
Intervista al chitarrista e compositore Francesco Zago

Francesco Zago
Gli Yugen hanno dalla loro un sound corposo a più livelli come ben pochi nel progrock che si rispetti. Virtuosismi puri senza un principio né fine, ma i meccanismi che i loro lavori emanano fanno grande questo gruppo che rimanda a volte ai Genesis, a volte ai King Crimson ma che hanno l’onnipresenza di un certo Frank Zappa che di virtuoso aveva tanto. Come scrive lo stesso Valerio D’Onofrio si pone esclusivamente in quel filone del “rock in opposition” che fa sfornare alle band così classificate di produrre album di grande qualità in particolare per i suoni e le emozioni che trasmettono ad un attento ascoltatore.
Ma non vogliamo qui parlare della produzione di questo gruppo che meriterebbe una trattazione approfondita, bensì presentare ai nostri lettori l’intervista che abbiamo realizzato a Francesco Zago, mente e artefice dei lavori degli Yugen in cui ha ben dimostrato come le sonorità create oltre ad essere “rock in opposition” sono vicine al post rock più conosciuto. Insomma, in poche parole un album notevole che non possiamo far mancare nei nostri scaffali
Raffaele Astore: Partiamo dal principio: 2006 “Labirinto d’acqua”. Come nasce questo gioiello del progressive d’avanguardia?
Francesco Zago: Tutto iniziò un po’ per caso. Nel 2004 conobbi Marcello Marinone, che all’epoca organizzava l’Altrock Festival. Gli feci ascoltare un paio di brani che avevo scritto e di cui avevo realizzato un demo, e subito Marcello si dimostrò entusiasta del materiale. Quei brani sarebbero diventati Catacresi e Brachilogia. Decidemmo di proseguire insieme il lavoro, che avrebbe portato alla nascita di Yugen e alla realizzazione di Labirinto d’acqua. Non trovando etichette disposte a produrre il cd, ci domandammo: e se lo pubblicassimo noi? Iniziò così l’avventura di Altrock Productions, che a tutt’oggi ha un catalogo di oltre settanta cd, con artisti da tutto il mondo.

Death By Water
Raffaele Astore: Il vostro ultimo lavoro, Death by water, rinnova lo spirito del rock in opposition rendendolo un po’ più fruibile anche per i non addetti. Eppure le partiture sembrano studiate e complesse allo stesso tempo. Quanta ricerca c’è dietro produzioni del genere?
Francesco Zago: Personalmente non mi pongo il problema della «fruibilità» o meno di quello che scrivo. Nei cd di Yugen trovate brani estremamente complessi e altri semplicissimi, un aspetto particolarmente accentuato in Death by Water. Semplicemente scrivo seguendo la direzione in cui decido di muovermi, a seconda del progetto a cui sto lavorando. In Kurai mi ero concentrato sul «respiro» e sull’improvvisazione, in Empty Days sulla forma canzone. Nel caso di Yugen si tratta in particolare degli aspetti ritmici, della stratificazione e sovrapposizione di differenti piani sonori, e così via. Il tutto in una cornice dichiaratamente rock. Forse sta in questo la «fruibilità» di Yugen: un ensemble di musica contemporanea, ad esempio, che suonasse questa stessa musica non credo otterrebbe lo stesso risultato, ma suonerebbe ancora più ostico.
Raffaele Astore: Il tuo è un gruppo aperto, almeno così lo si potrebbe definire, eppure, in Death by water, queste aperture diventano ricerca di un sound forse più elaborato. In questa produzione, oltre a portarti dietro anche alcuni storici collaboratori, hai realizzato un percorso che richiama tipiche ambientazioni come i quelle degli Henry Cow. Sembra che tu tenda a mostrare due facce della stessa medaglia. E’ una mia impressione o è anche la tua idea di fondo?
Francesco Zago: Grossomodo è così. L’intero album è basato sul tema del «doppio». A partire dalla formazione, poiché ci sono due gruppi: la strumentazione è organizzata a coppie – due batterie, due voci, due chitarre, basso elettrico e contrabbasso, pianoforte e tastiere, e così via. Alcuni musicisti fanno parte di Yugen fin dall’inizio – Paolo Botta, Maurizio Fasoli, Giuseppe Olivini – altri si sono uniti in seguito e sono diventati membri a tutti gli effetti – Valerio Cipollone, Jacopo Costa, Elaine Di Falco. In Death by Water sono entrati altri musicisti che ho conosciuto negli ultimi anni, in particolare Carmelo Miceli, Stefano Ferrian e Dalila Kayros, che hanno dato un’impronta molto dura al suono. Forse è proprio questa la vera novità nel suono di Yugen. (Stefano e Dalila sono rispettivamente chitarra e voce di un notevole gruppo di «nu-metal», i Syk.)

Francesco Zago
Raffaele Astore: Il pezzo di apertura di Death by water, “Cinically correct”, è un vero e proprio colpo, duro, colmo di tensione, violento, con tempi composti, ritmi indiavolati e fiati zappiani che si scontrano con schizofrenici interventi vocali e con una chitarra elettrica heavy e distorta. Qual è stata l’idea iniziale che vi ha portato a questo risultato che ritroviamo poi in gran parte del disco?
Francesco Zago: Cinically correct è il primo brano che ho scritto lavorando a questo cd, e in un certo senso è il modello su cui si basa tutto Death by Water. Ho scritto la cellula principale sulla chitarra, coronando un po’ il mio sogno di unire un suono «classico», che richiamasse band come i Led Zeppelin, a una struttura e a un linguaggio più moderni. Il resto del brano è costituito da una serie di variazioni sulla stessa cellula, affidata di volta in volta a gruppi di strumenti diversi. Il materiale è suddiviso e stratificato per gruppi di strumenti, contrapposti l’uno all’altro. È il brano dove ho esplorato maggiormente un aspetto per me fondamentale nella scrittura, ossia quello ritmico.
Raffaele Astore: Con la title track vengono a galla le prime atmosfere crimsoniane segno di un percorso multiforme che questo disco ci propone. E’ una scelta mirata o è il risultato delle tue ricerche?
Francesco Zago: Death by Water ha una storia molto particolare: mentre scrivevo il materiale per il cd, decisi di riprendere questo vecchio arpeggio per chitarra che scrissi nel 1988 o 1989, non ricordo esattamente quando. Nel 1994-95 suonavo Death by Water in duo con il pianista Max Tozzi, che mi seguiva improvvisando sull’armonia. Qualche anno fa lo ripresi per realizzare un arrangiamento per orchestra di chitarre, e lo inserii nel mio concerto solista, Electric Solo Performance. Questa volta ho deciso di pubblicarlo e di arrangiarlo per Yugen, dandogli finalmente il respiro che meritava. Ho ripreso alcune idee utilizzate negli arrangiamenti precedenti, in particolare la parte di pianoforte è la trascrizione di quello che improvvisava Max Tozzi (fortunatamente registrammo buona parte delle nostre session!). Il batterista Michele Salgarello ha intuito subito il senso del pezzo, registrando una bellissima parte che avvicina Death by Water a un certo jazz alla ECM. Le chitarre dominano dall’inizio alla fine, ma vibrafono, piano elettrico e campane di vetro creano un alone impalpabile e unico. Visto che rappresentava la via di mezzo fra struttura e cantabilità, i due estremi di Yugen, ho pensato di usare il titolo di questo brano per «identificare» l’intero cd.
Raffaele Astore: Di fatto tu sei uno sperimentatore nato e la sperimentazione ti porta a gestire il lavoro lungo un arco temporale molto lungo. Escludendo il live Mirrors che risale al 2013, Death by water arriva a distanza di cinque anni da Iridule. Cosa è cambiato da allora nella musica degli Yugen?
Francesco Zago: Sostanzialmente non è cambiato molto. Le tecniche di scrittura sono le medesime, anche se i musicisti che si sono avvicendati sono numerosi e il suono complessivo è cambiato molto dal 2006 a oggi, si è fatto più definito, preciso. Con DBW, anche grazie al lavoro di Andrea Rizzardo e Fabrizio Argiolas, strutture estremamente dense risultano trasparenti, intelligibili.

Francesco Zago
Raffaele Astore: La vostra musica unisce il rock più evoluto al linguaggio della musica contemporanea. Come vi sentite quando vi etichettano “progressive” quando in realtà, ma è una mia opinione, siete considerati la frontiera più avanzata del Rock in Opposition odierno?
Francesco Zago: A mio parere il termine «progressive» va un po’ stretto alla musica di Yugen. Peraltro Yugen non è nato come un gruppo progressive, e forse nemmeno come RIO in senso stretto, anche se fin da Labirinto d’acqua è stato identificato con lo stile dell’avant-prog. Io preferisco parlare di «chamber rock», dato che la musica di Yugen non è altro che musica da camera proposta con sonorità elettriche.
Raffaele Astore: Questo nuovo lavoro, è forse la produzione più sperimentale finora realizzata dagli Yugen. Il viaggio sonoro in questa operazione va dalle atmosfere crimsoniane a quelle zappiane ma non tralascia nemmeno quelle free jazz alla Coleman. Possiamo considerare tutto questo un approccio più cerebrale che spontaneo nella vostra musica?
Francesco Zago: Onestamente non mi è mai stata molto chiara la differenza tra «cerebrale» e «spontaneo», né tantomeno la connotazione spesso negativa che si dà al primo di questi termini. Chiunque scriva musica – o dipinga un quadro, o scriva un romanzo, se è per questo – fa qualcosa che di «spontaneo» non ha quasi niente. La produzione artistica è di per sé costruzione, riflessione. Anche quando si improvvisa (penso al mio Kurai o al duo Zauss, con Markus Stauss) c’è una forte componente costruttiva, anche se in una chiave e in una forma completamente diversa.
Raffaele Astore: E’ consolidato ormai che i vostri lavori hanno spesso riferimenti letterari. Quali sono quelli di Death by water?
Francesco Zago: A differenza di Iridule, che ruotava interamente attorno a un romanzo di Vladimir Nabokov, Fuoco pallido, questa volta non c’è un unico filo conduttore letterario, ma riferimenti diversi, un po’ come in Labirinto d’acqua. Il titolo del cd riprende quello di una poesia di T.S. Eliot tratta dalla famosa raccolta The Waste Land. As it Was è un omaggio a Dale Willey (padre di Dave Willey, membro di Thinking Plague e Hamster Theatre); il testo è una sua poesia bellissima poesia. Infine Der Schnee è una poesia del poeta tedesco Durs Grünbein. Questa scelta è dovuta anche al desiderio di inserire nel cd delle canzoni vere e proprie.
Raffaele Astore: Questa volta il compositore di riferimento è Conlon Nancarrow con i suoi esperimenti sul tempo e sul ritmo. Uno studio realizzato sul compositore dimostra il configurarsi del tema oppositivo nel concetto di ritmo. Insomma anche qui ritorniamo al rock in opposition?
Francesco Zago: Non necessariamente. In questo cd ho voluto riprendere due brani di Conlon Nancarrow sia per dichiarare apertamente il debito nei confronti di questo compositore sia per provare ad arrangiare una delle sue composizione per pianola meccanica. Come altri hanno già fatto in passato – penso in particolare all’Ensemble Modern, che ha dedicato un intero cd a Nancarrow – la sfida era quella di eseguire qualcosa che in apparenza solo una macchina sarebbe stata in grado di eseguire. Le sovrapposizioni ritmiche di Nancarrow vanno ben oltre le semplici (si fa per dire!) poliritmie, perché ricorrono a rapporti numerici irrazionali molto complessi e «indecifrabili» dall’orecchio e dall’esecutore. Un approccio «cerebrale» in questo caso diventa perfino necessario…
Raffaele Astore: Progetti ai quali stai già lavorando per il futuro? Dacci delle anteprime.
Francesco Zago: Nei prossimi mesi uscirà il quinto cd di Zauss, duo di improvvisazione con il sassofonista svizzero Markus Stauss. In questa occasione abbiamo invitato un terzo elemento, il percussionista Giuseppe Olivini (già in Yugen, Kurai ed Empty Days). Tra novembre e dicembre debutterò in duo con il chitarrista Andrea Bolzoni, e con la pianista Elena Talarico nel duo KUBIN. Proprio in queste settimane sto curando la produzione di un cd del compositore americano Bill Whitley. Infine mi piacerebbe riprendere il discorso interrotto ormai tre anni fa con Empty Days, un progetto a cui tengo moltissimo.