
Intervista ad Antonello Cresti, la voce mediterranea della vecchia Inghilterra
Dialogo con Antonello Cresti, esperto di cultura britannica, in particolare delle sue espressioni tradizionali ed underground. Già definito da Timothy Biles (saggista inglese) "la voce mediterranea della Vecchia Inghilterra".
Oggi parliamo con lo scrittore, saggista e compositore Antonello Cresti, grande esperto e conoscitore della cultura e della tradizione musicale britannica. Laureato in Scienze dello Spettacolo presso l’Università di Firenze, nonostante la giovane età è già autore di sei libri; i suoi temi privilegiati sono: controcultura, musica underground e cultura britannica. Nel 2004 pubblica il primo saggio, U.K. On Acid, dove descrive la stagione psichedelica della Summer of Love. Nel 2006 pubblica Fish and Chips, Invito al viaggio in Inghilterra e Galles. Tra il 2009 ed il 2011 pubblica la “trilogia” tematica sull’interazione tra musica inglese, storia, civiltà, misticismo e paesaggio. Nell’eccellente Fairest Isle (copertina in basso) descrive in modo completo ed esaustivo la storia dell’Electric Folk britannico; in Lucifer over London, Industrial, folk apocalittico e controculture radicali in Inghilterra, analizza le ripercussioni in musica (industrial, folk apocalittico) dell’influenza esercitata dalla cultura inglese da parte delle personalità, delle vicende e dei luoghi più “oscuri” del Paese. L’ultimo suo lavoro è il nuovo Come to the Sabbat, dove grazie a interviste ad esperti, studiosi e protagonisti della controcultura britannica approfondisce il tema dell’influenza dell’occultismo e spiritismo nella musica popolare britannica.Dal 2009 condivide la direzione artistica del festival “Britmania”. È nato il 30 Aprile, giorno della Walpurgisnacht, la notte delle streghe…
Valerio D’Onofrio: Ciao Antonello, innanzitutto ti ringrazio molto per la tua disponibilità. In questi giorni ho letto il tuo libro Fairest Isle e devo ammettere di essere rimasto molto colpito dalla tua preparazione e conoscenza di un settore della musica poco conosciuto in Italia, se non da pochissimi. Mi impegno a leggere nel più breve tempo possibile il tuo nuovo libro Come To The Sabbat, da cui mi aspetto davvero molto.Come e quando hai iniziato a interessarti di musica ed in particolare di Gran Bretagna che vedo essere il comune denominatore di tutti i tuoi libri?
Antonello Cresti: Mi parli di due mie antichissime passioni che io ho sempre immaginato come connesse. Avevo quattro anni e già ascoltavo incantato le canzoni dei Beatles e mi chiedevo da dove quei suoni, quelle parole provenissero. Ben presto ho compreso che ero interessato al mondo che aveva visto nascere quella musica e ancora bambino ho visitato Londra e Liverpool. Poi col passare degli anni ho scoperto tantissima altra musica, molto spesso britannica, ed ho anche fatto mie le destinazioni che davvero amo nel Regno Unito (segnalo che il mio prossimo libro sarà una vera e propria guida all’Inghilterra). Quando viaggio mi piace immaginare che ad ogni luogo sia legata una canzone; mi è capitato infatti di associare istintivamente brani di Nick Drake, Robert Wyatt etc. a paesaggi che via via incontravo. Nel mio ultimo saggio “Come to the Sabbat” emerge chiaramente che sono tantissimi gli artisti inglesi che vedono la propria musica come frutto diretto del loro luogo di nascita!
Valerio D’Onofrio: Prima di Come to the Sabbat hai scritto altri libri, puoi fare degli accenni e segnalare le differenze tra ognuno?
Antonello Cresti: Tra i miei libri citerei senza dubbio “Fairest Isle” (edizioni Aereostella), una retrospettiva sul folk revival inglese con uno sguardo particolarmente attento sul mondo delle tradizioni e su tre bands in particolare (Incredible String Band, Amazing Blondel, Third Ear Band), e il seguente “Lucifer Over London” (Aereostella) in cui attraverso cinque gruppi di culto dell’underground britannico (Throbbing Gristle, Psychic Tv, Current 93, Death in June, Sol Invictus) analizzo i legami tra controcultura e musiche estreme. In futuro, oltre alla già citata guida all’Inghilterra medito di pubblicare anche un testo sui cento migliori capolavori sperimentali, di tutto il mondo dagli anni sessanta a oggi.
Valerio D’Onofrio: In effetti dopo avere letto Fairest Isle mi sento di consigliarlo caldamente a tutti i lettori di questo sito. Ma andiamo al tuo ultimo lavoro, Come to the Sabbat. Da dove nasce questo interesse per l’esoterismo e l’occultismo?
Antonello Cesti: Come per la musica mi piace scovare gemme nascoste così è anche per il mondo delle idee. Mi piace tutto ciò che è nascosto, non convenzionale, non ufficiale in questo senso il mondo sotterraneo dato dall’esoterismo è l’ideale. Mi colpisce poi che attraverso tali idee, in particolare, si possa davvero tracciare una storia alternativa della Gran Bretagna, anche grazie all’enorme patrimonio artistico e letterario che da simili filosofie è stato influenzato. E’ un fenomeno massiccio nella realtà britannica, ma certo non estraneo a paesi come il nostro, basti pensare al periodo rinascimentale…
Valerio D’Onofrio: Parlami di Come to the Sabbat (Tsunami Edizioni), perchè ed a chi ne consigli l’acquisto?
Antonello Cresti: Il target a cui punta quel testo è davvero ampio, poichè esso è una sorta di “summa” di tutti i miei interessi. Musicalmente affronto formazioni psichedeliche, folk, prog, ma anche dark, elettroniche, industrial e metal. E poi è proprio qui che ho cercato, anche con l’aiuto di oltre cinquanta interviste esclusive (alcune riguardano Comus, King Crimson, Quintessence ed altri nomi senza dubbio cari ai frequentatori del vostro sito), di mettere nero su bianco la storia del legame tra esoterismo e musica underground. Mi sono tolto lo sfizio di menzionare vicende e personaggi davvero sconosciuti o dimenticati…
Valerio D’Onofrio: In Fairest Isle parli molto di alcune band di cui parleremo certamente nel nostro sito, Incredible String Band, Tea and Symphony, Strawbs, Third ear band e tanti altri. Quanto sono legati secondo te folk e progressive?
Antonello Cresti: Secondo la mia idea la tradizione è un contenitore capace di reinventarsi continuamente, quindi il folk, lungi dall’essere un genere statico e “incartapecorito” è invece il terreno ideale per far avvenire contaminazioni varie. Ecco perchè sonorità indiane si sposano perfettamente con le antiche ballad anglosasssoni ed ecco perchè arrangiamenti più prog o sinfonici si sposano benissimo con l’impianto più propriamente acustico del folk. A mio avviso, senza scomodare gli ovvi Jethro Tull, da questo legame sono nati alcuni tra i maggiori capolavori degli anni sessanta e settanta. Il compositore inglese Vaughan Williams sosteneva che solo attraverso il recupero di certe melodie la musica del suo paese avrebbe potuto uscire dall’impasse e chissà se questo convincimento non animasse anche qualcuno dei nostri “eroi”…
Valerio D’Onofrio: Nel sito parliamo con particolare attenzione della Scena di Canterbury.
Antonello Cresti: Riguardo alle varie unicità della musica britannica, pensando a Canterbury, che tu citi, mi sorprende ancora pensare di come piccole realtà abbiano potuto partorire fermenti così importanti e duraturi. Chi ha visitato la piccola cittadina del Kent sa di cosa sto parlando, ma gli avamposti creativi in Inghilterra sono davvero ovunque. Penso ad esempio al mio amatissimo Dorset, che ha visto nascere il primo nucleo dei King Crimson e mi viene in mente un aneddoto personale. Mi ero recato in un minuscolo villaggio di campagna chiamato Ashmore, e solo dopo esserci stato realizzai che tra i pochissimi abitanti vi erano il direttore di orchestra Sir John Eliot Gardiner e il cantante Gordon Haskell... Da non credere!