
Terry Riley | A Rainbow in Curved Air (1969)
Il capolavoro del minimalismo mistico-spirituale.
Non sono tantissime le opere d’avanguardia capaci di comunicare con l’ascoltatore in modo cosi diretto come quelle di Terry Riley, e non sono tante neanche quelle che riescono a far proprio il linguaggio pop-rock per inserirlo in un contesto che sta a metà tra l’accademia, la musica popolare occidentale e la musica classica indiana. La musica di Riley si affranca da ogni astratta retorica, si libera da rigidi schematismi scolastici, si ripulisce da intransigenti convenzioni e per questo si dipana in ampi spazi che sanno di estrema libertà; in pochi sono riusciti a creare musica tanto liberatoria. Merito di questa straordinaria impresa va alla grande personalità di Terry Riley, musicista fondamentale del movimento minimalista, all’interno del quale ha rappresentato l’anima più mistica e spirituale. Terry Riley: «La ragione primaria della musica è la spiritualità. La musica ci dice chi siamo. Per me religione significa riconoscere da dove la musica viene e la musica viene dalla natura. Interpretare e riprodurre la natura significa captarne le vibrazioni e trasmetterle in forma di suoni. Non sono religioso nel senso stretto del termine, non ho una fede particolare. Ma sono una persona che conduce una vita spirituale, cercare Dio è per me cercare il contatto con la natura e la musica è l’espressione di questa mia ricerca» (fonte dell’intervista). Passata la giovinezza come attore in teatri itineranti in Europa, appassionato di musica classica moderna (Erik Satie in particolare), Riley torna negli States dove conosce il fondatore del minimalismo, La Monte Young. Ma Riley ha poco in comune con gli estremismi di Young o con le gelide geometrie di Steve Reich. In lui prevale la comunicazione con l’ascoltatore. Nasce quindi In C (In Do, 1964) che partendo da una singola nota battuta ossessivamente crea un grande esperimento culminante in un lunghissimo crescendo all’interno del quale ci sono circa 35 musicisti che suonano circa 53 battute. Anche In C da una sensazione di libertà, una sensazione quasi infantile di gioia e divertimento, pur restando rigidamente dentro i cardini del minimalismo. Ma è con A Rainbow in Curved Air che Riley crea il suo grande capolavoro. E’ lui stesso a dirlo: «A Rainbow in Curved Air è il pezzo che sento a me più vicino. Nasce da una serie di improvvisazioni sovrapposte, era il tipo di musica che cercavo ed è il primo esperimento riuscito in quel senso. È un pezzo seminale per me che, con la tecnica del delay, posso suonare dal vivo anche da solo».
A Rainbow in Curved Air ha influenzato la musica rock in modo straordinario, praticamente è un album fondamentale per tutti i veri musicisti che hanno voluto sperimentare dal 1969 in poi, tutti hanno dovuto farci i conti, da Robert Fripp a Robert Wyatt, quindi dal prog rock a Canterbury fino alla musica cosmica. Ricordo il gruppo prog Curved Air, il cui nome è proprio dedicato all’album, mentre se andiamo in Italia non possiamo non segnalare il Battiato sperimentale o i grandi Picchio dal Pozzo. Anche gli insospettabili Who gli dedicarono un brano, Baba O’ Riley presente nell’album “Who’s Next” o i Birdsongs of Mesozoic col brano Terry Riley’s House dal loro album d’esordio Magnetic Flip. Riley supera la singola nota ripetuta (come nel precedente In C) per aprire alla ripetizioni di vari pattern che variano continuamente, stratificandosi uno dopo l’altro. Il risultato è un grandioso e indimenticabile raga minimalista che ha segnato un’epoca. Questo vale sopratutto per il primo dei due brani, A Rainbow in Curved Air, vero e proprio inno alla gioia e alla libertà espressiva; i momenti gioiosi si alternano ad altri quasi liturgici, ma la religione di Riley non vuole instillare sensi di colpa, vuole liberare. Riley suona clavicembalo, organo, tastiere e percussioni, creando ripetizioni non rigide, bensì ricche di ispirazione, fantasia, improvvisazioni che si inseguono vorticosamente.
Poppy Nogood And The Phantom Band (21 minuti) con l’ingresso di strumenti a fiato, alterna momenti caotici ad altri più meditativi e contiene una vera baraonda di sax che mostra un certo debito verso la musica jazz più sperimentale.
La discografia di Riley continuerà nel 1972 con un altro album fondamentale che ripercorre strade similari al suo predecessore, l’imperdibile Persian Surgery Dervishes.
Per un approfondimento guardate qui.
Le monografie sul Minimalismo Americano:
1) I precursori; John Cage e Morton Feldman
2) Il Minimalismo californiano; La Monte Young e Terry Riley
3) Il Minimalismo newyorkese; Steve Reich e Philip Glass