
Pentangle | Cruel Sister (1970)
Uno degli album che fa comprendere quanto sia stata grande la stagione del folk revival britannico
Ascoltare il quarto album dei Pentangle, “Cruel Sister“, ci fa capire – dopo pochi secondi di ascolto – la grandezza di tutto il movimento del folk revival britannico, da condividere insieme ad altri leggendari formazioni, quali Fairport Convention, Strawbs, Incredible String Band e altri. I Pentangle sono stati la perfetta sintesi creata tra i musicisti Bert Jansch (dulcimer, chitarra), John Renbourn (chitarra), Terry Cox (batteria, glockenspiel), Danny Thompson (contrabbasso) e l’incredibile voce della cantante Jacqui McShee. Le loro reinterpretazioni di brani folk tradizionali è uno degli esempi migliori di come, se si hanno le capacità e le conoscenze necessarie, la tradizione possa rinnovarsi continuamente e reinventarsi.

Pentangle
Il rinnovamento continuo delle reinterpretazioni dei Pentangle ha sempre dato grande attualità ai loro album; i loro riferimenti partivano dal folk tradizionale ma si contaminavano con fonti ben più moderne, da Bob Dylan al folk elettrico fino a momenti chiaramente jazzati. Cruel Sister può essere considerato il loro album più complesso e “progressivo”; basterebbe ascoltare la gigantesca Jack Orion, diciotto minuti che dipingono una vera suite folk che ha pochi eguali in termini di complessità e contaminazioni (tradizione, folk elettrico, jazz).
La voce di Jacqui McShee eccelle in tutto l’album riuscendo anche a registrare un brano in sola voce, When I Was in My Prime, di grande impatto. Ma l’album non cede mai in nessun momento, anche nelle classiche ballate A Maid That’s Deep in Love, Lord Franklin (cantante in modo magistrale da Bert Jansch) e nella title-track Cruel Sister, dove la grande tecnica ed esperienza dei musicisti rende l’album quello della piena maturità artistica dei Pentangle.

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