
Intervista a Michele Pizzi, autore del libro Frank Zappa for President
Dialogo con uno dei più grandi esperti italiani di Frank Zappa
Oggi parliamo con Michele Pizzi, autore del libro Frank Zappa for President, esaustiva raccolta dei testi di brani di Zappa, tradotti in italiano e commentati in modo assolutamente rigoroso. Ogni testo è analizzato all’interno del contesto storico nel quale si è sviluppato, cercando di spiegare in ogni singolo brano il significato ed il messaggio che Zappa voleva inviarci. Dal libro emerge chiaramente quanto Zappa sia un figlio del suo tempo, della “sua” America. I suoi testi descrivono in maniera critica ma lucida proprio la società ed il tempo in cui Zappa ha vissuto.
Valerio D’Onofrio: Ciao Michele, complimenti per la realizzazione del libro, lo consulto molto spesso, è davvero molto interessante e ben scritto. Come mai hai scelto di scrivere un libro di testi commentati e non una biografia?
Michele Pizzi: I libri di Zappa in italiano si dividono in due categorie: testi tradotti (spesso in modo amorevole ma piuttosto ‘personale’) e critica musicale (per la serie: questo disco è bellissimo perchè… mi piace!). Poi ci sono le biografie, tradotte dagli originali inglesi: la sua autobiografia scritta a quattro mani con Occhiogrosso, e quelle di Barry Miles e Neil Slaven, straboccanti di aneddoti. Inutile correr loro dietro: mi serviva una via diversa. Ecco perchè testi commentati, più che tradotti (le traduzioni sono limitate a poche righe per brano, anche per questione di diritti): per allargare il discorso a qualcosa di più che non fosse l’ennesimo riepilogo della sua vita.
Valerio D’Onofrio: Zappa è stato un personaggio davvero unico nel panorama rock. In tanti lo considerano un moderno compositore più che un musicista rock, sei d’accordo?
Michele Pizzi: Lo consideravano un musicista rock in vita, lo considerano un compositore moderno, a tutto tondo, adesso. Ironia della sorte, visto che ha cercato questo genere di riconoscimento per gran parte della sua carriera.
Valerio D’Onofrio: Che rapporti ha avuto Zappa con l’avanguardia?
Michele Pizzi: E’ stato l’avanguardia di sè stesso, direi. Un caso a parte. Di certo aveva una discreta conoscenza dell’avanguardia musicale ‘storica’: Varèse ovviamente, ma anche Cage, Boulez, che accettando di dirigere le sue composizioni in qualche modo gli ha fornito un sigillo ufficiale per entrare nel novero dei ‘grandi compositori contenporanei’.
Valerio D’Onofrio: Zappa ha partecipato attivamente alla vita politica dell’America dei suoi tempi. In che rapporto era con il movimento hippie?
Michele Pizzi: Lo considerava semplicemente un ‘falso movimento’, denso di ambizioni nebulose e presto fagocitato e reindirizzato a piacere dal Sistema. Nel libro cito Hunter Thompson che ne dà una definizione piuttosto chiara e condivisibile, almeno dal punto di vista zappiano: «…una cultura che ha cominciato a perdere le convinzioni politiche della Nuova Sinistra e il nucleo artistico del Beat, facendosi invadere da nuovi arrivati che si accontentano di “sdraiarsi sui cuscini e sorridere al mondo attraverso la nebbia dei fumi di marijuana o, peggio, dell’LSD.”»
Valerio D’Onofrio: Una caratteristica che conosco di Zappa è quella di non avere mai fatto uso di droghe, considerava anzi chi ne faceva uso un imbecille. Mi confermi?
Michele Pizzi: L’aneddotica zappiana che riguarda il tema droghe è ricchissima. Il suo principio, da buon Ossessivo, era il bisogno di mantenere costantemente il controllo su di sè e su quanto lo circondava. Come conciliare questa esigenza profonda con la cultura dello sballo? Le dipendenze da lui dichiarate riguardano solo caffè, fumo di sigaretta e burro di noccioline. Credo si sia dimenticato (volutamente) del sesso: non lo considerava di certo un problema.
Valerio D’Onofrio:Da dove nasce il duro contrasto con Lou Reed? E’ vero che durante un concerto insieme Zappa disse che i Velvet Underground gli facevano schifo?
Michele Pizzi: Lo racconto nel libro. Nel maggio del 1966 Velvet e Mothers condivisero per tre sere il palco del ‘Trip’ di Los Angeles. Il sound e il look di Lou Reed e soci erano troppo cupi per quel pubblico di fricchettoni e Frank, che già aveva fatto proprio l’uso accorto delle provocazioni, gettò benzina sul fuoco, dicendo la sua nel bel mezzo del concerto (“Questi tizi fanno proprio schifo!”). Questa la parte più appariscente. L’altra parte di verità è che i due gruppi dividevano lo stesso manager (Tom Wilson) e Zappa era stato più lesto o abile nel convincerlo a pubblicare per primo il suo esordio (‘Freak Out’), piuttosto che la Banana. Poi che io sappia non si sono più visti o frequentati, fino al famoso discorso di Reed per l’insediamento postumo di Zappa nella Rock’n’Roll Hall of Fame.
Valerio D’Onofrio: I primi dischi di Zappa non furono capiti subito, la trilogia Freak (i primi tre album) erano così avanti con i tempi?
Michele Pizzi: Non direi. Hanno avuto subito un discreto successo, visti i numeri di allora. Freak Out è arrivato al 130° della classifica americana di Billboard (teniamo conto dell’anno e che era anche un album doppio di esordio!), Absolutely Free al 41° e “We’re Only... addirittura al 30° posto! Di sicuro era un sound piuttosto nuovo, ma i tempi erano pronti…
Valerio D’Onofrio: Zappa era una persona molto ironica ed irriverente, hai notizie su come fosse nella vita quotidiana?
Michele Pizzi: Della sua vita privata si sa molto meno di quanto offra la valanga di informazioni che lui stesso ha abilmente disseminato attraverso centinaia di interviste. Si sa che con i suoi (credo pochi) ospiti era schivo ma affabile, così come è proverbiale il suo livello di professionalità ed esigenza rispetto ai suoi musicisti. Don Preston, ricordando in una recente conversazione personale la sua esperienza nelle Mothers di fine ’70, lo ha descritto come una sorta di tiranno comunque in grado di creare un’atmosfera molto divertente.
La mia idea (pero’ senza averlo davvero conosciuto di persona) è che fosse così dedicato al suo lavoro da concedere piuttosto poco alla famiglia, ma come sia stato davvero come padre o marito bisogna chiederlo alla Zappa Family…
Valerio D’Onofrio: In We’re only in it for the money prese in giro i Beatles nella copertina, sai se se la presero?
Michele Pizzi: Non ne ho sinceramente idea. Non ne ho trovato traccia, nelle fonti.
In realtà pare che lo stesso Paul McCartney abbia ammesso che Freak Out! sia stata una fonte di ispirazione fondamentale per la realizzazione di Sgt. Pepper…
Valerio D’Onofrio: Dopo il periodo freak arrivano album diversi, Lumpy Gravy, Hot Rats, Uncle Meat, Burnt Weeny Sandwich, Weasels Ripped My Flesh, davvero un incredibile filotto di album eccezionali, tutti scritti in tempi brevissimi, tra il 1968 e il 1970. Credo che alcuni di questi album, ad esempio Burnt Weeny Sandwich,siano molto sottovalutati, sei d’accordo?
Michele Pizzi: ‘Sandwich’ è decisamente delizia per le orecchie, anche se realizzato con ‘scarti’ dei dischi precedenti. Ma l’abilità di Frank di ricavare oro dai suoi nastri è proverbiale. Idem per ‘Weasels’.
Valerio D’Onofrio: Sai dirci qualcosa della sua amicizia con Don Vliet/Captain Beefheart? Erano davvero amici?
Michele Pizzi: Amicizia turbolenta, ma sincera, credo. Almeno fino alla rottura definitiva del 1976. Erano due persone con molti punti e passioni in comune ma evidentemente molto diverse in termini caratteriali, con due modalità estremamente differenti di canalizzare la propria dirompente creatività.
Valerio D’Onofrio: Zappa nella sua carriera ha pubblicato una quantità enorme di album, io credo che questo sia stato un suo limite. Sei d’accordo?
Michele Pizzi: Ripassando per ore, giorni (mesi!) la sua intera discografia, durante la stesura del libro, ho riscoperto molte cose dimenticate e riapprezzato album a suo tempo trascurati (uno su tutti: Joe’s Garage, che non avevo amato molto, ai tempi). Non credo la profusione di materiale pubblicato sia un vero limite, perchè lo diventa solo per gli artisti che, non avendo molto da dire, ripetono all’infinito i loro vecchi successi. E non è il caso di Zappa! Persino molti dei dischi postumi sono estremamente interessanti e regalano aspetti inediti del suo genio. Penso in questo momento al ‘Carnegie Hall’ uscito un paio d’anni fa. Incredibile!
Valerio D’Onofrio: Ho letto interviste dove Zappa aveva un pessimo rapporto con i soldi, si lamentava di non averne, di dover pagare lui i musicisti, di dover pensare alla produzione, di doversi pagare tutto di tasca sua, a volte rimettendoci denaro. Non pensi che la scelta di auto prodursi gli album lo abbia penalizzato in un certo senso?
Michele Pizzi: Per il suo carattere, non poteva fare altrimenti! Un Grande Ossessivo come Frank non avrebbe mai potuto permettere intrusioni al suo Genio! In alcuni casi di certo avremmo potuto ascoltare (e vedere: ad es. ‘200 Motels’) materiale più ‘pulito’ e magari coerente, ma forse non staremmo qua a parlarne…
Valerio D’Onofrio: Qual’è il tuo album preferito di Zappa?
Michele Pizzi: Più d’uno, almeno uno per periodo: Uncle Meat, Hot Rats e Sheik Yerbouti. Per motivi estremamente diversi, non solo musicali.
Valerio D’Onofrio: Perchè consiglieresti oggi ad un giovane di ascoltare Frank Zappa? Qual’è il suo lascito principale nella storia della musica?
Michele Pizzi: Perchè se lo ascolti bene impari parecchio su gran parte della musica del ‘900. E se anche l’ascolti solo distrattamente, perchè ti ‘piacciono gli assoli di chitarra’, prima o poi ti entra dentro… E’ un tarlo che scava e percorrere le sue infinite gallerie è un puro godimento, non solo sonoro. Bisogna solo provare ad entrarci.
Valerio D’Onofrio: Ti ringrazio molto e, concludendo, ti chiedo se hai in mente altri progetti editoriali.
Michele Pizzi: Idee tante. Se solo riuscissi a ritagliarmi altri spazi notturni di scrittura…
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