
Quicksilver Messenger Service | Happy Trails (1969)
Uno dei grandi classici della psichedelia americana, il testamento musicale di John Cipollina e Gary Duncan
In un’intervista fatta poco prima di morire, John Cipollina aveva dichiarato: “Mi sento come se avessi ancora 17 anni … capisco che non è giusto, per uno della mia età, e capisco anche che questo mio stile di vita scellerato mi porterà presto nella tomba … Ma io sono felice così”.
Ed ancora, in ricordo degli anni migliori della sua carriera, quelli dei QMS: “Ho trascorso un buon periodo, ma credo che la band non abbia mai espresso tutto il suo potenziale. Eravamo piuttosto scadenti in studio, ma dal vivo eravamo una bomba. Guardando indietro noi non facemmo molti tour. Avremmo potuto evolverci maggiormente se ne avessimo fatti di più. Fondamentalmente componevamo i nostri arrangiamenti sul palco. Eravamo uno strano gruppo.”
Ecco il testamento artistico e musicale del grandissimo chitarrista John Cipollina, morto prematuramente di enfisema polmonare nel 1989. Proprio come egli stesso dice i Quicksilver Messenger Service sono stati un gruppo straordinario soprattutto dal vivo, caratteristica che avevano in comune con i loro grandi rivali, i Grateful Dead. Rivali in quanto facenti parte entrambi, insieme ai famosissimi Jefferson Airplane, della stessa scena musicale. Tra questi tre gruppi, che rappresentano i tre pilastri della psichedelia di San Francisco, i QMS sono stati i meno famosi. Ciò non vuol dire che si possano considerare inferiori in senso assoluto. Nonostante non abbiano raggiunto quei livelli di fama, di successo e di rappresentatività (i Jefferson Airplane, in particolare, possono essere considerati un gruppo che ha scritto la colonna sonora di un’intera generazione), se guardiamo ad Happy Trails, il livello artistico raggiunto è davvero sorprendente. Questo rende l’album un grande classico della psichedelia americana. E’ strano notare che Happy Trails viene pubblicato nel 1969, l’anno di pubblicazione di Volunteers dei Jefferson Airplane e di Live-Dead dei Grateful Dead. I tre vertici di diversi tipi di psichedelia.
La copertina dell’album ricorda i dipinti del bravissimo pittore americano, esperto in paesaggi western, Frederic Remington. Scenari di frontiera, tipici della cultura americana.
Happy Trails è registrato quasi interamente dal vivo, dove la band riusciva a dare il suo meglio. Si inizia con una lunghissima cover di “Who do you love” di Bo Diddley, qui trasformata quasi in suite, celeberrimo rock blues con variazioni psichedeliche al suo interno.
Il brano occupa tutta la prima facciata ed è suddiviso in varie parti, alcune più blues, altre più psichedeliche. Cipollina dimostra una bravura ed una capacità di improvvisazione fuori dal comune (quasi jazzistica in certi momenti), degna dei migliori chitarristi di quegli anni. Notevole l’intreccio delle due chitarre di Cipollina e Duncan.
Terminato il lungo viaggio della prima facciata, si arriva ad un’altra cover (forse il vero limite dell’album). Mona è un brano pubblicato da Bo Diddley (ancora lui) nel 1957. Ovviamente i QMS lo stravolgono e lo “psichedelizzano“. Chitarre acide, inizio dominato dal basso, improvvisazione senza limiti. A questo brano segue la breve e psichedelica Maiden of the Cancer Moon che continua sulla falsa riga di Mona. Indubbiamente chi ha avuto la fortuna di vederli dal vivo non potrà che avere dei ricordi indimenticabili.
Il capolavoro non è però ancora arrivato. Calvary è il brano più sperimentale e, probabilmente, più bello dei BMS. Scritto da Duncan può considerarsi un classico della psichedelia, Duncan crea un atmosfera tra western ed ipnosi collettiva che è l’ambiente ideale per le scorribande chitarristiche di Cipollina. Un monumento epico e cupo del rock di frontiera americano, un inno alla libertà che ricorda i migliori Grateful Dead. Imperdibile.
Happy Trails termina con la breve title track che rispetto ai precedenti può quasi considerarsi uno scherzo, un brano leggero che stempera la complessità precedente.
I QMS possono considerarsi un gruppo fondamentale del periodo d’oro del rock psichedelico ed avrebbero meritato maggiore fortuna. Purtroppo pagarono la mancanza di un “grande” album registrato in studio e l’assenza totale di registrazioni dei loro primi anni di carriera. Non ci resta che chiudere gli occhi, ascoltare ed “immaginare” di trovarci nei loro indimenticabili concerti.