
Phew | Phew (1981)
L'affascinante esordio di Phew
Prima di raccontare la curiosa storia di questo piccolo capolavoro, è doveroso far luce sull’identità di Phew, un’artista giapponese nata nel 1959 che iniziò il suo percorso come cantante nel gruppo Punk/No Wave Aunt Sally, per poi proseguire intessendo diversi rapporti creativi con musicisti del calibro di: Bill Laswell, Anton Fier, Jim O’Rourke e Ryuichi Sakamoto. Tra i diversi e sempre eccellenti lavori, per natura piuttosto in ombra, spicca l’affascinante esordio omonimo del 1981, una gemma, un disco unico e un’esperienza d’ascolto che non può passare inosservata.

Phew
Ho un’ammirazione smisurata per Conny Plank, lo ammetto, il punto è che i dischi da lui prodotti, o semplicemente i progetti che lo videro coinvolto hanno tuttora un suono unico e personalissimo, se lo si conosce, difficilmente si potrà dimenticare il suo tocco. Penso per esempio a: Kraftwerk, Neu!, Harmonia e Cluster, oppure a Ultravox e D.A.F, solo per citarne alcuni. Tra i moltissimi dischi prodotti da Plank, ci fu nel lontano 1981 anche Phew, un album che annoverò oltre al suo prezioso contributo, l’attiva collaborazione di Holger Czukay e Jaki Liebezeit a qualche tempo dallo scioglimento dei Can. (Per chi non lo sapesse, sempre nel 1981, i due parteciparono anche all’ottimo esordio degli Eurythmics In The Garden, co-prodotto proprio da Conny). L’estrema bellezza di Phew risiede proprio nella sopracitata e immacolata collaborazione, avvenuta presso gli studi di Plank nel 1981, in un preciso momento storico. Il Krautrock in senso più classico, si era ormai trasformato e aggiornato, merito di opere centrali come La Düsseldorf o Viva. Molti artisti della Neue Deutsche Welle, ne mantennero comunque vivo lo spirito e alcuni dei tratti peculiari. Phew elaborò molti di questi istinti, per esempio, il sound piuttosto minimale, molto riverberato, guidato dall’inconfondibile drumming di Liebezeit e dal basso gommoso di Czukay (Closed, Kodomo), in grado di tracciare (in tempi tutt’altro che sospetti) ipnotiche trame dub.

Phew
Tutto ciò fu reso con un’estrema originalità, donando ai brani un suono davvero unico. (Un vago termine di paragone possono essere i P.I.L e in particolare The Flowers Of Romance, solo per darvi un’idea che stuzzichi l’appetito). Il canto di Phew, in giapponese, è volutamente liberato da ogni orpello tecnico/emotivo tanto da suonare quasi distaccato, semplicemente come parte di un’ambientazione sonora tanto inquietante (Mapping, Aqua), quanto malinconica e sognante (Dream). Quello di Phew è un personale mondo sonoro, straniante, claustrofobico, ma perfetto nella sua concezione, che merita diversi ascolti per essere assimilato e realmente apprezzato. Chi ha confidenza con gli artisti coinvolti, con le loro storie e soprattutto, con le produzioni di Plank del periodo, partirà con un piccolo vantaggio, anche se ci sarà spazio per lo stupore, ne sono certo. Per gli altri, spero che questa possa essere un’occasione per entrare in un mondo davvero affascinante, da cui poi, difficilmente potrete sfuggire.