
Cinque album del 2016 consigliati da Donato Zoppo
Abbiamo chiesto al nostro caro amico Donato Zoppo – giornalista-scrittore-conduttore radiofonico e chi più ha più ne metta – di stilare la “propria” classifica personale sui dischi usciti in questo 2016 che giunge al termine. Ecco l’articolo appositamente scritto per noi e …. buona lettura. I suoi cinque album sono:
- The Claypool Lennon Delirium – Monolith of Phobos
- Giovanni Sollima – Sonate di Terra e di Mare
- Fabrizio Poggi – Texas Blues Voices
- Wowenhand – Star Treatment
- The High Llamas – Here Come The Rattling Trees

Donato Zoppo
Non è semplice stilare una classifica dei migliori dischi dell’anno. Soprattutto per chi, come me, ascolta musica per mestiere (anche se con tanta passione): nel 2016 ho ascoltato, trasmesso e recensito centinaia di dischi italiani e stranieri, ho compilato i miei “best 2016” per varie testate e sto terminando lo specialone che andrà in onda sulla mia Radio Città BN il 30 dicembre, un contenitore di 4 ore ovviamente dedicato alle migliori uscite del 2016…
Agli amici di Psycanprog preferisco segnalare cinque album che ho apprezzato in ordine sparso, fuori da classifiche tematiche, da successioni numerate e preferenze personali. Cinque titoli di varia natura che mi hanno colpito e che non ho menzionato altrove accanto ai miei amati Van Morrison, Santana, Rolling Stones, Glenn Hughes e David Crosby, accanto a titoloni come David Bowie, Leonard Cohen, Nick Cave e Iggy Pop.

The Claypool Lennon Delirium – Monolith of Phobos
Partiamo con un album delizioso, Monolith of Phobos del duo The Claypool Lennon Delirium (ATO Records). Un album “di genere”, delizioso proprio per questa sua adesione al canone, come Tarantino che rifà un western, per intenderci. Sean Lennon e Les Claypool sono due musicisti che per estrazione, ascolti e pratiche musicali hanno un’idea dettagliata di cosa sia la psichedelia, benché nelle rispettive discografie non ci siano titoli esplicitamente e totalmente devoti all’acid rock. Tuttavia Monolith of Phobos sembra uscito dai bei vecchi tempi dei Pink Floyd barrettiani, dei Gong, della swingante Londra sotterranea di metà anni ’60. Un album folleggiante, con una fragranza retrò tutta sua, ma senza ghirigori inutili, senza prendersi troppo sul serio. Anzi…

Giovanni Sollima – Sonate di Terra e di Mare
Si va in Italia, in Sicilia, a Palermo, per un’esperienza, più che un album; un manifesto programmatico, più che un’opera. Si tratta di Sonate di Terra e di Mare (Almendra Music): mi piace chiamarlo un “lavoro concentrico”, perché al suo interno ruotano storie, vicende, vita vissuta e desideri artistici. Qualche anno fa un team di giovani compositori palermitani affidò al violoncello di Giovanni Sollima un lotto di brani che avevano nell’estro del Divo, nel talento degli autori e nel visionario intervento digitale di Luca ‘Naiupoche’ Rinaudo il filo conduttore che portò alla nascita di Almendra. La indie-label palermitana ha pubblicato questo disco eccellente quanto sfaccettato: musica colta che incontra l’elettronica, pulsazioni indie-classical per un lavoro unico nel suo genere, indipendente sul serio, non per moda nè per vanto.

Fabrizio Poggi – Texas Blues Voices
Ancora Italia. Anzi a guardare bene, qui di Italia c’è proprio pochissimo, se non l’autore e ‘a “cazzimma” (nel senso migliore del termine). Fabrizio Poggi, come il Sollima di cui sopra, non ha bisogno di presentazioni: dalla star del violoncello classico alla star dell’armonica blues. Due figure che, in modo diversissimo ma curiosamente complementare, contribuiscono a rendere l’Italia una “potenza culturale”, per citare le ‘mille Italie’ del recente libro di Franz Coriasco. Con Texas Blues Voices (Appaloosa Recordings) il musicista lombardo si è abbeverato direttamente alla fonte del blues texano, con fonti e materiale di prima mano portato coerentemente fin dentro lo studio: Carolyn Wonderland, Ruthie Foster, Mike Zito, W.C. Clark e molti altri ospiti hanno arricchito questo scoppiettante album di blues al fulmicotone. Autentico e credibile, forse proprio perché italiano.

Wowenhand – Star Treatment
I dischi citati finora, per quanto ispirati e compiuti, sono molto più “masticabili” di uno degli album più oscuri e sotterranei del 2016. Mi riferisco a Star Treatment (Glitterhouse), nuova uscita – la nona credo – dei Wovenhand. Un disco che ho annusato, osservato, assorbito ancor prima di ascoltarlo. È un fatto di simbologie messe in campo, inutile parlarne: tocca meditare e poi ascoltare, come accadde più di trent’anni fa a chi si tuffò per la prima volta nell’oceano di copertina dell’Era del Cinghiale Bianco. Post-punk desertico e sciamanico, che solo una figura americana – tra il gotico e il folkster, lo stregone e il neo-Morrison – come David Eugene Edwards sa calare in un percorso rituale.

The High Llamas – Here Come The Rattling Trees
Siccome i dischi che escono a inizio anno sono sempre un po’ sfigati, vesto i panni del Vendicatore per conto del Dio della Musica e chiudo lo show con Here Come The Rattling Trees (Drag City). È l’undicesimo album di una band storica, The High Llamas: li si aspettava da cinque anni e sono tornati con un lavoro inconfondibile. Non certo il loro migliore disco, ma fortemente in linea con la loro storia: quella di un art-rock barocco ma mai e poi mai tronfio, curiosamente leggiadro e aperto a qualche piccolo imprevisto strumentale che pizzica quel gonfiore tipo zucchero filato. Un bel profluvio melodico per ricordare che il 2016 è cominciato proprio nel 2016.