
Cinque album del 2014 consigliati da Antonello Cresti
Cinque domande, cinque album, cinque consigli, cinque spunti di riflessione con Antonello Cresti
Iniziamo una serie di interviste che ci daranno la possibilità di conoscere e approfondire i migliori album pubblicati nel 2014. Antonello Cresti non ha più bisogno di presentazioni su Psycanprog, ma non possiamo non ricordare e consigliare l’acquisto del suo ultimo saggio Solchi Sperimentali che sta riscuotendo un grande e meritatissimo successo. I cinque album scelti da Antonello sono (in ordine casuale):
- LINDA PERHACS “The Soul of all natural things”
- GONG “I see you”
- MARK FRY “South Wind, Clear Sky”
- EUGENIO FINARDI “Fibrillante”
- VASHTI BUNYAN “Heartleap”
Valerio D’Onofrio: Ciao Antonello, partiamo dalla tua prima scelta. Linda Perhacs torna a produrre un nuovo album dopo addirittura 44 anni dal suo esordio e ci riporta ad una tua antica passione mai sopita, la musica folk. Perchè questa scelta?
Antonello Cresti: Quello di Linda Perhacs è stato davvero un cd, un ritorno, che non mi aspettavo. E forse tra i “vecchioni” che segnalo in questa mia classifica è forse la cosa che mi ha colpito di più, perché è rimasta inalterata la dimensione autoriale, tra folk e psichedelia, ma la produzione è abbastanza levigata, “pop”, per non apparire una operazione di mera nostalgia. Secondo me due o tre brani di questo album sono davvero notevoli!
Valerio D’Onofrio: I Gong sono un gruppo storico che non ha bisogno di presentazioni. Daevid Allen, nonostante l’età, riesce sempre a stupirci e la sua mente ci appare molto più giovane e rivoluzionaria di tanti “giovani” o presunti tali. Cosa ci dici del loro ultimo lavoro?
Antonello Cresti: Non ci è dato sapere se questo sarà il canto del cigno di Daevid Allen, che sta attualmente lottando contro un tumore. Ma se malauguratamente fosse così si tratterebbe di un gran finale! “I see you” secondo me supera il precedente “2032”, anche per la scelta di affidarsi a musicisti più giovani che potessero rinvigorire il sound della band. Ne è uscito fuori un lavoro vario, denso di intuizioni liriche, al passo coi tempi, ma sempre maledettamente riconoscibile. E quel finale con la programmatica “Thank you” è davvero da brividi…
Valerio D’Onofrio: Mark Fry è stato l’autore di un album fondamentale, quel Dreaming with Alice (1972) che è un piccolo gioiellino di folk psichedelico. Nel 2014 torna con South Wind, Clear Sky. Cosa è cambiato dopo 42 anni?
Antonello Cresti: La vicenda di Mark Fry l’ho sempre trovata affascinante, foss’altro perché il suo cd storico fu registrato durante la sua permanenza fiorentina, da studente di Belle Arti. Qualche anno fa, nel 2008, Fry aveva tentato il ritorno con un album secondo me troppo spoglio e troppo ancorato alla tradizione americana. In questo caso però compaiono morbidi e riuscitissimi arrangiamenti a valorizzare la voce non troppo espressiva dell’autore. E ritorna la magia. Un lavoro questo più dolente e nostalgico, ma di grande classe.
Valerio D’Onofrio: Andiamo in Italia con una sorpresa assoluta. L’autore, Eugenio Finardi, lo ha definto “Un disco di lotta contro un nuovo Medioevo”. Cosa ti è piaciuto dell’album?
Antonello Cresti: Non lo nego, mi sono riconosciuto ideologicamente in questo album, pieno di spunti sinceri e incazzati quanto basta. Ma quello di Finardi è davvero un ritorno sorprendente, che per molti versi riecheggia in maniera riattualizzata i fasti del “Finardi classico”, quello della “Musica ribelle”. Relativamente al panorama italiano non ho dubbi nel ritenerlo il lavoro di canzoni più riuscito del 2014.
Valerio D’Onofrio: Per ultimo, ma non meno importante, un lavoro molto apprezzato su siti e riviste specializzate. Il ritorno di Vashti Bunyan, una delle migliori autrici folk femminili, col nuovo Heartleap.
Antonello Cresti: Ho inserito questo album per devozione verso la grande artista e perché – pare – questo sarà il suo ultimo lavoro. Ma ti confesso che l’impatto di “Lookaftering” nel 2005 fu per me decisamente maggiore. Non c’è nulla di sbagliato o fuori posto in questo lavoro però tutto scorre via un po’ troppo senza lasciare traccia. Resta però che ascoltare quella voce, quelle parole sia una delle migliori esperienze di ascolto notturno che si possano immaginare.
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