
Cinque domande su Freak Out! a Michele Pizzi
Michele Pizzi, autore del libro Frank Zappa for President, ci parlerà del primo album dei Zappa con le Mothers of Invention.
Oggi continuiamo la nostra nuova rubrica di interviste brevi (cinque domande circa) con il nostro caro amico Michele Pizzi, autore del bellissimo libro Frank Zappa for President, testo fondamentale per aspiranti “zappomani” o “zappofili”, dove vengono analizzati in modo estremamente preciso i testi di tutti gli album. Quella di oggi è la prima di una serie di interviste che avranno come tema i singoli album di Zappa a partire dal primo per poi proseguire in ordine cronologico. Si parte ovviamente con l’album d’esordio del 1966, Freak Out!
Valerio D’Onofrio: Freak Out è l’inizio della incredibile carriera e della sterminata discografia di Frank Zappa. Siamo nel 1966 e ha appena ventisei anni. Nonostante questo le ambizioni non gli mancano, ha persino la faccia tosta di esordire con un doppio album (praticamente il primo doppio della storia se si esclude Blonde on Blonde di Bob Dylan pubblicato appena un mese prima). Può considerarsi un’opera ancora immatura, di transizione o Zappa è già quel mix di genio e follia che conosciamo?
Michele Pizzi: FREAK OUT! è senz’altro album compiuto. Ben meditato. Nella sua autobiografia (The Real Frank Zappa Book), Frank racconta che ogni singola canzone di FREAK OUT! “…aveva una sua funzione in un contesto satirico più generale”. In effetti l’album contiene già molti dei temi che costelleranno gli oltre vent’anni della sua carriera artistica: la satira al romanticismo ipocrita e stantio assieme alla critica al sistema, alla censura e a tutti i ‘falsi movimenti’, il tutto sovraimposto e mescolato ad acerbi ma già ben definiti prototipi di ibridazione musicale. Compaiono anche le prime tracce di quella che si scoprirà presto essere il vero, caro, tormentone del Nostro: Wowie Zowie, oltre a rappresentare una delle prime grandi ‘stupid song’ tipiche di Zappa (una canzone “…attentamente costruita per trascinare l’ascoltatore dodicenne dalla nostra parte”, ammette Frank nelle note di copertina), sarà infatti anche l’esclamazione con cui Pamela Zarubica, alias Suzy Creamcheese, commenta il racconto che Ian Underwood fa del suo ingresso nelle Mothers, in un cut-up che compare solo tre anni dopo, su UNCLE MEAT. Nasce così da questi primi ‘semi’ la Continuità Concettuale, il disegno costante (talvolta costruito a posteriori direttamente dai suoi fans) di individuare e definire una coerenza di fondo nel suo “discorso artistico”, attraverso la disseminazione continua di tracce, suggestioni, frammenti che si rincorrono e si accavallano in tutta la sua produzione discografica.
Valerio D’Onofrio: Il critico Bob Levinson lo definì “ottanta minuti di pura spazzatura”. L’accoglienza fu tutta di questo tenore o ci furono opinioni differenti?
Michele Pizzi: Una delle definizioni più buffe di FREAK OUT! che si ritrovano sui giornali dell’epoca è “…uno dei più grandi stimoli al business dell’aspirina dopo l’imposta sul reddito.” Di certo molta critica, non solo musicale, è risultata spiazzata, dal melange provocatorio offerto da Zappa e le sue Mothers. Nell’ambiente più alternativo e ‘freak’ lo si è invece salutato con entusiasmo, arruolandolo, a torto, come si vedrà ben presto dalle sue acide reazioni, nel movimento della ‘controcultura’ e del flower power. La Summer of Love californiana verrà sbugiardata e sbertucciata dì lì a poco, con pezzi come Absolutely Free e Flower Punk (“Ehi Punk, dove stai andando con quel fiore nella tua mano? Beh, sto andando a Frisco per unirmi a un gruppo psichedelico.”), ma peggio accadrà ai più seriosi fan tedeschi, con i quali Frank avrà un difficile confronto, immortalato in Holiday In Berlin (“Un gruppo di teppisti emerse dalla folla. Studenti ribelli, le loro bandiere rosse. Cominciarono a cantare Ho Chi Minh, Ho Ho Ho Chi Minh. A tirare pomodori. E un attimo dopo ci trovammo sotto assedio…”). Il ricordo più sarcastico della serata sarà la medaglia che Zappa consegnerà a ogni componente della band: il “Berlin Survival Award, 1968”.
Valerio D’Onofrio: Freak Out viene pubblicato in piena epoca psichedelica, Jefferson Airplane, Grateful Dead, The Doors. Quali sono i rapporti di Zappa con la Scena musicale di San Francisco?
Michele Pizzi: Zappa avrà poco o nulla da spartire, con questi gruppi, se non la casualità di calcare lo stesso stage in qualche serata o in uno dei mega-raduni dell’epoca. Per riprendere quanto scrivo nel mio libro in merito a Who needs the Peace Corps?: «L’enorme diffusione degli stupefacenti all’interno del movimento è uno dei tanti motivi per cui, mentre la controcultura diventa fenomeno di massa, Zappa se ne allontana clamorosamente, riversandole addosso un intero album di acida (!) ironia [WE’RE ONLY IN IT FOR THE MONEY]. La cultura della droga è quanto di più lontano dalla sua mente: la sua musica è una costruzione lucida, precisa, ha ben poco a che vedere con l’improvvisazione geniale ma pressoché istintiva dei tanti alfieri della psichedelia californiana. Ai suoi occhi – e nella sua concezione della musica di avanguardia – richiede un ascolto attento e partecipato che non può essere appannaggio dei cultori dello sballo.
Ma quello che più suscita il suo astio nei confronti degli hippie è la sensazione di un’irrimediabile perdita di autenticità, in favore di un simbolismo astratto, di un “look” (le perline, le fasce per raccogliere i capelli, ovviamente lunghi), facilmente trasformabile in mero gadget commerciale; la percezione dell’assenza di un progetto, del desiderio di cambiare la società, in favore di un suo semplicistico rifiuto, la “non belligeranza”, che porterà fatalmente alla dissoluzione di un movimento fornito di grandi ideali ma scarso spessore politico.
La massima aspirazione dell’hippie, sembra affermare Zappa, è diventare manager di una rock band per sentirsi parte, almeno come gregario, del movimento. Dopotutto, We’re only in it for the money… »
Valerio D’Onofrio: Parliamo di alcuni dei brani più significativi, concentrandoci maggiormente sui testi. Il primo brano di FREAK OUT! è la famosa Hungry Freaks. Chi sono i Freak affamati descritti da Zappa e soprattutto cosa vogliono?
Michele Pizzi: Per Zappa -almeno per lo Zappa del 1966- sono gli autenticamente “diversi”, quelli che rinunciano davvero al Sistema, rifiutano di omologarsi per prendere in mano il proprio futuro. Nelle note di copertina Frank incita a “… [mollare] la scuola, prima che la tua mente marcisca per l’esposizione al nostro mediocre sistema educativo. Scordati il tuo diploma e vai in biblioteca a istruirti da solo, se hai le palle.” Un messaggio che riprende la sua stessa esperienza di autodidatta e self-business man. Diciamo che i freaks, sono in primo luogo il frutto stesso del Sogno americano, coloro che ne “rifiutano la filosofia da Grande Magazzino” e “non hanno paura di dire ciò che pensano”. In altre parole, gli esclusi dalla Grande Società, quell’insieme di ambiziosi programmi statali promossi da Lyndon B. Johnson a partire dal 1964 e destinati, nelle intenzioni del Presidente degli Stati Uniti, a sradicare la povertà e la discriminazione razziale dal paese. Un programma in realtà ambiguo che da un lato mirava alla costruzione di una società stereotipata e (per dirla alla Frank) ‘di plastica’ e dall’altra disvelava i suoi limiti e le sue contraddizioni con il contemporaneo enorme sviluppo delle spese militari a sostegno della tragica guerra in Vietnam.
Valerio D’Onofrio: Un brano molto importante, a mio avviso, è Who are the brain police? Credo sia uno dei brani più psichedelici scritti da Zappa. Chi sono i poliziotti della mente?
Michele Pizzi: Frank Zappa e Ray Collins (coautore del brano) ci invitano a interrogarci su chi sta controllando le nostre menti, in modo sottile e spesso subliminale, anche attraverso la musica. Una intuizione che non perde certamente forza con il passare del tempo. In un’intervista a Bob Marshall dell’ottobre 1988 Zappa ribadisce e amplifica il concetto: «Un sacco di gente sottopone a un controllo poliziesco la propria mente. Sono come cittadini militarizzati, per così dire. Ho visto persone che volentieri arresterebbero e punirebbero il loro cervello. È una cosa davvero triste. […] È come se se lo imponessero da soli. È difficile ricondurre la cosa a un’Agenzia Centrale quando ti rendi conto che così tanta gente desidera farlo autonomamente. Intendo la gente che vuole diventare un poliziotto mentale fai-da-te, il loro numero cresce ogni giorno: gente che dice a se stessa “non posso nemmeno prendere in considerazione questa cosa” e si autoflagella per essere andato così “oltre”. Così, non puoi nemmeno prendertela con un’‘Agenzia’ centrale di polizia. C’è così tanta gente che volontariamente si assoggetta a quest’automutilazione.» Un’opinione che -detto per inciso- sicuramente non perde certo di attualità anche in questo nostro terzo millennio e non riguarda solo il paese a Stelle e Strisce…
Valerio D’Onofrio: In The Return Of The Son Of Monster Magnet appare per la prima volta il personaggio di Suzy Creemcheese. Cosa rappresentava per Zappa questo personaggio?
Michele Pizzi: Uno dei primi, divertenti e irriverenti personaggi creati da Zappa. Per spiegarne il significato credo si possa tranquillamente prendere a riferimento l’Internet Urban Dictionary che ne contiene una breve definizione, a testimonianza di come un personaggio nato quasi per caso abbia penetrato una certa parte dell’immaginario collettivo: “Suzy Creamcheese: da Frank Zappa, indica una ragazza ingenua o vacua oppure una donna di bell’aspetto priva di sostanza o intelligenza”. ‘Creamcheese’ nella parlata californiana dell’epoca significava anche semplicemente “ragazza sexy”. Per Frank era l’icona della donna senza personalità che vive solo all’ombra -o alla luce riflessa- della star di turno. L’emblema di un’intera generazione alla perenne ricerca di nuove dimensioni da scoprire, nuove droghe da provare, nuove marce di protesta alle quali partecipare, con l’unico scopo -fine a sé stesso- di “esserci”. Allo stesso tempo, con la sua solita buona dose di ambiguità, Frank ha utilizzato questa creazione fittizia a fini di self-marketing, amplificandone la presenza con finte lettere ai giornali, frammenti sonori prestati da amiche compiacenti, ragazze ingaggiate per impersonarla fisicamente durante le conferenze stampa. Come spesso gli accadeva, partendo da un’intuizione, un gioco più o meno triviale, arrivava a costruirci attorno un piccolo mondo e, ovviamente, tanta buona musica…
Grazie tante Michele per le informazioni e idee che ci permetti di conoscere e magari di approfondire. Non posso far altro che consigliare ancora l’acquisto del libro Frank Zappa for President. Segnalo inoltre la bella iniziativa di Michele che organizza una cena zappiana a Milano il 31 Ottobre.
Ecco i link:
Per informazioni sulla cena del 31 Ottobre.
Per l’acquisto di Frank Zappa for President.
Le altre puntate di Cinque domande a.
Antonello Cresti: La psichedelia inglese.
Antonello Cresti: Third Ear Band
Antonello Cresti: Black Widow
Michele Pizzi: L’esordio di Frank Zappa, Freak Out!
Antonello Cresti: Claudio Rocchi
Antonello Cresti: Il periodo sperimentale di Franco Battiato