
Intervista al compositore italiano di musica elettronica Bob Meanza
Bob Meanza è lo pseudonimo di Michele Pedrazzi, artista multimediale e musicista elettronico nato a Verona. Ha studiato pianoforte con Riccardo Massari Spiritini e Fabrizio Puglisi. È diplomato in Musica Elettronica al Conservatorio di Bolzano, con una tesi sulla sound art, ed è dottore di ricerca in Semiotica, presso la SSSUB di Umberto Eco, con una tesi sull’improvvisazione in musica. Ha all’attivo lavori in ambito installativo (“Cicadas v1.0”, 2013) e collaborazioni teatrali (per Barok The Great e La Pesatura dei Punti). Come designer ha lavorato con Studio Azzurro e N!03 a Milano, Asteria a Trento, id3d-berlin e Beier+Wellach a Berlino. Dal 2012 lavora con l’artista Marco Mendeni su “I’m not playing”, progetto multi-piattaforma di game art, presentato al festival Robot#06, Bologna e FILE di San Paolo, Brasile. Nel 2013 ha pubblicato “Three Diamond Ohs”, un album di pezzi per solo organo a transistor (Phonoethics), mentre i successivi “Live at the Loophole” con i Toxydoll (Aut Records, 2013) e l’album „OU“ (Aut Records, 2015) documentano la sua attività a Berlino, dove attualmente vive.
Valerio D’Onofrio: Ciao Bob, è un grande piacere conoscerti. Hai già all’attivo quattro album solisti, di cui due auto-prodotti. Immagino che non deve essere facile la vita di un musicista come te specializzato in musica elettronica.
Bob Meanza: Ciao a te Valerio. Bè, in realtà va detto che c’è poco da lamentarsi, il mondo musicale si è ormai pesantemente mosso verso l’elettronica. Utilizzare macchine e computer per fare musica è assolutamente mainstream. E questo fenomeno secondo me comprende anche le frange più sperimentali. Un aspetto che mi diverte (per stare in tema Psycanprog) è quello che sta succedendo con i sintetizzatori: oggi uno strumento esoterico come il synth modulare (i monoliti alla Keith Emerson) sta quasi rischiando di diventare un oggetto *trendy*, come farsi la bici a scatto fisso! Tornando a questioni più personali: la difficoltà di vivere semplicemente “di musica” rimane, io continuo a interpretare l’elettronica in maniera piuttosto estesa ed idiosincratica, e sono sempre alla ricerca della formula definitiva. Ma mi ci diverto.
Valerio D’Onofrio: OU è il tuo quarto album. Puoi dirci qual’è stato il percorso che ti ha portato dal tuo esordio fino al 2015? Che differenze ci sono tra i tuoi primi album e l’ultimo?
Bob Meanza: Lentamente (pure troppo), sto distillando quello che conta. OU è per me più maturo perché limita molto la palette timbrica. Che per me vuol dire: usare solo suoni che servono davvero. La possibilità – tipica del mondo elettronico – di avere migliaia di timbri e centinaia di tracce a portata di click è pericolosa. Io poi penso di avere davvero un debole per queste montagne russe sonore, questi mondi che si aprono vertiginosamente spostando qualche pomello…
Valerio D’Onofrio: La musica elettronica, per quanto di nicchia, ha una serie di protagonisti alcuni dei quali non faccio fatica a definire geniali. Tu quali ascolti con maggiore interesse?
Bob Meanza: Ora capisco che tu ti riferisci proprio alla musica elettronica colta. Ok. Bè ci sono alcuni pionieri che riascolto sempre con piacere. Visage di Luciano Berio è un brano storico che non mi stanco di risentire. Silver apples of the moon di Morton Subotnik è anche un disco sorprendente. Se devo citare altri “geni”: Brian Eno, Aphex Twin…ma qui ormai non si può più parlare di nicchia.
Valerio D’Onofrio: C’è stato un album in particolare che anni fa ti ha fatto decidere che avresti suonato musica elettronica?
Bob Meanza: Sai, credo il mio interesse per sintetizzatori e macchine vari sia nato proprio grazie al progressive, il che spiega perché mi ritrovo qui con te! A 16/17 anni mi passarono una serie di cassette per me misteriose: Foxtrot dei Genesis, Tarkus di Emerson, Lake & Palmer, Fragile degli Yes. Ci misi poco ad abbandonare il piano e a iniziare a risparmiare per il mio primo synth.
Valerio D’Onofrio: Invece album più recenti?
Bob Meanza: Un’esperienza bella e spaesante l’ho avuta con Cosmogramma di Flying Lotus. Anche lì, non avevo idea di chi fosse, e sono stato sbalordito da quel ribollire sonoro, un concetto di composizione e di arrangiamento che non riuscivo a collocare. Un’altra epifania è stata la compilation „Nah und fern“ di Gas. Non lo conoscevo bene ed è stato come entrare in un nuovo mondo.
Valerio D’Onofrio: Potremo vederti dal vivo prossimamente?
Bob Meanza: Se passi da Berlino, sì! Infatti non mi muovo molto – anche perché sono in pausa di paternità! – ma tra ottobre e novembre suonerò con un ensemble chiamato “Berlin Sound Painting Orchestra” e a dicembre con i Toxydoll, concerto importante con cui presentiamo il nuovo disco, sempre per Aut Records.
Valerio D’Onofrio: Cosa ascolti oltre la musica elettronica?
Bob Meanza: Schlager. Sai cos’è? E’ il pop tedesco più kitsch. Tremendo. Ma ci ho fatto un lavoro per una mostra retrospettiva che ora sta girando per la Germania e contemporaneamente ho „ereditato“ una cinquantina di vinili d’epoca. Hossa! Ormai sono diventato un grande esperto.
Valerio D’Onofrio: Che progetti hai per il futuro?
Bob Meanza: C’è tutto il mondo delle mie sculture sonore (http://www.vimeo.com/bobmeanza/cicadas), che forse è davvero la sintesi perfetta di quello che mi piace fare. E proprio per questo, perversamente, fatico ad andare avanti. Ma ho buoni propositi.
Discografia
Come Bob Meanza:
2006 „Supper“ (autoprodotto)
2010 „Meanza Alias Milenkovic“ / with Filip Milenkovic (autoprodotto)
2011 „Three Diamond Ohms“ (Phonoethics)
2015 „OU“ / with Filipe Dias De (Aut Records)
Con altri progetti:
2005 „The Blockhouse Sessions“ / with Kunfufunk (autoprodotto)
2013 „Live at the Loophole“ / with Toxydoll (Aut Records)