
Springsteen: un concerto
contro il muro
Il giornalista Erik Kirschbaum sostiene nel libro Rocking the Wall che il concerto di Bruce Springsteen a Berlino Est nel 1988 fu la scintilla per l’abbattimento del Muro di Berlino. Il concerto si tenne al Weissensee, il gigantesco velodromo di Berlino Est, davanti a trecentomila persone più i milioni che videro lo show da casa trasmesso dalla televisione e l’artista era ben conscio del ruolo che la storia gli avrebbe affidato
Il Muro di Berlino ci mise tanto a crollare. Nella seconda metà degli anni Ottanta tuttavia la dissoluzione del regime sovietico accellerò enormemente il processo di rinnovamento che, come poi avremmo visto, portò all’unificazione della Germania. Come spesso accade, tuttavia, un regime morente diventa estremamente aggressivo nei confronti della popolazione e fu così anche nella Berlino Est di quegli anni dove la Glasnost era, in fin dei conti, costituita solo dalla televisione, quella occidentale, che si poteva captare anche da lì e che costituiva la principale fonte di informazione e svago; e permetteva ai giovani di conoscere le grandi star del rock, di quella musica cioè che uno studioso (si fa per dire) della Germania Est dell’epoca definiva una malattia fisica che riduce enormemente il rendimento dei giovani, studenti o operai, e ne aumenta l’ostinazione e l’aggressività. Il rock, tuttavia, dimostrò tutta la sua capacità rivoluzionaria proprio nel cuore di un regime e proprio sotto quel Muro così irto di sbarramenti, di trappole mortali e di vopos, quella polizia così suscettibile ed iniqua che lo presidiava.
Nei primi giorni del giugno del 1987 nella Berlino Ovest si esibirono grandi star della musica per il consueto Festival di Pentecoste: erano attesi David Bowie, che con Berlino ha sempre avuto un rapporto particolare, tanto da averne tratto ispirazione per quella Trilogia che da quella città prende il nome, pietra angolare della cultura rock di tutti i tempi; Annie ‘Love’ Lennox con gli Eurythmics, pronta a sfoderare il suo repertorio migliore quale migliore arma da fuoco in quella situazione che già al principio si presentava incandescente; e i Genesis pronti con le loro luci fantastiche ad offrire il teatro più bello per i fans che avrebbero partecipato all’evento… ma ad una condizione: il luogo del concerto doveva essere non il solito stadio ma la grande piazza davanti al Reichstag, a pochi metri in linea d’aria dall’altra Berlino davanti alla Porta di Brandeburgo, davanti al Muro e nei pressi della grande arteria lungo la Unter den Linden. I musicisti per conto proprio avevano fatto arrivare un’amplificazione supplementare da aggiungere a quella disponibile, sviluppando così un volume sonoro di vaste proporzioni e qualcuno, “inavvertitamente” ne aveva indirizzato una parte proprio contro il Muro affinchè anche i giovani dell’altra Germania potessero ascoltare qualcosa… e qualcosa successe!!
Già con il concerto di David Bowie qualcuno (diciamo cinquemila) era andato ad ascoltare avvicinandosi un po’ troppo allo sbarramento di Volkspolizei di presidio alla Porta di Brandeburgo tanto che i vopos per il giorno dopo avevano allargato la rete di protezione fermando i giovani a grande distanza, dove la voce di Annie Lennox arrivava a malapena. Iniziarono a volare lattine di birra ed altri oggetti e qualche agente rimase ferito: a quel punto gli scontri divennero inevitabili. Scenario consueto, certo, meno consueto se immaginato lì ed allora, con parole di protesta inneggianti alla libertà, all’abbattimento del muro e contro i vopos che a quel punto pensarono bene di diffondere dagli altoparlanti l’Internazionale coprendo quanto rimaneva dell’ultima parte del concerto. Non ci fu tuttavia violenza vera perchè in ogni caso non si voleva turbare le celebrazioni del 750° anniversario di Berlino, ma tra i due governi volarono parole grosse. “Siamo murati dentro” tra gli slogan più gettonati e nessuno capiva perchè non si potesse semplicemente andare dall’altra parte a sentire il concerto che avveniva a pochi metri e per la prima volta in venticinque anni fu gridata la frase: Via il Muro. L’occasione della protesta fu dunque un semplice concerto rock ma come scopriremo tra poco ci vuole pur sempre una scintilla per far ardere un fuoco.
In un bel libro intitolato Rocking the Wall, il giornalista Erik Kirschbaum sostiene che il concerto di Bruce Springsteen a Berlino Est nel 1988 fu la scintilla per l’abbattimento del Muro di Berlino. Il concerto si tenne al Weissensee, il gigantesco velodromo di Berlino Est, davanti a trecentomila persone più i milioni che videro lo show da casa trasmesso dalla televisione e l’artista era ben conscio del ruolo che la storia gli avrebbe affidato e volle aprire con un breve discorso in tedesco, con una frase che ancora tutti ricordiamo con commozione enorme: “È bellissimo essere a Berlino Est”, disse allora Springsteen. “Io non sono né pro né contro alcun governo. Sono qui per suonare del rock & roll per tutti voi, con la speranza che un giorno non ci saranno più barriere”. Subito dopo Springsteen e la E Street Band iniziarono lo spettacolo con una cover di Chimes of Freedom di Bob Dylan. Dopo poco più di un anno, i cittadini inizieranno a scendere per le strade a protestare contro le politiche oppressive del governo, con slogan tipo “Wir sind ads Volk” (“Il popolo siamo noi”); sedici mesi dopo quel concerto, il Muro venne fatto a pezzi e si pose fine alla Guerra Fredda.
Ma come si era arrivati a quell’evento? Cosa aveva indotto le autorità di Berlino Est ad ospitare l’artista rock americano più importante e di successo ma certamente non “neutrale”? Il suo manager, Jon Landau, affermò all’epoca, che Springsteen fu ingannato dalle autorità del regime e che nell’incontro con un funzionario della Nomenklatura, che si svolse nella hall dell’hotel in cui alloggiava la star, appresero che il concerto doveva essere “in aiuto del Nicaragua”. Springsteen espresse tutto il suo stupore e minacciò di disdire l’impegno. Il funzionario insistette affermando che in Germania Est sarebbe stato un problema ospitare un concerto che non avesse avuto una connotazione “politica” così come in America sarebbe stato un problema organizzare un concerto per la Pepsi Cola. Landau, ricorda Erik Kirschbaum, dichiarò allora: “Noi non facciamo concerti Pepsi Cola in America e non abbiamo intenzione di fare un concerto per il Nicaragua. Ce ne andiamo”. Con la macchina organizzativa del concerto già in moto il funzionario dovette arrendersi ed accettare di rimuovere i manifesti politici dal palco, e tuttavia rimaneva la dicitura sul biglietto e Springsteen era determinato ad avere l’ultima parola sapendo bene di avere comunque lui tra le mani il microfono principale del concerto. Le autorità della Germania dell’Est avevano giocato con il fuoco e si sono bruciati più che altro per mancanza di esperienza.
In the city’s melted furnace, unexpectedly we watched
With faces hidden while the walls were tightening
As the echo of the wedding bells before the blowin’ rain
Dissolved into the bells of the lightning
Tolling for the rebel, tolling for the rake
Tolling for the luckless, the abandoned an’ forsaked
Tolling for the outcast, burnin’ constantly at stake
An’ we gazed upon the chimes of freedom flashing.
“Springsteen salì sul palco, cantò per quattro ore di fronte a una platea infinita di 300.000 persone”, ricorda Kirschbaum, “è stato un momento decisivo, a mio parere. Diede ai presenti ancora più voglia di libertà, quella stessa libertà che Springsteen ha sempre osannato nelle sue canzoni. Nel 1988 la Germania Est si apriva leggermente al rock occidentale, una musica che fino a poco tempo prima veniva descritta come ‘decadente’”. “In particolare fu quella frase ‘la speranza che tutte le barriere possano essere abbattute’, prosegue l’autore, “che arrivó direttamente al petto. Nessuno prima aveva mai osato lanciare un messaggio simile da un palcoscenico della DDR”. L’organizzazione impedì a Springsteen di usare la parola “Muro” ma era chiaro a tutti che quel “barriere” si riferisse proprio a quello. Una folla oceanica, dunque, accolse il Boss e fu molto più vasta delle centosessantamila presenze dichiarate dall’organizzazione (il numero dei biglietti venduti): le immagini aeree smentiscono quelle dichiarazioni, fu “la maggior coda della storia della DDR”, quella attorno al Weissensee e persino Springsteen ebbe difficoltà a raggiungere quel luogo. “Tutti sono d’accordo con la mia teoria che il concerto contribuì a creare un clima e un sentire comune che portò alla caduta del muro”, assicura l’autore del libro, infatti l’abbattimento del Muro fu dovuto soprattutto alla Perestroika ed alle proteste dei cittadini della Germania dell’Est e tuttavia…non è possibile accendere un fuoco senza una scintilla!