
13th Floor Elevators | The psychedelic sounds of the 13th Floor Elevators (1966)
Austin era senz’altro la città adatta a dare l’abbrivio alla musica psichedelica, per le sue feste, per le locandine che tappezzavano la città, per le tipografie che le stampavano e che stampavano dei bei disegni non solo astratti ma visionari con immagini e tinte molto forti, che verranno in seguito ripresi anche a San Francisco ed in tutto il mondo rock psichedelico e progressivo. The psychedelic sounds of the 13th Floor Elevators, il primo disco di musica psichedelica della storia, nasce in questa piccola cittadina del Texas.
La storia del gruppo musicale 13th Floor Elevators inizia nel 1965 ad Austin in Texas quando Tommy Hall e sua moglie Clementine unificano in una sola band tre formazioni di ottimi musicisti e tuttavia poco note: i Conqueroo, dai quali proveniva lo stesso Tommy e Powell St. John compositore di alcuni loro brani; gli Spades, dai quali proveniva il cantante e chitarrista Roky Erickson; e i Lingsmen, dai quali provenivano il bassista Benny Thurman, il batterista John Ike Walton e il chitarrista Stacy Sutherland. Questi musicisti trascorsero un week-end in casa dei coniugi Hall consumando massicce dosi di acido lisergico e dando vita ad una lunghissima jam session: il risultato piacque molto a Clementine Hall, che subito battezzò il gruppo appena nato 13th Floor Elevators. Al marito Tommy venne in mente di elettrificare la “Jug” (strumento orientale a forma di bottiglione in cui soffiare e che taluni sostengono cambiare suono a seconda della quantità di marijuana che ci si mette dentro per fumarla).
Austin era senz’altro la città adatta a dare l’abbrivio alla musica psichedelica, per le sue feste, per le locandine che tappezzavano la città, per le tipografie che le stampavano e che stampavano dei bei disegni non solo astratti ma visionari con immagini e tinte molto forti, che verranno in seguito ripresi anche a San Francisco ed in tutto il mondo rock psichedelico e progressivo. Queste riflessioni trovano il loro fondamento anche nella vita di Janis Joplin, che immaginiamo accompagnarci per i locali di ritrovo di quella città (e l’avremmo desiderato come non si può dire) per ascoltare musica e magari per una partita a biliardo, ci fa respirare la sua atmosfera, in definitiva ci lascia intravedere cosa accadeva a pochi chilometri dalla Lousiana, dal Delta, in un luogo cioè dove si mescolavano i ritmi blues con la musica bianca, con il cajun. In questo sfondo si muovono appunto le prime band psichedeliche, quelle garage band piene di birra e LSD, marijuana e Southern Confort, suoni duri, grezzi, acidi, strumenti improvvisati e spesso ammaccati, occhi cerchiati di rosso e ragazze amorevoli, riff ipnotici e suoni da cui traspare il languore indotto dal “fumo”.
Il 15 gennaio 1966 la prima esibizione ufficiale dei 13th Floor Elevators a La Maison di Houston dove riscossero un buon successo e giudizi positivi. Alcuni giorni dopo tutta la band, ad eccezione di Benny Thurman, viene arrestata per possesso di marijuana e rilasciata dietro cauzione di 1.000$. Il Texas, infatti, aveva leggi abbastanza restrittive in materia e tuttavia l’incidente non incrinò la reputazione del gruppo. I 13th Floor Elevators pubblicarono, poco dopo, il singolo You’re gonna miss me, pezzo scritto ed eseguito da Rocky Erickson già dai tempi degli Spades, che salì rapidamente nelle classifiche tanto da indurre la piccola etichetta International Artists, ha cedere i diritti per la distribuzione nazionale alla Hanna & Barbera Records, e sempre nello steso anno si esibirono in un benefit insieme a Janis Joplin ed altri musicisti minori. Il 1966 è soprattutto l’anno del loro disco d’esordio The psychedelic sounds of the 13th Floor Elevators, primo disco di musica psichedelica della storia. Da autentici psiconauti, loro tentarono di realizzare nella musica la rivoluzione sensoriale indotta dall’LSD che indurrebbe addirittura a “ridiscutere la divisione aristotelica delle conoscenze umane” come si legge nelle note di copertina dell’Lp.
Per raccontare una curiosità potremmo aggiungere che nel giro di pochi mesi, nel 1966, altri due dischi porteranno nel proprio titolo il termine “psichedelico”: nell’aprile uscirà The Psychedelic Moods of The Deep dei The Deep, disco creato ed elaborato in studio da Rusty Evans, quindi una non-garage band, e poi Psychedelic Lollipop dei Blues Magoos e tuttavia la 13th Floor Elevators era una band al di sopra della media con un livello davvero raro d’intensità espressiva. La voce di Roky Erickson è forte e convincente, sia se grida come un James Brown lisergico sia se mormora silenzioso; la chitarra di Stacy Sutherland è ricca di invenzioni melodiche senza eroismi inutili, una vera delizia da ascoltare; e questo senza neanche raccontare della “brocca elettrica” di Tommy Hall che egli suonava avvicinando le labbra all’apertura facendole vibrare, producendo così un suono estremamente particolare, un ibrido fra una fanfara, un minimoog e un tamburo cuica regalando alla band una texture sonora davvero unica.
You’re Gonna Miss Me: fin dall’opener si rivelano le potenzialità e le innovazioni nel linguaggio musicale della band: nella voce di Erickson si fondono forza e risolutezza insieme a tonalità virilmente sensuali, cui l’instancabile tessitura della electrified jug di Hall dona profondità e aggiunge enfasi; sezione ritmica strings and drums strettamente “garage” acida scuote i nervi e prelude al resto che deve ancora venire.
Roller Coaster: brano crepuscolare e lisergico, inizia con cadenza quasi marziale per cambiare presto di ritmo e divenire incalzante sotto la pressione dello jug: chitarra originale e senza eccessi, drumming eccellente di John Ike Walton.
Splash 1: ballata sognante e straordinariamente estatica in cui cessa qualsiasi nevrosi moltiplicata dall’acido per lasciare lo spazio interiore al technicolor delle visioni lisergiche che si risvegliano tutti assieme in Reverberations, stimolante riff di chitarra con Rocky Erickson che si esercita nel ruolo di maliardo ed incantatore capace di mutare il ritmo ed i pensieri nella mente di chi lo circonda.
Don’t fall down: allargare l’area della coscienza e della conoscenza per evitare di cadere (nel vuoto? nella paranoia?), nel brano si svilupperà questa teoria facendo vivere all’ascoltatore l’atmosfera impalpabile di una nebulosa, immergendolo nella luce e nell’ombra di costellazioni colorate ed ambigue. Arrangiamento semplice e memorabile, la band non ricorre mai a trucchi complicati ma elabora idee con grande mestiere e sicurezza.
Fire Engine: una travolgente tempesta in technicolor apre il Lato B, un vero delirio/deliquio di rock’n’roll psichedelico senza compromessi; cantato di Erickson, soffuso ed evanescente, riverberato e sognante, amplificato dalle voci del coro.
Thru the Rhythm: percussioni sinuose e ammalianti seguono gli intrighi del basso su un fondale immaginifico di voci e chitarre sconclusionate. Riffing di chitarra fresco e sbalorditivo, cantato graffiante e aggressivo.
L’evoluzione umana secondo l’electic jug, You don’t know verrà ripreso poi nella melodia arrangiata molto bene, straordinariamente sixtees di Monkey Island.
Accenni biblici in Kingdom of Heaven sembrano suggerire di cambiare, modificare profondamente la definizione di Dio per riuscire a sfuggire ad una fine senza speranza; basso livido e cupo così come la linea della batteria e persino lo jug perde la sua originale letizia, quasi a presagire divini ammonimenti; Erickson messianico.
Il rock’n’roll di Try to hid, gran finale del disco, vibra nella denuncia dell’ipocrisia, della religione dell’apparire, della società “mascherata”.
La band si scioglierà 2 anni dopo a causa delle defezioni di alcuni dei suoi componenti e Roky Erickson verrà internato nell’ospedale psichiatrico di Austin, il Rusk State Hospital, perché, per evitare l’arresto per possesso di droga, affermò di essere un marziano. Ne uscirà quattro anni dopo, frastornato e istupidito da innumerevoli elettro-shock, sostenendo di essere ancora in contatto con gli alieni, manìa che scemò con il tempo e con il miglioramento delle sue condizioni mentali. Fu affidato alla tutela del fratello Sumner e aiutato da parenti ed amici a sopravvivere con la propria musica con concerti e tributi, Rocky Erickson continua ancora oggi la sua modesta attività di musicista e motivo di onore è stata l’iscrizione del suo nome nella Hall of Fame insieme a star di ogni tempo, un incommensurabile omaggio tributato agli eletti. I 13th Floor Elevators erano, in definitiva esattamente quello che raccontavano nelle loro storie musicali, un caleidoscopico viaggio lisergico dove ogni cosa ne suggerisce un’altra, liquida e sfuggente verità del nostro inconscio.