
Kadavar, le Bestie di Berlino
Il ritorno in grande stile del rock made in Germany
Probabilmente il nome “Kadavar” non vi dirà niente…sono un trio semi sconosciuto proveniente da Berlino, tre ragazzi barbuti che si cimentano in un misto tra stoner e rock psichedelico. Ascoltando i loro due dischi all’attivo si possono notare le influenze della Kosmische Musik tedesca e della migliore psichedelia anni settanta, sfiorando in alcuni punti uno space rock d’altri tempi e il proto-metal dei Black Sabbath. L’esordio avviene nel 2012 con l’Ep “Creature of the Demon”, e nello stesso anno sfornano il primo disco ufficiale che decidono di chiamare semplicemente “Kadavar”.
Il logo del gruppo ricorda a grandi linee quello dei Kansas di Lynn Meredit, l’album dura poco più di mezz’ora e sorprende già dalla prima nota, quasi un viaggio nel tempo che ci fa tornare indietro di almeno quaranta anni. Le tracce sono 6 ma in realtà non si percepisce la fine di una e l’inizio dell’altra, è un flusso continuo che lascia pochi dubbi sulla qualità del trio tedesco, un treno che abbatte ogni ostacolo. Un album che può essere ascoltato in ogni situazione, indipendentemente dallo stato d’animo! La seconda traccia, “Black Sun”, fa subito intendere la meta finale di un viaggio chiamato Kadavar, ricco di suoni potenti e che riesce a trasportarti in uno stato introspettivo inaspettato. Il disco in vinile esce in tiratura limitata in tutti i colori, comprese le versioni splatter, attirando le attenzioni dei collezionisti, ma il gruppo rimane comunque molto sottovalutato. La formazione originaria è composta da: Christoph Lindemann soprannominato “Lupus” voce e chitarra, Philip “Mammoth” Lippitz al basso e Christoph “Tiger” Bartelt alla batteria, formazione che però cambia nel disco successivo, infatti in “AbraKadavar” uscito nel 2013 il bassista è Simon “Dragon” Bouteloup.
Nel nuovo disco le sonorità sono molto più stoner e hard rock rispetto al precedente, l’impronta psichedelica è molto più velata e meno lampante ma mantiene standard qualitativi altissimi, si percepiscono comunque le loro influenze stavolta dilatate verso i Cream e verso suoni prog, ispirandosi molto ai King Crimson. Un disco ben fatto, più concreto e potente rispetto al primo. La traccia di apertura è “Come back life” con suoni più classici e meno frenetici, con la seconda traccia “Doomsday Machine” la situazione già cambia, ricordando un po’ i Deep Purple del periodo “Machine Head”. Dalla terza traccia in poi si spostano anche sul blues rock, ricordando molto i Led Zeppelin. L’album è interamente scandito da tecnica e potenza. La traccia conclusiva “AbraKadavar” è una strumentale di puro space rock che ricorda, seppur lontanamente, “X In Search Of Space” degli Hawkind o addirittura in qualche punto gli OzricTentacles. Con il secondo disco riescono finalmente a farsi notare raggiungendo un buon riscontro di pubblico tra coloro che apprezzano questo “revival” anni ’70.
Nel 2015 partecipano alla compilation “Riley Hawk’s Northwest Blowout” con la traccia “Into The Night”e anticipano l’uscita del nuovo album “Berlin” (prevista per dicembre 2015) con il singolo “The Old Man”.