
Erkin Koray: dalla Turchia una lezione di progressive
Erkin Koray ha dato molto al rock progressive, alla musica psichedelica, alla musica etnica ed alla world music guadagnandosi con il tempo il soprannome di Jimi Hendrix turco. La sua musica, un mix di rock e materiali della tradizione musicale dell’Anatolia, mantiene ad oggi ancora tutto il suo gusto profondo ed esotico
Erkin Koray è diventato col tempo una leggenda: chitarrista unico e vocalist di alto livello, intellettuale ribelle dotato di grande fantasia ed inventiva, egli è considerato oggi il padre del rock turco nonchè uno degli artisti più importanti del suo Paese dal dopoguerra ad oggi. Ha dato molto al rock progressive ma anche alla musica psichedelica, alla musica etnica ed alla world music e con il tempo si è guadagnato persino il soprannome di Jimi Hendrix turco. La sua musica, un’originale mescolanza di rock con materiali attinti alla grande tradizione musicale dell’Anatolia, di musiche orientali ed etniche con ricche contaminazioni provenienti dal Medioriente, mantiene ad oggi ancora tutto il suo gusto profondo ed esotico che la caratterizzò fin dai primi anni della sua carriera iniziata nel 1957 con la sua prima band, quando allora aveva appena 16 anni e si cimentava con i brani di Elvis Presley e Fat Domino.
La madre di Erkin Koray, insegnante di pianoforte, influenzerà non poco la formazione artistica del figlio, sullo sfondo della Istambul degli anni immediatamente precedenti la fine della Seconda Guerra Mondiale, ed egli, già nel 1959 inizierà a registrare i suoi primi singoli con la band Erkin Koray and Ritimcileri’ni con cui terrà il suo primo concerto il 29 dicembre di quell’anno. Il suo nome comincia a diffondersi: nelle sue esibizioni accanto ai consuenti strumenti elettrici trovano posto il saz o chitarra saracena, sorta di liuto a manico lungo e la darabouka, un membrafono ben noto in Nord Africa e Medioriente e nei paesi che hanno per un verso o per un altro subito la dominazione ottomana. La sua band diventa quella più popolare nel suo Paese.
Nel 1963 parte per il servizio militare e nel 1965 si sposta in Germania, per vivere lo spirito di Amburgo, dove i Beatles e molti altri gruppi britannici riscuotevano grandi successi mandando in visibilio tante platee di giovani. Al ritorno in Turchia, divenne più di un semplice musicista, un’icona dai lunghi capelli e dallo stile di un perfetto rocker. Pubblica alcuni singoli popolari come “Kizlari da Alin Askere” “Chiedi Oyunu” e “Kendim Ettim Kendim Buldum“. Nel 1966 fonderà un quartetto di musica rock psichedelica. Nei primi anni Settanta ancora una volta cambierà di nuovo le carte in tavola, creando i Ter, e verrà affiancato dal chitarrista Aydin Cakus e Nur Yenal, esperto musicista di davul (percussione usata nei brani folk turchi, bulgari e iracheni): e la volta del singolo “Hor Gorme Garbi”, una cover di Orhan Gencebay, musicista di banglamas, cantante e attore.
Nel 1969, fonda la sua grande band Yeralti Dörtlüsü e anche se non è mai rimasto molto a lungo coinvolto in nessun gruppo proprio con gli Yeralti Dörtlüsü ha contribuito a creare le basi per il futuro del rock turco, e tutti i suoi membri – Ataman Hakman, chitarra, Aydin Sencan, basso, Sedat Avci, batteria, e successivamente Cahit Kukul, chitarre – ne hanno plasmato la scena con le band di cui furono gli artefici e con i loro successi discografici. Nel 1973 il primo lp di Koray, interamente composto dai 45 giri registrati nel corso degli ultimi anni, dal 1967 al 1973. Si intitola Erkin Koray e verrà ristampato nel 2006 con otto bonus track.
Erkin Koray insieme con artisti del calibro di Mehmet Baris Manco e Selda Bagcan ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo ed al radicamento del progressive in Turchia, grazie anche alla profonda conoscenza dell’enorme bagaglio di musica tradizionale dell’Anatolia, che gli ha permesso di elaborare stilemi musicali innovativi senza contrariare l’ortodossia del suo Paese: egli, insomma, ha imposto il progressive come non erano riusciti con altrettanto vigore supergruppi come gli EL&P o persino i King Crimson, veri capostipiti di quella nuova realtà musicale che si andava affermando in quell’epoca.
Nel 1974 firma per la Doglan Records e rilascia il celebre: “Saskin”. Riuscendo ad interpretare nel suo modo personalissimo una danza folk di origine araba, particolarmente popolare in Libano, Palestina e Siria. In quello stesso anno pubblicherà l’lp Elektronik Turkuler, album che lo consacra al successo, rilasciato dalla World Psychedelia, una miscela di musiche dell’antico oriente e del moderno occidente, disco ancora oggi considerato un capolavoro da tutti coloro che fanno musica in Turchia. Erkin suona chitarre, banglamas, piano, organo e canta. Con lui ci sono Ahmet Guvenc, al basso, e Sedat Avci, alla batteria e alle percussioni. Negli anni Settanta rilascia altri due titoli miliari: Erkin Koray 2 (1976) e Tutkusu (1977). Nel primo, ristampato nel 2005 con cinque bonus track, risaltano gioielli di musica etnica come “Fesuphanallah“, “Estarabim” e “Sevince“. Il secondo disco, rimasterizzato nel 2006, è invece, un inno alla musica rock, con due brani cantati in inglese.
Negli anni Ottanta e Novanta Koray pubblicherà nuovi lp originali, come Benden Sana del 1982, con forti influenze di musica indiana. Altrettanto significativi sono Illa Ki (1983), Askmiz Bitecek (1986), Cukulatam Menim (1987), Hay Yam Yam (1989), Tek Basina Konser (1991) e Devlerin Nefesi (1999). Negli anni Duemila compare in numerose compilation fra le quali Istanbul 70: Psych, Disco, Folk Classics (2011), Turkish Freakout: Psych-Folk Singles 1969-1980 (2010) e Obsession (2008). Nel 2005 parteciperà al documentario Crossing The Bridge: The Sound Of Istanbul, diretto da Fatih Akin, regista e sceneggiatore tedesco. L’opera verrà presentata fuori concorso al 58esimo Festival di Cannes. Nel 2011 uscirà per la Sublime Frequencies Mechul: Singles & Rarities, una compilation che ripercorre la sua carriera attraverso i suoi successi più famosi (e più belli). Il brano che dà il titolo all’album, “Mechul“, è tipicamente psichedelico, serpeggiante, con gustose contaminazioni orientali. I suoni, però, che sgorgano dagli amplificatori sono acuminati ed “occidentali”, sono sperimentali, ripudiano le movenze del rock’n’roll anni Cinquanta. “Krallar” è ispirato ai torridi brani americani (o inglesi) degli anni Settanta, si vedono meglio le qualità dell’artista che, con la sua estetica ed il suo senso dello spazio scenico riesce a creare una fascinazione ineguagliata nel suo Paese. La bella intro ricorda un rock’n’roll tradizionale, ma basta poco perchè si faccia spazio un assolo di chitarra di hendrixiana memoria. “Gun Dogmuyor” è un brano pop anni Sessanta, con ricchi riferimenti alla musica francese, periodo ye-ye. Undici canzoni, insomma, che mostrano con un buon dettaglio l’abilissimo musicista turco, il primo ad afferrare una chitarra elettrica (una Gibson Les Paul SG Custom del 1961 bianca) per dare vita all’Anatolian rock.
Durante tutta la sua carriera Erkin Koray ha dovuto subire le critiche delle nuove generazioni come delle vecchie, che poi però hanno scoperto i tesori contenuti nella sua opera, le strutture profonde della sua musica e la filosofia che ne anima i testi. Carriera certo non lineare la sua: Koray fu figura controversa in Turchia durante gli anni 1960 e 1970, persino aggredito a Istanbul e pugnalato, per avere i capelli lunghi. Ossessionato da gravi carenze economiche, come del resto tutti i musicisti rock turchi negli anni Ottanta, egli dovette suonare anche il pianoforte in una pizzeria per guadagnare i soldi per le sue sessioni di registrazione. Erkin Koray, tuttavia, sarà sempre conosciuto come Re del Rock della Turchia, uno dei musicisti cioè più innovativi e influenti nella storia di quel Paese.