
Intervista a Fabio Zuffanti
Oggi parliamo con Fabio Zuffanti, uno dei più interessanti e prolifici artisti italiani di rock progressivo e non solo degli ultimi venti anni.
Fabio Zuffanti è il leader di gruppi prog come la Maschera Di Cera, Hostsonaten e Finisterre. Da vent’anni sulle scene musicali è riconosciuto come uno dei massimi rappresentanti dell’attuale panorama progressivo italiano, oltre a essere più volte stato additato dalla stampa nazionale e internazionale come lo “Steven Wilson italiano”.
Oggi abbiamo la soddisfazione di poter dialogare con lui. A parte l’intervista quello che ci ha molto colpito è la grande disponibilità e la gentilezza che Fabio ha sempre mostrato in tutti i nostri contatti.
Dino Ruggiero: Ciao Fabio, per prima cosa benvenuto sul nostro magazine… Devo dire che ho fatto fatica ad orientarmi tra i tanti progetti che hai creato, tra la moltitudine di impegni e produzioni che porti avanti: ma come fai?
Fabio Zuffanti: Credo che tutto dipenda dal fatto che con la musica che faccio non ci sono grandissime possibilità di avere un circuito live che ti permetta di suonare in maniera continuativa, con tutti gli annessi e connessi del caso. Ne segue che, per passione e per esigenze di sussistenza, devo dedicare tutto il tempo che ho a disposizione al lavoro di composizione e di registrazione, per la mia musica e per quella di altri artisti che produco. A questo aggiungici la mia sfrenata curiosità nell’esplorare diversi campi e stili che spesso mi ha portato a sperimentare con prog, elettronica, pop, folk e molto altro. Credo che il “segreto” sia tutto lì.
Dino Ruggiero: Per rompere il ghiaccio vogliamo cominciare dagli inizi della tua carriera artistica? Quando, insomma, hai detto a te stesso: adesso basta si cambia “musica”?
Fabio Zuffanti: Ho cominciato a suonare con altre persone all’età di 16 anni e da lì ho percorso un cammino per trovare me stesso tramite la musica. Se vogliamo trovare un qualcosa di simile all’affermazione della tua domanda potrei dire che ciò è successo intorno al 1992, quando suonavo con un gruppo genovese denominato “Calce e compasso” dedito a una sorta di musica cantautorale/blues/psichedelica. A un certo punto dicemmo basta a quello stile e ci gettammo a capofitto in composizioni di stampo prog cambiando anche la denominazione del gruppo in Finisterre. Ciò avvenne grazie soprattuto all’ingresso di un tastierista (Boris Valle) che portò con se un grande bagaglio a livello tecnico e compositivo che contagiò un po’ tutti nella voglia di misurarci con una musica più avventurosa e libera. Diciamo che quello fu per me il punto di svolta e si può dire che tutto quello che è seguito deriva da quel punto.
Dino Ruggiero: Troviamo Fabio Zuffanti nei Finisterre, La Maschera Di Cera, Hostsonaten, Quadraphonic, Aries, R.u.g.h.e., Rohmer, L’Ombra della sera ma anche in altri progetti… e poi ancora scrittore e chissà cosa ho dimenticato: vuoi tracciare tu stesso le linee fondamentali del tuo sviluppo artistico?
Fabio Zuffanti: Certo! Nel 1994 i Finisterre cominciano la loro avventura discografica dedicandosi a un prog sinfonico contaminato spesso con molti altri stili; jazz, pop, elettronica, post rock e molto altro. Io nel gruppo ho sempre rivestito la carica di bassista e voce solista occasionale. Tra il 1994 e il 2004 i Finisterre hanno realizzato quattro album in studio, poi hanno decisamente mollato il colpo, ogni componente si è dedicato ai diversi progetti musicali e di vita e da allora come gruppo stiamo vivendo in una sorta di limbo. Al momento non sappiamo se e quando potremo ritrovarci per un nuovo album.
Nel 1996 ho approfittato di una pausa nel lavoro con i Finisterre per creare Hostsonaten, gruppo aperto da me capitanato sia a livello organizzativo che di composizione musicale nel quale i componenti variamo a seconda dei dischi. La musica proposta da Hostsonaten è prog sinfonico/classicheggiante “duro e puro” e con questo progetto ho realizzato otto album tra il 1996 e il 2013 di cui quattro costituiscono una tetralogia dedicata alle stagioni.
Nel 1999, spinto da un’accesa passione per la musica elettronica/sperimentale, ho creato Quadraphonic, progetto ove io compongo e suono tutto il suonabile. quadraphonic ha realizzato sette cd tra il 1999 e il 2009.
Sempre nel 1999 ho scritto la rock-opera “Merlin” su libretto di Victoria Heward, rappresentata in Italia e Francia con successo. Il doppio cd dell’opera è uscito nel 2000.
Nel 2001, a seguito di un temporaneo scioglimento dei Finisterre, ho formato la Maschera Di Cera, band dedita alla riscoperta del suono prog italiano degli anni settanta. La Maschera di Cera è passata presto dall’essere un mio progetto a band vera e propria e ha dipanato la sua creatività in cinque album dal 2002 al 2013, l’ultimo dei quali (“Le porte del domani”) è il nostro ideale seguito di “Felona e Sorona” delle Orme, primo tentativo nella storia del rock di costruire il sequel di un’album realizzato da un altro gruppo.
Parte dei Finisterre ha poi contribuito alla creazione de laZona, progetto che ha realizzato un solo album, nel 2003, tra post-rock e psichedelia.
Nel 2005 è stata la volta di Aries, duo formato insieme alla cantante Simona Angioloni e coadiuvato da ospiti musicali vari. Aries ha realizzato due album, rispettivamente nel 2005 e nel 2010, dalle atmosfere prog/folk/gothic.
Nel 2007 ho dato vita alla mia carriera solista con una serie di dischi (quattro fino ad oggi) a mio nome tra l’elettronica e il cantautorato.
Nel 2007 ho anche realizzato un mini-cd con la denominazione di Buc-ur, contenente musica elettronica minimal-techno.
Nel 2008 ciò che restava dei Finisterre ha creato Rohmer realizzando un disco vicino alle atmosfere più rilassate e “ambient” del gruppo madre.
Nel 2009 è stata la volta del progetto più assordo della mia storia musicale; R.u.g.h.e. Messo su insieme a Boris Valle dei Finisterre e a Carlo carnevali, storico mio collaboratore. R.u.g.h.e crea musica industrial/rumorista ai massimi livelli e ha realizzato un album nel 2010.
Nel 2012, spinto dall’amore per le musiche di alcuni tenebrosi sceneggiati degli anni ’70, ho deciso di omaggiare questi con il progetto L’ombra della sera, formato insieme ad alcuni musicisti della Maschera Di Cera.
Nel 2012 ho anche scritto il mio primo libro, “O casta musica” e sono diventato direttore artistico di Mirror Records, etichetta facente parte del gruppo BTF che si occupa di scoprire e valorizzare nuove formazioni in ambito progressivo.
Dino Ruggiero: Quali sono i progetti principali a cui ti stai dedicando oggi?
Fabio Zuffanti: Al momento sono totalmente concentrato sulle registrazioni del mio nuovo album solita che sarà un disco molto diverso da quelli che lo hanno preceduto. L’album uscirà nel gennaio 2014 e credo che il resto del prossimo anno sarà totalmente dedicato alla promozione di questo. Per il resto ciò che mi impegna maggiormente da tempo sono Maschera Di Cera e Hostsonaten. Queste infatti sono le formazioni che mi hanno dato più soddisfazioni negli anni, da tutti i punti di vista, e per nelle quali mi sembra giusto infondere un impegno più profondo e continuativo.
Dino Ruggiero: Tu puoi essere considerato come il principale interprete italiano di musica neo-progressive (tra le altre cose ovviamente): cosa rimane dei magnifici anni Settanta? Quali elementi stilistici ti hanno influenzato di più nella creazione della tua musica?
Fabio Zuffanti: Se fai prog non puoi non fare i conti con gli anni Settanta. Ci sono stati, hanno prodotto band e dischi fondamentali e ci hanno influenzati tutti nel profondo. Non si scappa.
Da lì, a mio avviso, ciò che bisogna fare è provare a cercare una propria personalità. I riferimenti sono inevitabili quando fai questa musica ma credo che la grande sfida sia trovare, all’interno di un linguaggio musicale così distintivo, un proprio modo di essere, un proprio suono e un proprio modo di comporre. Maschera Di Cera, per dirne una, è uno dei gruppi più pesantemente influenzati dagli anni settanta che esistano, nel panorama italiano e non solo. Ma credo che MDC sia riuscita a crearsi un proprio stile e una propria personalità, pur rifacendosi a quel suono in maniera totale. Questa è la mia personale sfida, non mi preoccupo di quanto siano manifesti i riferimenti ma voglio a tutti i costi creare un qualcosa che all’ascolto sia riconoscibile come mio.
Dino Ruggiero: Sono rimasto impressionato in particolar modo dal materiale che hai creato come solista: da un lato Pioggia e Luce, Fabio Zuffanti e dall’altro Ghiaccio e La Foce del Ladrone, lavori tra loro molto diversi: ce ne vuoi spiegare la genesi?
Fabio Zuffanti: I primi tre lavori (“Pioggia e Luce”, “Fabio Zuffanti “ e “Ghiaccio”) sono legati tra loro da una volontà di creare una musica sospesa tra sogno e realtà. Una sorta di viaggio onirico che potesse fare uscire fuori i lati più nascosti e intimi del mio far musica. Quindi no ad aperture sinfoniche e a roboanti tastieroni, no a cambi di tempo e a tutto l’armamentario prog ma un ritorno alla semplicità e alla scoperta del lato più profondo di me. Ho iniziato a fare dischi a mio nome proprio per esplorare un lato più nascosto della mia musica e l’uso del mio nome non è a caso. Non che il resto delle cose che ho fatto non fosse legato a una parte di me ma in questo caso mi sono spinto più in profondità e mi sono messo più a nudo. Quei dischi inoltre sono stati suonati totalmente da me, in totale solitudine, quindi il lavoro solista è stato a tutto tondo.
Gia con “La foce del ladrone” molte cose sono cambiate. Archiviato il lavoro su certe atmosfere soffuse e sognanti avevo voglia di andare in una direzione totalmente opposta e mettermi in gioco per vedere se riuscivo a tirare fuori un disco pop. Un pop alla mia maniera, certo, ma pur sempre pop. Molta gente non ha capito e accettato questa sorta di svolta perché non hanno compreso appieno chi me lo facesse fare. Ma chi mi conosce bene e sa della mia innata curiosità non si è stupito affatto e, anzi, ha apprezzato moltissimo questo tentativo che è e rimarrà un esperimento ma che però mi ha dato grandi soddisfazioni e mi ha permesso di vincere una sfida con me stesso.
Da qui in poi si cambia ancora con il disco al quale sto lavorando.
Dino Ruggiero: Rileggendo la tua invettiva contro la casta musicale ancora una volta condivido tutto quello che hai detto all’epoca e tuttavia non mi sembra che sia cambiato un granchè (e anche in politica, la stessa cosa!): cosa possono fare i magazine elettronici per aiutare i musicisti impegnati a rompere questo muro di gomma? Cosa devono fare i giovani artisti per riuscire prima o poi a vivere della loro musica?
Fabio Zuffanti: Bella domanda… Riguardo al mio libro non mi aspettavo certo che le cose cambiassero, anzi… Solo mi andava di sfogarmi e di dire alcune cosette che difficilmente dalle nostre parti vengono messe su carta. Da lì chi vuole impegnarsi per fare in modo che le cose cambino si impegna altrimenti si rimane com’è. Personalmente quello che dovevo dire l’ho detto e quindi a un certo punto non ho potuto fare altro che voltare pagina e ritornare a pensare alle mie cose. La battaglia però va avanti, anche se con altre modalità, e il mio scopo continua a essere quello di riuscire a comunicare le mie emozioni alle persone e vivere del mio lavoro. Questo nonostante io non faccia musica prettamente commerciale.
Riguardo ai consigli penso sia importante andare avanti cercando di dire quello che si ha da dire non facendosi spaventare da nessuno. Ovvero crederci fino in fondo, sia da parte dei magazine, sia da parte dei musicisti. Hai qualcosa in cui credi e pensi sia giusto portarla avanti? Bene, lotta contro tutto e tutti per difenderla, metti in piazza le cose scomode, non ascoltare chi ti dice che “non ne vale la pena” e mettici la faccia. Credo che ci sia molto bisogno di un qualcosa del genere in questo momento; tutti parlano ma pochi hanno il coraggio di fare nomi e cognomi e di dire “questo l’ho detto io e me ne prendo la piena responsabilità!”. La parola d’ordine deve essere “resistenza”! Poi vedremo alla lunga chi vincerà ma c’è un detto che dice “chi la dura la vince”, no? 🙂
Dino Ruggiero: Vuoi dirci qualcosa del tuo nuovo lavoro discografico e del libro che dovrebbe uscire in contemporanea?
Fabio Zuffanti: E’ il mio quarto album solista ed è un disco di prog sinfonico dalle molte sfaccettature. Lo vedo come una sorta di summa del mio lavoro di tutti questi anni, infatti uscirà a Gennaio 2014, alla scadenza dei miei vent’anni nella musica. Summa perché contiene delle musiche che possono facilmente essere rapportate al mio lavoro con Finisterre, Hostsonaten, Maschera Di Cera… ma il tutto è miscelato in uno stile dagli alti connotati tenici e spesso tinteggiato da inediti momenti jazz-rock, dark e anche hard. In questi giorni sto ascoltando in studio il risultato venire pian piano alla luce… so che peccherò di immodestia ad affermare una cosa del genere ma credo di stare tirando fuori qualcosa di molto importante. Ho fatto tanti dischi e ognuno di essi è un tassello fondamentale per la mia esistenza e la mia crescita, ma quest’ultimo è un gradino più in alto e segna una mia reale maturazione in ambito compositivo.
Per festeggiare i miei vent’anni nella musica e per documentare la genesi di questo disco ho deciso di tenere un diario ove sto narrando quasi giornalmente i dettagli dei lavori di registrazione e i miei trascorsi musicali che hanno caratterizzato questi vent’anni. Ma non solo, scrivendo mi sono trovato ad affrontare diversi fatti che riguardano la mia vita tout-court; ricordi, incontri, vicende più o meno dolorose, progetti passati, speranze per il futuro e molto altro. Può essere visto come una sorta di autobiografia ma non reputo me stesso così importante da concedermi il lusso di una cosa del genere, solo mi andava di raccontare un po’ di vicende, legate al disco, alla mia vita e alla mia musica, tutto qui. Spero possa esser preso con la giusta ottica. Continuerò il diario fino alla fine di settembre e poi sistemerò il tutto per la sua uscita che mi piacerebbe avvenisse in concomitanza col disco.
Valerio D’Onofrio: In un recente post su Facebook hai scritto che Genova è la nuova Canterbury. Puoi spiegare meglio cosa intendi?
Fabio Zuffanti: Genova è realmente la nuova Canterbury. Ci sono moltissimi gruppi che suonano prog nella nostra città e spesso c’è un fitto scambio di musicisti o formazioni che partono in un modo e poi si diramano in così tante altre realtà da far spavento. Se si disegnasse una mappa ci sarebbe veramente da perdersi in un percorso così labirintico e immane.
Certo, non in tute le realtà cittadine c’è questa volontà di fratellanza e di condivisione ma credo che in generale Genova sia un posto stimolante ove fare musica. Che poi ci siano riscontri è un altro paio di maniche ma anche Robert Wyatt ha definito Canterbury una cittadina insignificante e senza sbocchi ma nessuno mette in dubbio il fatto che se non ci fosse stata avremo perso delle realtà incredibili.