
Francesco Schianchi: “Ripensiamo l’utopia del Parco Lambro”
Antonello Cresti intervista Francesco Schianchi, organizzatore della Festa del Proletariato Giovanile, Parco Lambro 1976
Anche l’Italia ha avuto la sua piccola Woodstock: per tre anni, dal 1974 al 1976, presso il Parco Lambro di Milano si tenne un festival, definito “del proletariato giovanile”, che mise in scena, anche in maniera ingenua e contraddittoria, le mille anime dei movimenti extraparlamentari dell’epoca. Ma anche tentò una esperienza comunitaria dalle dimensioni ancora sconosciute al nostro paese e, soprattutto, fotografò in maniera eccellente lo stato creativo della scena musicale dell’epoca, con una serie di esibizioni passate alla storia. Su queste vicende è da poco uscito un volume Libro Lambro (ed. Aereostella, pp. 186, euro 18,00) nel quale si confrontano Francesco Schianchi, tra gli organizzatori del festival e Franz Di Cioccio, membro della PFM e protagonista musicale di quella esperienza, con una prefazione di Moni Ovadia. Il significato dell’operazione, come ci ha detto Schianchi, è “rendere contemporanee le pulsioni di un passato quanto mai presente…”
Antonello Cresti: Partiamo dalla fine: quale può essere l’insegnamento di una esperienza come quella del Parco Lambro?
Francesco Schianchi: Molteplici sono gli insegnamenti provenienti da questa straordinaria stagione di eventi, di esperienze di utopie.
In ordine sparso: le persone esprimevano un profondo desiderio di “riprendersi la vita”, non tanto le cose. Purtroppo anche la sinistra extraparlamentare non ha capito questa “profondità” e ha continuato a offrire proposte superficiali. La politica “ufficiale” ,in sintesi, utilizzava la sociologia e non l’antropologia: una grave mancanza che ha costantemente immiserito e banalizzato la sua missione…Ieri come oggi. Questa esperienza inoltre ci consegna una riflessione importante: se si vuole essere in sintonia con il proprio tempo è necessario essere contemporanei, ossia affrontare la vita autentica delle persone che rappresentava allora come oggi il reale “centro di gravità permanente” in grado di modificare” lo stato delle cose presenti.
Antonello Cresti: Il giudizio sugli anni settanta, come sappiamo, è estremamente dividente. E lo stesso riguarda ci ho che si è scritto e detto sul Parco Lambro. Tutti però concordano sulla qualità degli eventi musicali ed artistici messi in campo. Quale fu, creativamente parlando, quello che tu consideri il momento simbolo del festival?
Francesco Schianchi: Non riuscirei ad individuarne uno in particolare, ma forse è stato il Parco Lambro stesso ad essere l’elemento simbolico, il contenitore-contenuto, una esperienza separata fisicamente, ma capace di invadere con la sua creatività, ogni “piega” della realtà. Il Parco Lambro ha concretizzato il concetto di Eterotopia, creato da Michel Foucault per indicare «quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l’insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano».
Antonello Cresti: Parco Lambro fu anche il tentativo di mettere assieme le storie, le esigenze, i particolarismi dei mille attori dell’universo della sinistra extraparlamentare degli anni settanta. Tra tutte le anime faticosamente coinvolte quale era quella che sentivi e che senti più vicina?
Francesco Schianchi: L’esigenza di alcuni di noi, tra cui inserisco il mio amico Gigi Noia, che ha organizzato con me il Parco Lambro e che troppo presto se ne è andato,era quella di capire nel profondo il proletariato giovanile. Non era certo ciò che stava alla base dell’universo della sinistra extraparlamentare. Qui il fine era la militanza, il tesseramento,il finanziamento dell’attività politica: tutto il resto era strumentale. Dunque non c’era un’anima più vicina di altre, ma il desiderio di ascoltare, assieme alla volontà di creare un spazio per fare incontrare vite, sogni, miserie ed illusioni.
Antonello Cresti: Viste le caratteristiche liquide, sradicate di questa società e soprattutto del mondo giovanile che essa esprime, una esperienza comunitaria come quella messa in atto da voi sarebbe quantomeno auspicabile. Cosa potrebbe rendere possibile un nuovo Parco Lambro che non si limiti ad una esperienza puramente reducistica o nostalgica?
Francesco Schianchi: Un nuovo Parco Lambro è impossibile, irrealizzabile. Siamo in mondo dove cresce la Weconomy, l’economia del noi. Se qualcuno volesse pensare ad un nuovo Parco non potrebbe che essere la “espressione” creativa ed immaginativa di questa nuova cultura: essere il risultato di un progetto, pensato, organizzato e vissuto dalle stesse persone che, dal 1976, hanno iniziato il cammino che le ha portate dall’essere destinatari/fruitori/utenti/consumatori in soggetti, attori, protagonisti. In tutto e per tutto.