
2016 – Gli album consigliati
Il 2016 è stato un anno ricchissimo di album di grande valore e – allo stesso tempo – segnato dalla scomparsa di tanti musicisti che ci hanno lasciato, alcuni in modo tragico. Uno degli elementi che ha contraddistinto il 2016 è stato di conseguenza il lutto, la scomparsa di tanti artisti che hanno rappresentato una parte importante nelle esperienze di ascolto di tanti di noi, che tanto hanno segnato il nostro immaginario musicale. Da David Bowie a Leonard Cohen, dai giganti della musica prog Keith Emerson e Greg Lake; per questi ultimi due, chi come noi ha avuto nel rock progressivo classico una vera e propria scuola di ascolto e crescita, la perdita è stata certamente molto triste. Tutti noi ricordiamo lo stupore e la meraviglia nel sentire per la prima volta i mirabolanti assoli di tastiera di Emerson e i poetici versi di Lake. I tanto amati e odiati ELP hanno segnato, nel bene e nel male, una parte non indifferente della nostra vita. Ci mancheranno.

Raymond Chandler -Il lungo Addio
Come tutti gli anni, la lista è parziale e non ambisce a essere una classifica dei migliori album in assoluto; è una serie di consigli di un gruppo di appassionati che hanno ascoltato centinaia di album durante l’anno. In ogni caso, quest’anno la lista è molto più completa, tanto da averla suddivisa in varie categorie. All’inizio troverete gli album che – secondo noi – hanno maggiormente caratterizzato questo 2016; citando il grande scrittore di letteratura noir Raymond Chandler, li chiameremo i lunghi addii, gli album dei grandi lutti. Parliamo di quella che Luigi Porto ha chiamato – in questa intervista – la trilogia della morte; tre Lp, di cui due pubblicati poche ore dopo la morte degli autori, e uno nato come catarsi dalla tragica morte di un figlio; tre musicisti segnati in modo indelebile dagli eventi della vita, con una voce trasformata dal tempo e dall’età; “Skeleton Tree“ di Nick Cave, che riteniamo il miglior album dell’anno, “Blackstar” di David Bowie e “You Want It Darker” di Leonard Cohen. Il tema della morte è stato trattato – ma in modo ben più ironico e scanzonato – anche dai Gong, ormai orfani di Daevid Allen (mancato nel 2015) e Gilli Smyth, deceduta pochi mesi fa. Se nel 2015 è mancato il grande capolavoro, nel 2016 invece gli album eccellenti sono tanti; ne troverete di generi più svariati nelle pagine a seguire; I Lunghi Addii (pag. 1), Elettronica (pag. 2), Evoluzioni Folk (pag. 3), Progressive (pag. 4), Paria (pag. 5), I Corrieri cosmisci del nuovo millennio (pag. 6), Post-Rock (pag. 6), Psichedelia (pag. 7), Spoken Words (pag. 7), Metal (pag. 8), Voci Teutoniche (pag.8), Sperimentazione Estrema (pag. 9) e Elettroacustica (pag. 9). (VD)
- I Lunghi Addii, quattro album sulla morte
- Nick Cave & The Bad Seeds – Skeleton Tree
- Leonard Cohen – You Want It Darker
- David Bowie – Blackstar
- Gong – Rejoice! I’m Dead

Nick Cave – Skeleton Tree
“Skeleton Tree” è l’album dell’anno; poetico, triste, malinconico, una seduta tragica di psicoanalisi che si conclude col pianto finale e l’abbraccio allo psicoterapeuta. Come spesso gli accade, Nick Cave – insieme al compagno di viaggio Warren Ellis – riesce a toccare le corde più profonde della nostra anima; la musica ridotta spesso a solo sottofondo divenuto pretesto per accompagnare parole che diventano anno dopo anno sempre più importanti; a volte bastano due o tre semplici note di pianoforte per creare mondi che attirano e scuotono allo stesso tempo. Il lutto per la perdita di un figlio e il timore per un futuro che appare vuoto e inutile, hanno prodotto uno degli album più tristi, poetici e assolutamente sinceri degli ultimi anni. Cave non parla solo della sua insostenibile sofferenza ma di quelle di tutti gli uomini che come lui hanno condiviso dolori simili; e alla fine “Skeleton Tree” è un abbraccio forte e catartico tra il musicista e gli ascoltatori. (VD)

Leonard Cohen – You Want It Darker
Non poteva non comparire nella lista l’ultimo album di Leonard Cohen, che ci propone un titolo che è assieme una domanda e una sfida. Forse è entrambe le cose, conoscendo la dualità della poetica dell’anacoreta canadese. Rispetto ai dischi del recente passato, il cantautore ha cambiato il suo punto di vita. Nel 2016 Cohen narra infatti di fratture troppo grandi, di mutilazioni insanabili, di una umanità che arranca nelle tenebre. C’è un senso di profondo abbandono che aleggia tra le righe delle nove canzoni che scandiscono You Want It Darker. Una delle caratteristiche più evidenti è proprio la sua scelta di affiancare alle classiche coriste femminili anche le quindici voci maschili della sua sinagoga, la Shaar Hashomayim. Un cambiamento che ribalta inevitabilmente tutto il significato del disco, se si pensa alla connotazione salvifica della donna nella vita e nella poetica di Cohen. Dopo una vita a cantare l’amore, l’ultimo viaggio di Leonard è fatto di solitudine e rassegnazione. Un testamento su disco che non può lasciare indifferenti. (VF)

David Bowie – Blackstar
Il 10 Gennaio 2016 è un giorno che resterà indelebile nella mente di tanti di noi. Ascoltavo da appena un giorno il suo ultimo Lp, pubblicato l’otto Gennaio. “Blackstar” è l’esempio lampante di un musicista sempre aggiornato ai tempi persino pochi giorni prima della sua morte. Per questo “Blackstar” è un album assolutamente contemporaneo, un prodotto di primo piano degli anni dieci. Chi può dire con certezza chi sia stato davvero David Bowie? Se l’immaturo adolescente dell’esordio, l’effeminato cantante di Hunky Dory, l’icona del glam-rock, l’alieno Ziggy, l’astronauta Major Tom, l’artista a metà tra il dandy intellettuale e il profeta del periodo berlinese, il musicista perduto e incerto degli anni ottanta o l’uomo maturo degli ultimi anni. Bowie ha rivoluzionato la fruizione della musica rock e cambiato in modo significativo l’immaginario collettivo dell’artista; un artista vivo, capace di ascoltare ed elaborare la sua contemporaneità creando un punto di congiunzione tra musica colta e musica popolare. Adesso, col senno di poi, sembra di sentire in ogni parola e in ogni nota preannunci della sua morte ed in effetti è impossibile pensare che Bowie non abbia voluto dare degli “ultimi” messaggi. Ma la verità è che “Blackstar” è un album giovane, vitale, moderno, quanto di più lontano possibile da un’elegia funebre. In particolare la title track, il brano più convincente e ricercato, mostra quanto Bowie sia un’artista in continua ricerca e aggiornamento; “Blackstar” riprende le idee di Scott Walker arricchendolo con i lunghi assoli del sax di Donny McCaslin. Dentro c’è rock, jazz, elettronica, archi dark, tastiere con possenti momenti crimsoniani, dialoghi sul tema della morte/rinascita (come anche il blues decadente di “Lazarus”); un piccolo capolavoro che resterà uno dei momenti più pirotecnici della discografia di Bowie. Il 10 Gennaio 2016 resterà indelebile nelle nostre menti, per sempre.

Gong – Rejoice! I’m Dead
Nel giro di un poco più di un anno se ne sono andati Daevid Allen e Gilli Smyth. Era quindi logico pensare che, con la scomparsa della coppia reale canterburiana, si chiudesse per sempre anche la saga dei Gong. Non è stato così: il ventottesimo album della band, dal titolo encomiastico Rejoice! I’m Dead (“Rallegratevi! Sono morto!”) richiama le ultime parole di Daevid Allen, un invito alla celebrazione della sua persona, alla continuazione della sua “stirpe”. Bastano pochi minuti per capire che il suo desiderio viene esaudito con rispetto. Ogni membro della band, del resto, si rivela fondamentale nello sviluppo del nuovo sound, che trova finalmente un certo equilibrio tra i Gong di Daevid Allen e quelli di Pierre Moerlen. La formazione riunisce i fedeli discepoli Kavus Torabi e Fabio Golfetti (chitarra, voce), Dave Stuart (basso, voce), Ian East (sax, fiati) e Cheb Nettles (batteria), ma non mancano all’appello neanche gli ospiti illustri dal passato: Graham Clark (violino), Steve Hillage (chitarra) e Didier Malherbe (duduk). In un anno contrassegnato da dischi sulla morte, i Gong continuano a parlare di gioia e celebrazione alla vita… Alla maniera di Allen! (VF)