
Univers Zero | 1313 (1977)
Alle origini del Rock in Opposition, l'iconoclastico esordio dei belgi Univers Zero, tra avanguardia e tradizione.
Uno degli episodi più interessanti per quanto concerne il “Rock in Opposition” (RIO) è quello incarnato dai belgi Univers Zero, le cui origini risalgono al 1974, quando il batterista Daniel Denis forma il primo nucleo della band assieme a Roger Trigaux (chitarra), Christian Genet (basso), Michel Berckmans (fagotto, oboe), Marcel Dufrane (violino), Patrick Hanappier (violino, viola, violoncello) ed Emmanuel Nicaise (harmonium, spinetta). Già dall’insolita formazione a sette elementi, si può evincere come gli Univers Zero rappresentino un vero e proprio ensemble rock, capace di produrre una musica talmente innovativa da impostare il tono della maggior parte del futuro RIO. Il moniker dalla band deriva, infatti, da un’antologia di racconti di fantascienza dello scrittore belga Jacques Sternberg, epiteto che viene coniato dai componenti dopo la loro permanenza in due gruppi dal nome ispirato a H.P. Lovecraft, gli Arkham e i Necronomicon; permane comunque la suggestione dello scrittore statunitense in tutta la loro musica, il cui cosmico oblio, la profonda misantropia ed il linguaggio spesso ermetico, si combinano alle influenze più strettamente musicali di alcuni dei compositori maggiori del XX secolo, quali Bela Bartok, Igor Stravinsky, Gyorgy Ligeti e Sergei Prokofiev, senza dimenticare nel mezzo il belga Albert Huybrechts. Proprio per questa vasta rete di ascendenze classiche, forse il termine “musica da camera post-moderna” sarebbe quello più adatto a definire il sound di questa strana creatura, i cui parallelismi coevi si possono riscontrare soltanto in certi sonori atti vandalici dei Magma, nel libero approccio degli Henry Cow o nell’umorismo colto di Frank Zappa. Gli Univers Zero hanno tuttavia un’arma segreta nel loro arsenale: si tratta del talentuoso batterista Daniel Denis, che con le sue schizofreniche poliritmie firma a tempi dispari il sound della band, in costante mutamento tra d’avanguardia rock e la musica colta, in cui la strumentazione classica si appropria di stili frammentari e mai univoci, sfociando in qualcosa di controverso e paradossale che, in realtà, non era ancora esistito in nessun altro luogo.

Univers Zero
Nel 1977, anno dell’esplosione del punk, gli Univers Zero pubblicano così il loro album di debutto omonimo, che passerà alla storia con il nome 1313. Per certi versi è un disco ancora più ribelle dei primi atti punk, in cui non ci sono proclami apertamente iconoclastici, nessun “no-future” gridato a pieni polmoni, eppure l’ethos il medesimo, giacché la loro musica riesce comunque a sovvertire strumentalmente le regole del rock senza bisogno di parole. Già dalla prima traccia, “Ronde“, coi suoi quindici minuti cuciti su un telaio di archi e fagotto tramite una marziale scansione del ritmo, si capisce che abbiamo di fronte qualcosa di totalmente rivoluzionario. L’arcigna “Carabosse” (la fata cattiva della “Bella Addormentata”) mescola poi la cultura gitana al fatalismo di Tchaikovsky, mentre la psicosi omicida di “Docteur Petiot“, coi suoi ciclici riff, rimanda maggiormente a certe sonorità rock, con la band che lentamente si lascia andare alla deriva verso l’oscurità più profonda, rivivendo con ansia le vicende di un noto medico e serial-killer francese della Seconda Guerra Mondiale.
Se la prima parte di 1313 è perlopiù appannaggio di Daniel Denis, il secondo lato si apre con la firma di Roger Trigaux, la cui concezione sonora è chiaramente molto più incline allo spirito Zeuhl dei Magma. Così, se nel rituale pagano di “Malaise” a emergere è la componente chitarristica che dà vita ad una diabolica danza balcanica, in “Complainte” si ha, infine, un finale spaventosamente cinematografico, che conclude un’esperienza di ascolto terrificante ma anche altamente stimolante, per certi versi paragonabile soltanto ad un apocalittico dipinto di Hieronymus Bosch.
Un anno più tardi, gli Univers Zero si uniranno ad altri quattro gruppi provenienti da diversi Paesi – Henry Cow, Etron Fou Leloublan, Samla Mammas Manna e i “nostri” Stormy Six – per impostare i canoni del movimento del “Rock in Opposition” contro le logiche commerciali delle case discografiche. Dopo 1313, fondato sull’iconoclastia della tradizione classica e rock, gli album successivi li vedranno così spingere i propri limiti verso i confini dell’avant-prog, a cominciare dal loro “eretico” capolavoro, Heresie.