
The Doors | The Doors (1967)
Il primo, immenso, capolavoro dei Doors. Uno dei vertici della psichedelia californiana, americana e mondiale.
I Doors sono stati tra i principali protagonisti di quella stagione musicale americana che, tra il 1966 e il 1969, ha cambiato e stravolto la storia del rock. Il loro primo album è uno dei vertici della psichedelia e del rock in generale. Chi dovesse fare una classifica dei migliori dischi psichedelici non potrebbe non metterlo almeno tra i primi cinque, chi dovesse farla dei migliori dischi della storia del rock non potrebbe non inserirlo tra i primi venti. Questo vale, in parte, anche per il successivo Strange Days, anch’esso album di altissimo livello.
I Doors nascono nel 1965 quando un aspirante regista di nome Jim Morrison, iscritto all’università di Los Angeles, incontra l’ottimo musicista (laureato in Economia) Ray Manzarek. Dopo una breve conoscenza e dopo aver visto che Morrison è anche un ottimo poeta i due decidono di creare una band rock. Ad essi si uniscono il batterista jazz John Densmore e il chitarrista Robby Krieger. Il nome The Doors viene scelto da Jim Morrison, grande appassionato della poesia di William Blake che alla fine del diciottesimo secolo scriveva:« Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è, infinito.», o ancora:«L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa.»
Le poesie di Blake, le idee dello scittore di fantascienza Aldous Huxley, fautore di un uso di allucinogeni che, a suo parere, potesse aprire le porte della percezione, aprire la mente, far andare oltre i cinque umani sensi, insieme agli innumerevoli libri che Jim legge avidamente formano il suo carattere, la sua cultura e la sua mentalità.
Già dal loro primo album i Doors dimostrano una notevole originalità rispetto ai gruppi a loro contemporanei. L’assenza del basso, sostituito dal piano di Manzarek, era già una caratteristica unica. La grande tecnica, il livello artistico altissimo, non gli hanno impedito di diventare un gruppo accessibile anche a chi non fosse esperto di musica. Questo grazie soprattutto ad una notevole capacità comunicativa che li ha contraddistinti da altri musicisti rimasti di nicchia. Ciò gli ha permesso di essere conosciuti ed amati da milioni di persone.
L’esordio è un album sorprendente che si differenzia da quelli dell’epoca d’oro della psichedelia per la forza, la tecnica e la personalità dei componenti del gruppo. Praticamente non c’è un punto debole, tutti i brani sono ispirati, le tastiere psichedeliche di Manzarek erano le più complesse che si potessero sentire in quegli anni, il “guru/sciamano” Morrison declamava versi poetici come mai nessuno aveva ancora fatto. Proprio la personalità di Morrison, capace di scrivere versi che parlavano di vita e di morte, di amore e odio, di sesso, droghe, di viaggi nella mente, di introspezioni, ma allo stesso tempo leader carismatico, “oggetto sessuale” di fan adoranti, sono state una delle cause principali del loro clamoroso successo. La chitarra e la batteria, pur in secondo piano rispetto alle tastiere, erano perfettamente inserite nelle atmosfere disegnate da Manzarek e Morrison.
I capolavori sono tanti, uno su tutti, il tragico finale, The End, un’incredibile psichedelia apocalittica, un caso unico di atmosfere lente ed ipnotizzanti che nonostante la complessità viene compreso ed apprezzato da un numero elevatissimo di ascoltatori. Il brano si divide in più parti che hanno in comune il clima mistico, orientale, ipnotico che descrive una fine che è quasi attesa con ansia. “Questa e` la fine, la mia unica amica, la fine… la fine di tutto cio` che esiste”, sembra quasi che Morrison sapesse già della sua prematura morte e che la bramasse più che averne timore. Il suo viaggio verso l’autodistruzione era appena iniziato. Il ritmo sale vertiginosamente, le atmosfere paurose ed inquietanti si fanno sempre più incessanti, fino alla descrizione dell’omicidio del padre e dello stupro della madre. Uno dei brani migliori di sempre, reso celebre anche dalla colonna sonora di Apocalypse Now (o magari sono stati i Doors ad avere reso celebre il film) .
Altro brano magnifico è la sognante e immaginifica Crystal Ship, un lungo viaggio lisergico nella mente umana, che descrive la fine di una storia d’amore:”Navigando, ci incontreremo di nuovo. I giorni sono luminosi e pieni di dolore. Prima di scivolare nell’incoscienza vorrei un altro bacio”
Altro capolavoro è la famosissima Light my Fire che, partendo da un’idea di Krieger, ci porta in una lunga jam strumentale di tastiera e chitarra che tra psichedelia, blues, boogie e tanto altro ci regala uno dei massimi momenti del rock mondiale.
End of the Night, meno conosciuta ma di pari valore, ci riporta in atmosfere cupe e paurose che sembrano riprendere i racconti di Edgar Allan Poe (tanto amato da Jim). Viene ripreso il tema della fine che tanto interessava Morrison.
Gli altri brani sono tutti di grande valore, il rock duro di Break On Through, il blues psichedelico di Soul Kitchen, le più leggere Take As It Comes, 20th Century Fox e I Looked At You, il remake del blues di Alabama Song.
In definitiva, l’esordio dei Doors è un disco fondamentale della storia del rock, impossibile non averlo, non conoscerlo, non amarlo. Anche col secondo disco, Strange Days, riusciranno a mantenere livelli molto alti, mentre con i successivi quei vertici non verranno più raggiunti, sebbene alcuni brani possono essere considerati ottimi, come ad esempio la famosa Riders on the Storm. È incredibile che tutto questo sia stato fatto da un uomo che quando morì aveva solo 27 anni.