
Cinque album del 2015 consigliati da Enrico Ramunni
La seconda intervista dedicata ai migliori album del 2015 è con un collaboratore storico della famosissima rivista Rockerilla, Enrico Ramunni. Già nel 2014 Enrico ci aveva dato i suoi consigli e anche quest’anno non manca di spaziare dal progressive al post-rock, dal misticismo al ritorno di “eroi” degli anni ottanta. I suoi cinque album sono:
- PAOLO ANGELI – S’û
- PAOLO TOFANI – Real Essence
- NOT A GOOD SIGN – From a Distance
- GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR – Asunder, Sweet and Other Distress
- JOE JACKSON – Fast Forward
Valerio D’Onofrio: Ciao Enrico, piacere di incontrati ancora dopo un anno. Il 2015 che giunge ormai al termine si è concluso con i terribili accadimenti parigini che hanno sconvolto il mondo intero. ei ottimista per il futuro o vedi un futuro ancora più difficile?
Enrico Ramunni: Il futuro è difficile per definizione e il mondo è un posto pericoloso da sempre. Gli accadimenti di Parigi (e di Beirut, e del Mali, e di tutti i luoghi delle stragi che periodicamente si abbattono su cittadini inermi, che vi siano occidentali o meno) mi preoccupano meno del continuo tergiversare delle misure sul clima. Questo perché i seminatori di guerre faranno sempre tante vittime, ma avranno un effetto limitato nel tempo; se invece ci giochiamo il pianeta come luogo abitabile dall’umanità, potremmo non avere modo di ripensare alle nostre azioni, o inazioni.
Valerio D’Onofrio: Invece da un punto di vista delle musica come definiresti quest’anno? Quali sono stati i criteri delle tue scelte dei 5 album?
Enrico Ramunni: Un anno di sintesi, più che di rivoluzioni. E un anno di forte rinascita spirituale, come dimostrano in forme diverse, più o meno esplicite, le scelte di Paolo Angeli, di Tofani, dei gy!be
Valerio D’Onofrio: La tua prima scelta è di un musicista italiano, Paolo Angel con il suo ottavo album S’û. Cosa ti è piaciuto di quest’album?
Enrico Ramunni: Il fatto che il magistero tecnico (sia dello strumentista virtuoso che del liutaio che lo dota di strumenti dal fascino straordinario) non prevalga mai sulla straordinaria poesia delle sue riflessioni sonore. C’è una mistica della natura dietro l’eloquio chitarristico di Angeli che fa piacevolmente dimenticare quanto sia dotato come esecutore.
Valerio D’Onofrio: Restiamo ancora in Italia, ma in versante più “orientale” con Paolo Tofani degli Area, artista che negli anni ha collaborato con musicisti del calibro di John Cage e Don Cherry.
Enrico Ramunni: In Italia fino a un certo punto, perché l’ex chitarrista dell’International Popular Group ha sempre avuto uno sguardo oltre qualunque confine… qui la spiritualità è ovviamente più esplicita e fa riferimento alla tradizione indiana, tradotta però in termini molto personali. Un linguaggio distante dalla nostra quotidianità diventa così un veicolo di comunicazione immediata anche per gli ascoltatori meno avvezzi.
Valerio D’Onofrio: Con i Not A Good Sign ci spostiamo decisi verso il progressive. Gli epigoni del prog rock riescono ancora a dirci qualcosa, vanno oltre il semplice omaggio ai vecchi eroi degli anni settanta?
Enrico Ramunni: Molti di loro no, ma i Not A Good Sign sono assolutamente protesi verso una musica realmente “in progress”, che con il passato fa i conti ma solo come punto di partenza. E poi alle loro radici non c’è solo il prog classico della P.F.M., se ascolti i loro dialoghi cameristici di oboe, pianoforte, vibrafono cogli anche quella matrice R.I.O. (Univers Zéro, Art Zoyd) che proviene dal loro “lato Yugen”. Questa combinazione di elementi li rende emozionanti, e conferma che viviamo un periodo di sintesi, più che di linguaggi totalmente nuovi.
Valerio D’Onofrio: Ritengo i Godspeed You Black Emperor tra i più grandi musicisti degli ultimi 20 anni, non solo in termini di musica ma anche nella loro capacità di creare una colonna sonora del tempo di cui siamo abitatori, della modernità. Sei d’accordo? Cosa ti ha colpito di “Asunder, Sweet and Other Distress”?
Enrico Ramunni: Hai detto praticamente tutto! Sono la colonna sonora di un mondo che contempla estasiato il suo processo di disfacimento, l’orchestra del Titanic in versione post-rock. I loro paesaggi di fuliggine mi ricordano i quadri di Maria Helena Vieira da Silva, la mia pittrice preferita. Di Asunder… mi ha il colpito il contrasto tra due tracce di drone austero e implacabile e due cattedrali sonore riverberanti, epiche e solenni.
Valerio D’Onofrio: Chiudiamo con un protagonista molto eclettico del rock anni ottanta, Joe Jackson, che ancora oggi, dopo il suo omaggio a Duke Ellington, riesce a registrare album molto apprezzati. Cosa ha ancora da dirci il “vecchio” Joe?
Enrico Ramunni: Ci dice che, per quanto sia giusto cimentarsi con tutto ciò che ti incuriosisce, ci sono cose per cui hai un talento naturale che faresti bene a coltivare. Se Joe Jackson mette da parte le velleità accademiche e scrive semplici canzoni, è il più bravo di tutti o poco ci manca. Nulla di nuovo anche qui (pur se la cover dei Television è semplicemente geniale), ma non è sempre necessario, quando hai un talento simile.