
Marco Pierotti | Guida all'ascolto della musica rock (1991)
Se il rock fosse quello descritto dall'autore, sarebbe mortalmente noioso oltre che culturalmente insignificante. Per fortuna non è affatto così.
Esistono vari libri che hanno l’ambizione spiegare e dare un senso alla storia del rock nella sua totalità. Alcuni sono interessanti, altri meno, altri ancora sono fondamentali, veri e propri Vangeli da studiare e consultare. Tra tutti quelli che mi è capitato di leggere (non sono pochi), il libro più sgangherato, più fazioso, più incompleto, quello con giudizi oggettivamente risibili, è questo assurdo testo di un tale Marco Pierotti, che ha avuto l’ardire di condensare in duecento pagine l’intera storia della musica rock dalla nascita al 1991, data della pubblicazione del libro.
Ho comprato questo libro circa ventidue anni fa, avevo sedici anni, era il 1991, proprio l’anno della sua uscita. Ai tempi la mia conoscenza della musica rock era piuttosto vaga, avevo idee confuse e parzialissime, plagiato come tutti i miei coetanei dal mainstream di MTV, ancor privo di Internet con le sue enormi potenzialità di diffusione e con pochi soldi per comprare LP o CD. Conoscevo gli album dei Queen, dei Led Zeppelin, dei Pink Floyd, dei Guns’n’Roses, due o tre album dei Deep Purple, dei Dire Straits, degli Yes, i primi dei Doors, il primo dei Black Sabbath, qualcosa dei Beatles, tutti gli album degli Iron Maiden e dei Metallica. In pratica conoscevo poco o nulla. Vedendo in una libreria questo libro decido quindi di acquistarlo, essendo interessato all’argomento e consapevole della mia ignoranza. Incredibilmente scopro una cosa che non mi aspettavo affatto, ci sono tanti gruppi che non conosco e che devo approfondire, però, tutto sommato, non sono messo così male, conosco più della metà degli album che Pierotti ritiene fondamentali e, più o meno, un 30% degli album trattati; per un ragazzo di sedici anni non è poco. Nel giro di un anno circa recupero le mie carenze e, secondo Pierotti, a diciassette-diciotto anni conosco praticamente tutto quello che è necessario conoscere. La sensazione, nel mio caso, era di amaro in bocca, mi domandavo se davvero era tutto li, amavo i Led Zeppelin, i Pink Floyd, ma mi chiedevo se davvero potesse essere tutto finito, mi sembrava troppo poco. Pensavo sul perchè fosse necessario approfondire un movimento musicale o culturale se già da minorenne non avevo più nulla da scoprire. Per fortuna mia e di tutti noi avevo ragione a pormi queste domande, il libro di Pierotti dava una visione del rock faziosa, infantile, superficiale, degna di un adolescente ottusamente innamorato dei suoi gruppi preferiti. La lettura di altri libri ben più significativi, l’esplosione di Internet e sopratutto un continuo ascolto di svariati album, mi hanno fatto capire quanto le cose erano diverse. In pratica se Pierotti avesse ragione la storia del rock sarebbe poco o nulla significativa da un punto di vista artistico, oltre che estremamente noiosa, tanto da essere necessari pochi anni, se non addirittura mesi, per poterla conoscere in modo esaustivo.
Il libro è formato da un’introduzione piena di banalità impressionanti che cercherò di smontare punto per punto, da una serie di recensioni di 25 gruppi maggiori e una sezione più breve di 25 gruppi minori. Ecco un elenco non esaustivo degli errori di Pierotti:
- Pierotti evita accuratamente ogni tentativo di classificazione per generi, scuole, movimenti. Per lui è tutto rock, non scrive mai la parola progressive quando parla degli Yes o dei KC, o di psichedelia quando parla dei Pink Floyd, per lui Bob Dylan è “poco rock”, Bruce Springsteen è “troppo rock” e questo basterebbe per escluderli dal suo libro. Questo è assurdo, come ogni movimento culturale e come tutti fenomeni umani, anche il rock ha bisogno di classificazioni e sotto-classificazioni, di generi e sottogeneri, che per quanto possano essere parziali, sono necessari per poter capire e approfondire in modo più facilmente comprensibile.
- Per Pierotti (non solo per lui ad essere sincero) il rock è una semplice evoluzione del rock’n’roll, per lui il vertice massimo è un bel riff seguito da un bell’assolo, ignora totalmente il fatto che i musicisti, anche negli anni sessanta, sperimentano l’avanguardia, vanno a lezione da Stockhausen, usano l’elettronica in modo sperimentale. Il rock è chiaramente la fusione dell’avanguardia che parte dai primi del novecento, con la musica popolare, se fosse solo un rock’n’roll “evoluto” sarebbe già scomparso da un pezzo in quanto non avrebbe avuto più niente da dire già nei primi anni settanta.
- Pierotti dice che il rock nelle sue fasi iniziali serve solo per ballare, solo con Sgt. Pepper’s dei Beatles (1967) diventa musica per pensare e per sperimentare. E’ un’idea strampalata, Bob Dylan faceva pensare un’intera generazione già da quattro anni, il movimento controculturale americano è antecedente a Sgt. Pepper, i Beatles semmai si accodano al movimento, cercando di sfruttarne il successo più che influenzarlo e indirizzarlo, se pensiamo alla sperimentazione i Red Crayola (nemmeno nominati nel libro) avevano già registrato il loro album d’esordio un anno prima per poi pubblicarlo nei primi mesi del 1967, lo stesso dicasi per il primo album dei Doors che suonavano dal vivo The End già nel 1966, non proprio musica da ballare. Frank Zappa aveva già pubblicato Freak Out, i Velvet Underground erano già pronti per esordire.
- Pierotti dice che il rock, dopo il suo periodo d’oro entra in decadenza e finisce la sua spinta innovatrice nel 1977 con l’avvento del punk. Questa è l’ennesima banalità, ma anche un luogo comune pericoloso che è ritenuto veritiero da molti. Proprio per questo vale la pena combattere più di altre questa falsità. La musica produce sempre grandi lavori, grandi album, la sua evoluzione non si ferma mai, possono esistere periodi dove i capolavori sono più frequenti di altri, come una sorta di età dell’oro o di “rinascimento”, ma pensare che da un momento all’altro tutto finisca, che la storia in senso lato si fermi, è un’idea folle e insensata, che è più spiegabile con la pigrizia di chi non ha voglia di conoscere che con una dato di fatto oggettivo. La mia idea è che la storia del rock faccia parte della storia della musica, che a sua vota fa parte della storia “umana”, e come tale inizia molto prima di Chuck Berry o di Bill Haley, pertanto pensare che possa finire da un momento all’altro mi appare assolutamente sbagliato. Ma allora perchè tantissimi hanno la sensazione che dagli anni ottanta ad oggi non ci sia più nulla all’altezza degli anni sessanta o settanta? La mia risposta è che ciò dipenda dallo strapotere delle case discografiche e dalla necessità di produrre album col solo obiettivo del profitto. Negli anni sessanta questo era molto minore, la società stessa era differente, il pubblico cercava e apprezzava ancora la complessità, la contaminazione di stili diversi, la cultura, brani di più di venti minuti erano ricercati e avevano un loro mercato. Le classifiche di vendita di quegli anni erano piene di grandissimi album. Lo strapotere delle case discografiche aumenta a dismisura plasmando e modificando a proprio piacimento, come già predetto da Pasolini, i gusti della masse. La nascita nel 1981 di MTV è, da questo punto di vista, emblematica. Un canale nuovo, giovanile che, dietro l’apparente modernità, è il simbolo stesso della regressione culturale del pubblico di oggi, un vero emblema della devoluzione umana di cui parlano i Residents. MTV, insieme a giornalisti, radio, musicisti prezzolati dalle case discografiche che studiano a tavolino la nascita di nuovi gruppi, di nuovi apparenti “capolavori”, pubblicizzati come tali solo per poterli vendere meglio, corrompono la mente di tantissimi giovani solo per poter aumentare il profitto, la musica in pratica diventa un’industria, non più un’arte. E’ uno scenario già preconizzato da Orwell nel suo libro 1984, quando diceva che la musica e libri per i prolet erano prodotti da macchine adibite allo scopo, nessuna idea di arte, solo prodotti da vendere tutti uguali a se stessi. In uno scenario del genere è più difficile trovare album di grande valore, il paragone che mi viene di fare è quello di una discarica in cui cercare qualcosa di utile, si è attorniati dalla spazzatura e a prima vista tutto sembra ugualmente puzzolente e ripugnante, però a cercare bene, facendo molto fatica e turandosi il naso, si può anche trovare qualcosa che pur trovandosi lì è altro rispetto a tutto il resto. Questo oggetto “altro”, essendo circondato dalla spazzatura, non riesce a farsi notare e diventa invisibile agli occhi dei più. La grande musica oggi è invisibile, volutamente nascosta, ma non finisce e non finirà mai, come non finiranno mai la pittura, la scultura, la letteratura.
- Per quanto riguarda il rock in Italia, Pierotti dimostra di non sapere nulla. Cito: “In Italia non si è mai prodotto vero rock, ma canzoni melodiche derivanti da tutt’altra tradizione musicale. L’italiano, povero di parole tronche, non potrà mai essere una lingua adatta al rock. Quei pochi pionieri, esibitisi in lingua inglese, non hanno mai ottenuto successo”. Qui siamo davvero al delirio, Pierotti conosce la musica rock italiana come io conosco il cirillico antico.
- Pierotti insiste nel dire che i suoi album preferiti abbiano raggiunto i vertici della musica classica, cito: “Cinque gruppi hanno raggiunto nella storia del rock vertici da poter essere paragonati ai musicisti classici, Led Zeppelin, Deep Purple, Yes, Iron Maiden e Rainbow”. La lista, per quanto contenga gruppi fondamentali, è davvero ridicola e potrebbe essere scritta da un adolescente ma non da un presunto critico musicale. Ma è l’idea stessa di paragonare gruppi rock a Mozart e Beethoven che non ha senso, sono mondi diversi che restano imparagonabili.
- Ora un breve elenco di piccole perle di saggezza che si commentano da sole.
- I Velvet Underground (non inseriti nè tra i gruppi maggiori, nè tra i minori) sono autori di pessima musica.
- I Doors sono uno dei gruppi più sopravvalutati della musica rock.
- L’hard rock è la forma più creativa della storia del rock.
- Andiamo ai Pink Floyd, il secondo disco di Ummagumma è definito inutile e noioso, Atom Heart Mother e Meddle sono liquidati come non spregevoli, Animals definito disco music da quattro soldi.
- Capitolo Yes, vengono giustamente osannati quando lo meritano ma anche quando non lo meriterebbero affatto. 90125 e l’orribile Union sono considerati superiori a Relayer, a The Gates of Delirium e a Tales from Topographic Oceans.
- David Bowie, gli album della trilogia di Berlino sono descritti come noiosi naufragi verso un’elettronica senza fascino. Tutti gli album più commerciali, oggi ritenuti minori, vengono invece osannati.
- I Van Der Graaf Generator, ritenuti inferiori, vengono citati solo per Still Life del 1976 e non per Pawn Hearts.
- Gli Atomic Rooster, gruppo che adoro, vengono descritti come potenzialmente i più grandi in assoluto. Evidentemente un pò esagerato, divertente il fatto che Pierotti non parla mai di progressive rock, ma di rock. Esilarante quando afferma, “solo gli Iron Maiden arriveranno a tanto”.
- Per Pierotti gli unici gruppi dignitosi post 77 sono i Def Leppard, i Rem, gli Asia e gli onnipresenti Iron Maiden descritti come novelli Beethoven.
- Potrei continuare per ore, ma ora mi limito a citare gli assenti, gruppi e artisti fondamentali neanche citati. Robert Wyatt, Soft Machine (appena citati e liquidati come gruppo jazz), David Allen e i Gong, Jefferson Airplane (curioso il fatto che parli invece dei Jefferson Starship), Frank Zappa, Lou Reed, Faust, Popol Vuh, Amon Duul II, Neu, Red Crayola, Pere Ubu, Captain Beefheart, Tim Buckley, Nico, Suicide, Third Ear Band, Joy Division, Swans, Brian Eno, tutti i gruppi di Canterbury, tutti i gruppi krautrock, Tuxedomoon, Residents, tutti i gruppi di progressive italiano, tutti i gruppi New Wave.
Forse mi sono dilungato troppo e il libro non lo meritava ma almeno può essere stato utile parlarne per sfatare alcune false credenze. Oggi il libro è introvabile, ma potrebbe trovarsi in qualche mercatino di libri usati, se volete farvi due risate compratelo altrimenti risparmiate i vostri soldi.