchi, questo genocidio noi armeni lo chiamiamo il “Medz Yeghern” il “Grande Male”, ogni anno il 24 Aprile è il giorno della memoria, quest’anno saranno 101 anni ed è ancora un genocidio non riconosciuto, che tanti libri di storia non menzionano, ma io sono cresciuta con queste storie di genocidi lontani raccontati dai nostri nonni e altri anziani che conoscevo, i loro racconti erano crudi e violenti, anche se non ho vissuto in prima persona mi hanno influenzata fin da piccola.
D’altra parte, sono nata e cresciuta a Beirut negli anni della guerra civile, per me quella vita era la normalità, non esisteva un’altra realtà diversa, non sapevo cos’era la pace. Mi ricordo gli scantinati dove ci rifugiavamo dai bombardamenti, le bombe nel cielo sembravano dei fuochi d’artificio, ma tutto era vero. La radio era sempre accesa in attesa della parola magica ‘cessate il fuoco’ cosi ognuno tornava alla sua vita quotidiana. Vivendo la guerra non ci ho mai pensato, forse perché ero piccola forse non avevamo tempo di pensare alla guerra, si pensava solo alla sopravvivenza.
Mi trovavo già in Italia, nel 2005, quando una serie di attentati a Beirut uccidevano persone anche innocenti, distruggendo spazi che frequentavo; avendo la mia famiglia li, ha scatenato qualche cosa dentro di me, di sicuro tanta rabbia, tante domande e tanta paura, per la prima volta ho pensato alla guerra con paura, perché vivevo la guerra da lontano, ed ero preoccupata.
Inoltre sempre in quel periodo, ho scoperto e ho letto per la prima volta il libro scritto dal mio nonno Avedis Tekeyan, che si intitola “La Tragedia Degli Armeni di Behesni 1914-1918” pubblicato a Beirut nel 1956, che racconta testimonianze dei sopravvissuti del Genocidio Armeno, e il libro si conclude con alcune poesie scritte da mio nonno. Questo prezioso regalo mi ha ispirato molto, anche perché nell’introduzione mio nonno scrive che desidera che questo libro venga letto dalle generazioni future e che il mondo deve conoscere queste storie nascoste e cancellate. Per me era un dovere, come lo è la promessa che mi sono fatta di tradurre e pubblicare quel libro in varie lingue che conosco.
Con tanta rabbia dentro di me, ho iniziato a scrivere alcuni testi, i miei ricordi e pezzi di memoria di una guerra lontana, vissuta tramite le mie reminiscenze, ho messo insieme dei piccoli pezzi, in un nuovo ordine, a volte senza logica apparente tranne quello che mi suggeriva la mia mente, e cosi ho iniziato ad abbozzare le mie prime canzoni. Avevo in mente storie e dettagli di guerra che nessun radio o TV vorrebbe raccontare, insignificanti per fare notizia ma giganti vissuti tramite gli occhi di una bambina.
Proprio, il primissimo testo che ho mai scritto si intitolava “Manifesto Anti-War” anche se poi testo e musica hanno subito tanti cambiamenti finchè il brano è diventato ciò che ascoltate nel mini album che prende quel nome, la genesi era li.
Un altro brano chiave di questo album, del quale trovate già il video ufficiale su youtube è “Yes Kou Aperet” una poesia del mio nonno, dal suo libro, un brano molto romantico e nostalgico che racconta di quanto li manca la sua terra e della sua sofferenza che ha dovuto allontanarsi “a piedi nudi”, lasciando la sua famiglia e la sua vita.
Mentre un brano dedicato alla mia città natale Beirut, è Green Line, quella Beirut divisa e distrutta tramite quella linea verde, la zona alberata che divideva Beirut in Est ed Ovest.

Rita Tekeyan
Valerio D’Onofrio: Le atmosfere della tua musica sono molto cupe, dark. Ci sono musicisti a cui ti si rifai maggiormente? Sento molto l’influenza di Nico e perchè no, anche di moderne musicisti donne che, perlomeno esteticamente sembra che tu rifaccia, penso ad esempio alla bravissima Chelsea Wolfe.
Rita Tekeyan: Ah grazie, bel paragone, sono grandissime artiste ne sono onorata! Di sicuro ci sono tanti musicisti che mi hanno influenzata nel corso degli anni, io ho sempre ascoltato diversi generi, dipende dal periodo in cui vivevo, dal rock, al metal, new metal, dark, folk, blues, jazz, experimental, musica anni ’70 e ‘80: ascolto il grande David Bowie che mi ha influenzato molto, Doors, Pink Floyd, The Cure, Janis Joplin anche lei una grande voce, Led Zeppelin, Black Sabbath, Bauhaus, Einsturzende Neubauten, Depeche Mode, Nick Cave, PJ Harvey, Velvet Underground, la grande Diamanda Galàs, Dead Can Dance, Siouxie, System of a Down, Faith No More, Nine Inch Nails e Serj Tankian.
Mi hanno influenzato molto anche gli studi fatti da Demetrio Stratos sull’uso della voce come uno strumento. Ho sperimentato anch’io a casa con la voce, facendo delle registrazioni in multi tracce.
Amo ascoltare anche la musica classica e contemporanea, per esempio “Le Sacre Du Printemps” di Igor Stravinsky al quale ho dedicato un progetto di installazione e design all’Università. Mi piace la musica minimale di Brian Eno e Philip Glass.
Vivendo in un paese con tante culture e influenze, per esempio parlo e scrivo 5 lingue, conosco anche parecchio di queste culture includendo loro musica, come per esempio la musica mediorientale, la musica classica egiziana della grande Oum Kalthoum e il suo uso della voce, la musica armena antica e sacra, la musica del grande musicologo Komitas grazie al quale tanti canti popolari armeni sono stati preservati; lui era un monaco un altro sopravvissuto al genocidio armeno che ha perso la ragione dopo aver assistito a tanta crudeltà e quando si è reso conto che il lavoro della sua vita, tante delle sue opere sono state bruciate. La musica leggera francese con i grandi nomi come Jacques Brel, Edith Piaf e Dalida. Ogni musica, ogni cultura, ogni genere decisamente mi ha arricchita e mi ha ispirata.
Valerio D’Onofrio: Vivi in Italia da anni, riesci a trovare spazi adatti per proporre la tua musica o all’estero pensi che potresti avere più opportunità?
Rita Tekeyan: E’ molto difficile qui in Italia a trovare spazi adatti per proporre la mia musica, e comunque è molto difficile anche suonare dal vivo, specialmente appunto per una musica come la mia. Ovviamente essendo molto particolare non sempre attira i locali, anche se, devo dire che suonando in diverse situazioni anche con persone che magari non ascoltano la musica che ascolto io, ho ricevuto sempre una grande accoglienza ed entusiasmo da parte del pubblico; ho solo bisogno che mi venga data quella possibilità, perché nel pubblico metto la mia fiducia. All’estero non lo so, posso immaginare che sia più facile ma non lo so. E proprio quel primo passo che è molto difficile: farsi ascoltare, farsi sentire, poi il resto decisamente sarebbe più facile.
Valerio D’Onofrio: Uno dei tuoi brani riprende una poesia di Baudelaire, quanto è importante la letteratura nella tua musica?
Rita Tekeyan: Anche in questo caso, è stato proprio un caso, avevo ‘improvvisato’ sulla poesia di Baudelaire. Era una semplice improvvisazione ma, facendo questo album ho pensato che fosse ottima come introduzione al mondo decadente della guerra, un invito verso l’oscurità, la follia e l’assurdità della guerra.
Ho scoperto Baudelaire grazie alla mia scuola, quando avevo circa 16 anni; frequentando una scuola francofona, ho studiato tutta la letteratura francese, i poeti, scrittori e filosofi. Sono stata completamente attratta da Baudelaire, dalla sua melanconia, i suoi sogni e conoscevo a memoria tante delle sue poesie come “L’Albatros”, “Parfum Exotique”, “L’invitation au voyage”, ho letto diversi i suoi libri ovviamente anche “Les Fleurs Du Mal”, “Le Spleen De Paris”, mi sono avvicinata anche a Verlaine, a Jean Jacques Rousseau e al suo pensiero e avvicinamento alla natura; ho letto anche Victor Hugo, Molière, Flaubert e Racine. Ovviamente in tutto ciò che leggevo mi concentravo sul lato più romantico, misterioso e più poetico. Ho letto anche la psicanalisi di Sigmund Freud e il suo interpretazione dei sogni , tutto ciò preparandomi inconsciamente a comporre la strada verso ciò che sto cercando , nella direzione dove voglio andare , sempre comunque molto in maniera effimera, come se fosse è un sogno. Mi sono ispirata molto anche a Marcel Proust e alle sue reminiscenze.
Ho letto Michel Foucault, “L’Histoire de la follie” i suoi pensieri hanno ispirato la mia tesi in Architettura, che ho intitolato “Architecture at the Edge of Madness”, dove ho iniziato a trovare un senso e un collegamento, tra arte, musica, coreografia e architettura, ho ricercato e studiato casi di persone considerate “folli” ma che creavano; per esempio cosi ho scoperto Silvia Plath, l’Antipsichiatrismo di Rudolph Laing. Siamo tutti un po’ folli, quando un limite, un margine imposto dalla società viene superato vengono dati i nomi: “mania”, “fobia” , etc.
Sempre grazie all’Architettura, ho ricercato e studiato il surrealismo, modernismo, il movimento Bauhaus, la vita da Dandy, il futurismo di Filippo Marinetti e proprio un tributo a lui, mi sono ispirata per il nome “Manifesto”.
Quindi decisamente la letteratura e la filosofia sono molto importanti per la mia musica e penso anche per qualsiasi creazione.
Valerio D’Onofrio: Cosa ci proporrai in futuro?
Rita Tekeyan: Ho ancora tantissime canzoni scritte e arrangiate, che stanno aspettando per essere prodotte. Inoltre sto facendo delle collaborazioni con altri artisti e musicisti, e sono curiosa di procedere per vedere il risultato.
Continuo a sperimentare, specialmente con l’uso della voce, ciò che mi piace sentire, con ciò che voglio proporre. Non voglio anticipare molto, preferisco aspettare.
Vi ringrazio molto per il vostro tempo e lo spazio che mi avete dedicato, spero che presto mi possiate sentire anche dal vivo.
Photo credit by Nikita