
Rush | Rush (1974)
L'esordio del power-trio canadese, tra Led Zeppelin e progressive rock.
Scrivere del primo album dei Rush è un po’ come fare i conti con i miei diciotto anni, e probabilmente con l’adolescenza di tanti di quelli che leggono PsyCanProg. Anni in cui i solchi dei vinili di Led Zeppellin, Deep Purple, Black Sabbath erano consumati ogni qual volta ve ne era la possibilità. In questo ambito prettamente hard-rock o, nel caso dei Black Sabbath, proto-metal, rientra perfettamente il primo album dei Rush. Il trio canadese formato da Geddy Lee (voce e basso), Alex Lifeson (chitarra) e John Rutsey (batteria) esordisce infatti nel 1974 con un sound che è tipicamente hard-rock, ancora lontano da quello che li renderà , negli anni successivi, il gruppo prototipo del cosiddetto hard-prog. Album come Fly By Night (1975), Caress Of Steel (1975) e 2112 (1976) rappresentano un’evoluzione del sound dei Rush verso lidi progressivi che erano quasi del tutto inesistenti nel loro esordio.

Rush
L’esordio dei Rush ha alcune caratteristiche che vale pena segnalare; è terribilmente debitore di un certo tipo di hard-rock, quello dei Led Zeppelin per intenderci, non quello dei Deep Purple. Lo è a tal punto che i Rush hanno quasi rischiato di apparire una semplice cover band. Detta questa sacrosanta verità è giusto sottolineare il loro punto di forza, che è apparso subito chiaro a chi aveva orecchie per capirlo; le loro qualità tecniche sono decisamente superiori alla media e fanno certamente intravedere un futuro meno derivativo e più autonomo, cosa che è puntualmente accaduta. Seppur ancora i Rush non hanno individuato una propria strada, tutto l’album è godibilissimo in ogni sua traccia, e devo dire che era per me quasi un obbligo ascoltarlo periodicamente, un po’ come lo erano i primi cinque album dei Led Zeppelin (solo quelli!). Insomma, “Rush” è uno di quei Lp che fanno parte, o dovrebbero far parte, della formazione musicale di tutti coloro che vogliono davvero conoscere la musica rock.

Rush
Alcuni brani sono quasi più zeppeliani dei Led Zeppelin, come Finding My Way, dove il riff di Lifeson e la voce di Lee sembrano rispettivamente quelle dei migliori allievi di Jimmy Page e di Robert Plant, per non parlare dei due minuti di Need Some Love o dei quattro di What You’re Doing, che sarebbero stati a pennello dentro Led Zeppelin II (1969).
Il brano che ho sempre preferito è Here Again; sette minuti complessi, quasi progressivi se paragonati al resto, che possono essere definiti come un buon clone del capolavoro di Led Zeppelin III, Since I’ve Been Loving You e che mostrano enormi potenzialità.
Il lato B, sempre debitore delle già citate influenze, ancora piacevole e godibile – tranne quando si ha davvero il senso della cover band (In The Mood) – termina con Working Man, brano energico e potente che diventerà un classico dei Rush.