
Tame Impala | Currents (2015)
Dopo essere stati gli alfieri di un nuovo revival psichedelico ecco la svolta verso un raffinato pop d'autore
I Tame Impala ripartono da Currents, uscito nel mese di Luglio, lavoro della maturità per il complesso australiano, in dolce controtendenza rispetto al binomio d’esordio e a quell’Innerspeaker (2010) che tanto aveva incantato le orecchie dei nostalgici della psichedelica degli anni ’60.
Si avverte sin dai temi ordinati e sognanti di Let It Happen, traccia d’apertura, della svolta in chiave synthpop (soft rock, direbbero i più nostalgici) del vecchio trio lisergico guidato da Kevin Parker. Batteria diligente e quasi digitale, temi di sintetizzatore e organo che trasportano, piuttosto che ipnotizzare; l’approccio è mutato seguendo quel filo invisibile che parte da Alter Ego, passa per Endors Toi e approda ad una forma canzone più definita e fruibile anche da un pubblico profano alla musica psichedelica.
Let It Happen è trave portante di tutta l’architettura di Currents, strizzando vistosamente l’occhio alla musica elettronica, specialmente ai Chemical Brothers. La voce di Parker è sempre delicata, soave, carezzante, sino a perdersi in un morbido muro sonoro di sette minuti.
La voce di Parker torna decisamente sognante nella quarta traccia, Yes I’m Changing, dove il sintetizzatore regna sovrano, distorto solo da un leggero pitch.
Tastiere più incalzanti e sbarazzine avvolgono The Moment, terza traccia, incanalata su ritmi da poliziottesco anni ’70 ma risolti con una certa raffinatezza. Si rivede anche la chitarra di Parker, non più acida e graffiante, ma dissolta in un phaser. Più lontana da Jorma Kaukonen, tendente verso l’ultimo Gilmour, anche lo stile del deus ex machina dei Tame Impala muta seguendo un filo invisibile.
Eventually, ultimo singolo del disco, è manifesto del cambio stilistico degli australiani: non si avverte il disordine e il caos (ordinato) degli esordi, ma prorompe la vena onirica e naif che tanto appassiona il pubblico del nuovo millennio, proposta in maniera senza dubbio originale, incastonandosi sui temi di sintetizzatore sfuggenti e ipnotizzanti.
The Less I Know è un interessante esperimento a metà fra l’indie e il soft rock dei primi anni ’80. Un giro di basso pragmatico innalza il falsetto di Parker, che a tratti ricorda persino Eric Woolfson del Parsons Project. Sicuramente uno dei momenti più alti e godibili dell’intero disco, versatile per un ascolto da viaggio in macchina.
Il disordine prorompe dichiaratamente nell’ottava traccia, Past Life. Una voce meccanica racconta della metamorfosi che si vive dopo la fine di una storia d’amore: cambia il proprio sé, il carattere, anche i gusti, ma non l’affetto verso l’altro che rimane immutato, anche nell’imposizione della lontananza. Dissonante per certi versi, Past Life rimane comunque una bella metafora del percorso musicale dei Tame Impala, che dal caos primordiale non si separeranno mai.
Interessanti anche gli skit del lavoro: Nangs e Gossip, seconda e sesta fatica del disco, passano forse sottotraccia, ma fungono da raccordo fra un pezzo e l’altro, mentre Disciples è uno sbarazzino spaccato di post-adolescenza, dalle tinte lo-fi e scandito da una sezione ritmica quadrata.
Il nuovo corso si fa più marcato nel finale: Cause i’m a man, Reality in Motion e Love Paranoia coccolano l’ascoltatore con i synth, i ritmi cadenzati, il falsetto e le atmosfere sognanti che pervadono un po’ tutto il disco, tranne la parte centrale. La chitarra compare raramente, come un orpello, non più comandante della nave ma mozzo disciplinato.
E’ il segno che i Tame Impala sono davvero cambiati, com’è evidente nell’ultimo, grandioso pezzo del disco: New Person, Same Old Mistakes.
Il disco si chiude in modo alienante, oscuro e drammatico. Tema di sintetizzatore orientaleggiante, tappeto ritmico che pervade i sensi, disorientamento: New Person segna un deciso avvicinamento alle posizioni dei Massive Attack. Sembra quasi un outtake di Mezzanine, anche più depressivo, che mantiene però inalterato il filo degli esordi: ordine nella molteplicità di strumenti e voci, caos calmo, dimensione onirica, stordimento, nella dissolvenza finale ci si arriva e ci si perde senza rendersene conto.
Accompagnato da un buon successo, Currents è disco ottimo e ragionato, forse ancora un po’ ibrido e debole in alcuni passaggi, soprattutto nella parte centrale. Ma quando Parker e soci ci riescono, i “nuovi” Tame Impala donano coerenza e significato al nuovo percorso intrapreso. E chissà se, nel prossimo disco, non si ripartirà proprio dal trip-hop di New Person come viatico di una nuova metamorfosi.