
Steven Price | Gravity (2013)
Elettronica e strumenti acustici per una nuova musica cosmica.
“Mi piace la musica espansiva che ha tanto spazio dentro, come i primi album dei Pink Floyd. Per scrivere Gravity sono stato influenzato da tantissimi musicisti, molti classici, sopratutto Gyorgy Ligeti. Poi ci sono state influenze più contemporanee come i canadesi Godspeed and the Black Emperor“.
Steven Price, giovane musicista americano ancora praticamente sconosciuto, ci parla del suo ultimo lavoro, la colonna sonora del nuovo film di fantascienza Gravity, che ho da poco visto al cinema. Personalmente in questo genere di film non cerco mai storie contorte, scene d’azione interminabili o effetti speciali ridondanti. Credo che il cinema debba avere una grande fotografia, le immagini dovrebbero essere coinvolgenti come quelle di un quadro di un grande pittore. Se cercate immagini che vi rimangano scolpite nella mente non potete non vedere Gravity, film notevole, dove lo spettatore si trova catapultato in prima persona nello spazio, uno spazio ostile e freddo dove i suoni non vengono trasmessi, quindi silenzioso, un silenzio ed una solitudine umanamente insopportabili.
Perchè Psycanprog dovrebbe parlare di questa colonna sonora? Perchè per gli appassionati della musica cosmica tedesca e di tutte le sue derivazioni successive, sarà impossibile non notare con estremo piacere la musica del film. Immagini spettacolari della Terra, aurore boreali, spazio profondo, il tutto accompagnato da una musica elettronica che non può non ricordare i Tangerine Dream o Klaus Schulze. Con questo non voglio dire che si raggiungano gli stessi livelli, assolutamente no, però questo è un album che merita di essere conosciuto da chi ama quel tipo di musica dedicata all’universo. Credo che il merito di Steven Price sia stato quello di avere rifiutato i facili effetti sonori tipici dei film d’azione, più o meno tutti uguali l’uno all’altro. Price ha cercato di fondere elettronica e strumenti acustici, di descrivere la paura e il senso di solitudine di chi si trova in un luogo totalmente inospitale. Facendo ciò ha anche dedicato l’intero album all’universo e ai suoi infiniti spazi.
Sono rimasto particolarmente colpito sin dai primi brani, dall’iniziale Above the Earth, ancora calma e rilassante, al battito elettronico distorto di Debris, il brano migliore, che descrive l’angoscia dell’attesa dei detriti che distruggeranno la stazione satellitare. Il clima pauroso continua con la tenebrosa e descrittiva dello spazio in cui si è immersi, The Void.
All’elettronica si aggiungono brani segnati da poche note di piano, come ad esempio Aurora Boralis o Airlock.
Interessante l’idea di Price di interrompere quasi tutti i brani con un crescendo di suoni che termina all’improvviso, una descrizione di quello che caratterizza lo spazio, il suo silenzio assoluto ma anche la sua terrificante violenza.