
Swans | To Be Kind (2014)
Un nuovo gigantesco monolite che esplora suoni già presenti nel precedente The Seer. La psichedelia ha trovato uno dei suoi più improbabili eredi.
Dopo appena due anni dal monumentale e meritatamente osannato The Seer, Michael Gira torna con un nuovo mostruoso e inquietante gigante che ha ben poco di “kind”, come il titolo suggerirebbe. Gli Swans ci regalano altre due ore di musica rock ripetitiva, ossessiva, psichedelica e ipnotica, erede diretta del massimalismo di Glenn Branca. To Be Kind segue una strada già battuta dal precedente The Seer ed è quindi meno vario e originale, i brani si susseguono sullo stesso binario, senza gli inattesi e, a volte, sorprendenti vertici del 2012. Mancano gli stacchi ambient o folk che interrompevano il muro di suono precedente, To Be Kind è un fiume unico che non conosce tregua. Detto questo, non è giusto valutarlo solo confrontandolo a The Seer, l’album gode di una sua autonomia ed è certamente un buon, se non ottimo, lavoro. Gli Swans si confermano ancora una volta veri profeti della modernità, la voce cavernosa di Gira, grida, parla e sussurra testi metropolitani, apocalittici e disperati. Dopo gli incubi del 2012 sembrano essere presenti, sin dalla copertina, aspetti più umani, come ad esempio il grido I need Love declamato a squarciagola. Dopo avere descritto la nostra parte malvagia ora si evidenzia il nostro bisogno di amore. Ma è solo apparenza, l’animo oscuro di The Seer è presente in ogni singola nota.
L’album inizia subito con le ripetizioni di Screenshot che accompagnano la voce profetica di Gira e una andamento che cresce lentamente sempre più sino ad un piano da film horror ed un finale esplosivo. Just a little boy è un blues parlato che si arricchisce di suoni nell’arco dei minuti fino al finale epico dove la voce di Gira ricorda quella di Roger Waters. A Little God In My Hands è una litania malata che termina, dopo un coro femminile a dir poco sinistro, in uno spettacolare finale elettronico che preannuncia il nuovo mostro.
Ed eccolo qui il nuovo gigante, i nuovi trentaquattro minuti di Bring the Sun / Toussaint L’Ouverture, grandissimo brano che tiene insieme tutte le idee degli Swans, i testi apocalittici, il blues, il concetto di ripetizioni, i cori ambigui e l’andamento ipnotico, aggiungendone di nuovi come cenni di musica concreta verso il minuto sedici. Le tastiere psichedeliche iniziali, i due accordi di chitarra ripetuti per tre minuti, la voce da sciamano di Gira che culmina nella splendida invocazione del sole, musica concreta e un finale che sta a metà tra il noise e la psichedelia dei Doors (anche nella voce Gira sembra ricordare qualcosa di Morrison) sono tutti inseriti in questo grande calderone. Non perfetto come The Seer, ma pur sempre un brano che conferma la grandezza degli Swans.
Il resto dell’album esplora suoni già sentiti, dal parlato acustico ed elettronico di Some Things We Do, a She Loves Us!, diciassette minuti ripetitivi ma divisi in parti differenti, fino all’unico vero brano che può intendersi come una ballad, Kirsten Supine, che termina con i violini che citano quelli di Klaus Schulze. Oxigen è il brano più duro, vero caos di suoni, sempre ossessivamente ripetitivo, dove, pattern dopo pattern, si inseriscono anche i fiati che ricordano le strazianti note di Charles Mingus.
Gli ultimi due brani sono Nathalie Neal che, a parte l’ipnotica introduzione, è un brano tipicamente Swans, mentre nel finale To Be Kind, Gira parla letteralmente al suo pubblico, parla da par suo, da santone-guru-profeta. Si finisce con terrificanti muri di suono ripetuti che chiudono definitivamente questo lungo e affascinante viaggio di più di due ore.