
Rovescio della Medaglia | La Bibbia (1971)
Accusati spesso di essere sguaiati in realtà e semmai con il senno di poi, era una delle band più intellettuali nel nostro Paese in quel periodo, dotata di grande energia innovativa e capacità di pensare hard rock soprattutto dal vivo, dove creava incantevoli abissi di acciaio, potenti e maestosi
Amplificazione Sonex, impianto voci Mack da 6.000 Watt, microfoni Semprini, chitarre Gibson Les Paul, batteria Hayman con percussioni Paiste e Premier, basso Fender: eccoli i più quotati hard rockers italiani degli inizi degli anni Settanta, autori di un progressive duro e metallico, il Rovescio della Medaglia. La line-up storica, nata dalle ceneri di una formazione precedente, i Lombrichi, annoverava Enzo Vita, chitarra; Stefano Urso, basso; Franco Di Sabbatino, tastiere (dal 1973); Gino Campoli, batteria; Pino Ballarini, voce, flauto. Il quartetto romano poteva contare, poi, su di una eccellente preparazione strumentale e quei musicisti conoscevano, senza ombra di dubbio, le molte proposte che provenivano dalla Gran Bretagna, in quegli anni tutta un fermento di idee e proposte di nuovi stilemi musicali. Accusati spesso di essere sguaiati in realtà e semmai con il senno di poi, era una delle band più intellettuali nel nostro Paese in quel periodo, dotata di grande energia innovativa e capacità di pensare hard rock soprattutto dal vivo, dove creava incantevoli abissi di acciaio, potenti e maestosi.
Il loro primo disco, infatti, La Bibbia, del 1971, è un’opera incisa in presa diretta, senza sovraincisioni, un concept album su argomenti biblici, con intense sfumature progressive, qualche accenno sinfonico e molto hard rock. Il Rovescio si guadagnerà il contratto con la RCA Italiana, che stamperà quel primo disco, dopo la vulcanica esibizione al Festival di Musica d’Avanguardia e di Nuove Tendenze di Viareggio di quello stesso anno, dove diedero prova di grande affiatamento e ottima coesione. 32 minuti per questa prova d’esordio del Rovescio della Medaglia, un disco, dunque, abbastanza breve diviso in sei brani che spaziano dal Nulla originario fino al Diluvio Universale.
Registrato in un giorno solo, il lavoro fu subito un successo di pubblico, un po’ meno di critica; seguirono altri due album Io come io e Contaminazione, quest’ultimo con la collaborazione di Luis Enriquez Bacalov, compositore argentino tra i più richiesti del momento che aveva già collaborato con i New Trolls e gli Osanna, ed il risultato è un rock molto più progressive e sofisticato ma in qualche modo meno spontaneo del roccioso debutto.
Nel 1973, la band subii il furto del camion con l’intera costosissima attrezzatura e da quel brutto colpo i musicisti non si riavranno più: seguirono alcuni lavori di scarso rilievo fino allo scioglimento che avverrà nel 1976. Il gruppo si riunirà in alcune altre occasioni e con nuovi componenti per ripresentare il proprio repertorio ed alcune novità di notevole interesse; nell’aprile del 2013 il Rovescio sarà presente all’Italian Progressive Rock Festival di Tokyo dove presenterà, per la prima volta dal vivo, l’opera Contaminazione.
Il Nulla: incipit misterioso che lascia presagire eventi prodigiosi, lampi sonori che illuminano il vuoto e la polvere, flauto crepuscolare e sbigottito, il primo brano ci prepara al dissolvimento del buio primordiale che avviene con La Creazione, il secondo brano, dove il respiro divino creerà, sulle note di un riff potente e calibrato della chitarra, tutte le cose conosciute. La voce espressiva di Pino Ballarini, emotiva e graffiata, modella nel modo migliore un testo di una qualche pretesa forse eccessiva; base ritmica forte e sicura, si arriva ad una cesura dove gli strumenti si raccolgono per poi tornare sulla chitarra elettrica e soprattutto sulla ritmica, che costruisce via via un vero e proprio muro sonoro, che riempie il vuoto primordiale di tocchi metallici e dorati. Spigolature di flauto fanno capolino in questa forte tessitura rock.
Non ti accorgi che qualcosa c’è che ti opprime,
è il mio piede che ti sta schiacciando piano piano,
e così vedrai che poi lascerai
la mia gente in pace ed anche me.
Forse avrai capito con chi tu stai parlando,
anzi son sicuro ti ricorderai di me.
So che vai dicendo che tu o il mondo,
ma nel mondo c’è chi schiaccia te.
L’ammonimento: nel terzo brano vengono proposti alcuni interessanti cambiamenti di tema sulle parole di un testo un po’ più coraggioso ed asciutto; la band suona con sempre maggiore convinzione (non dimentichiamo che l’album è stato inciso d’un fiato e senza sovraincisioni) e finalmente trova il momentum nel successivo Sodoma e Gomorra, burrasca prog-metal aperta da un velenoso dialogo tra chitarra e batteria.
Arriva Il Giudizio, dapprima in sordina poi sempre più urgente e rabbioso fino a raggiungere il climax con le parole “…è la fine tua decisa, ora tu giudizio avrai…” che Ballarini canta con soffio duro e adamantino. Giusta enfasi ad un momento che si immagina definitivo con preziosi assoli di chitarra e batteria a scandire tempi dispari pieni di saette metalliche… ed arriva il Diluvio, con rovesci di pioggia divina, burrasche e tuoni riversati nel Mack 6.000 Watt, e poi ancora i sinistri cigolii del fasciame della nave dell’Uomo, le nere profondità delle sue stive… tutto finisce tra le nere onde della condanna.
Il Rovescio della Medaglia due anni dopo pubblicherà il suo lavoro migliore, Contaminazioni, dove l’influenza progressive è senza dubbio più marcata che non in questo primo lavoro, anche grazie alla collaborazione di Bacalov. In La Bibbia, tuttavia, l’idea progressive viene espressa con maggiore genuinità ed immediatezza, secondo una tendenza diversa da quella di altri gruppi come i King Crimson o i Genesis: la band, infatti, elabora per la prima volta proprio in questo disco uno stile personale, metallico e corrosivo che gli varrà il successo ottenuto in quegli anni ed il ricordo ancora vivo in molti cultori del genere.