
Osanna | Palepolitana (2015)
Da Palepoli… a Palepolitana: per gli Osanna sempre Napoli…tana è
Vairetti con l’attuale formazione degli Osanna, è riuscito ad avere ciò che voleva. Si vede da come il gruppo suona. A lui si sono aggiunti per questo nuovo percorso con “Palepolitana” Gennaro Barba, Nello D’Anna, Pako Capobianco, Sasà Priore, Irvin Vairetti. Alfonso La Verghetta è invece il fonico, figura da sempre importante per i musicisti. Gli “ospiti”, come al solito di tutto rispetto: David Jackson, Sophya Baccini, Gianluca Falasca, Angelo Salvatore, e nei concerti dal vivo Gianni Leone, Jenny Sorrenti, Corrado Rustici.
Il 1973 è uno degli anni prog più prolifici per l’italian style. PFM, Banco del Mutuo Soccorso – poi semplicemente Banco -, Trip, Orme e naturalmente Osanna. Ma quest’ ultimi hanno un colore in più: oltre al prog possiedono l’idea di una teatralità unica che dona ancor più linfa ai testi ed alla musica stessa.
La prima volta che li vidi (di loro possedevo una musicassetta), rimasi colpito dai loro volti colorati, di fatto vere e proprie maschere umane teatralizzate; quelli erano gli anni più fulgidi della discografia progressive italiana ma anche di un underground tutto nuovo, da vivere come lo abbiamo vissuto noi, tra mille contraddizioni e tante convinzioni. La città dove vivevo allora, in un certo senso è un po’ come Napoli anche se non c’è confronto tra le storie dei due centri; mare, gente comune vittima della mancanza di lavoro (come sempre), uomini e donne oggetto di continui licenziamenti e cassa integrazione e così via (con il suono delle dita si combatte una battaglia che ci porta sulle strade della gente che sa amare – Gioia e Rivoluzione, Area, Crac, 1975).
Per fortuna la musica ha fortemente contribuito alla crescita di una generazione etichettata, a torto, solo per gli anni di piombo e basta. In tutto questo marasma c’era però la musica, il rock, la psichedelia, ma anche il prog degli Osanna che per qualcuno di noi è diventata (e lo è tuttora) poesia. Ma il sound del gruppo con Palepoli è stato anche teatro e così il progressive ha davvero giocato un fondamentale ruolo in tale contesto “storico”. E se Palepoli è la Napoli primordiale, è la terra promessa (metaforicamente) per la riscoperta dei valori umani ormai soppressi dalla tirannia delle macchine e dal tecnocraticismo, Palepolitana è un atto d’amore verso una Napoli nelle cui viscere si nascondono le storie di una città antica come il tempo che sembra essersi fermato. Uno sguardo al glorioso passato prog partenopeo ci porta a considerare che tra il 1970 e il 1975 Napoli ha prodotto molti artisti nella scena prog internazionale; oltre agli Osanna ci sono stati il Balletto di Bronzo con il mitico Gianni Leone all’Hammond, Alan Sorrenti, Jenny Sorrenti (con i Saint Just), Tony Esposito, Il Cervello, Tullio De Piscopo (con i New Trolls Atomic System) e tanti altri minori. Ancora oggi molti di loro continuano lungo quella strada, mentre altri hanno scelto di seguire nuove percorsi o di uscire di scena. Il progressive è diventato un genere “cult” a livello internazionale e questo ha dato la possibilità agli Osanna di rappresentare Napoli nel mondo. E da Palepoli a Palepolitania il passo, nonostante gli anni sembra breve. Infatti, quest’ultimo lavoro di Vairetti & C., è l’unione anche musicale di due termini che la dicono tutta sulla concettualità degli Osanna; infatti, dal punto di vista strettamente creativo, Palepolitana è la fusione di due termini simbolo, Palepoli, la “città vecchia” napoletana, e Metropolitana, la subway cittadina, conosciuta e apprezzata da tutti. Questo il vero simbolismo che associamo al nuovo lavoro del gruppo partenopeo, una sorta di tassello che mancava sull’elemento storicistico di Palepoli che, negli anni duemila, mostra il volto nuovo della band.
Se Palepoli, che era costituito da tre lunghe suite come Oro Caldo, Stanza Città e Animale senza respiro, era il modello delle riflessioni giovanili del dopo sessantotto, Palepolitana è una sorta di prosecuzione di quel Palepoli del 1973, logicamente aggiornato sia alla contemporaneità che alle problematiche trattate.
Musicalmente parlando tra “Palepoli” e “Palepolitana” c’è una differenza di stile dovuta anche ad un diverso modo di comporre ed arrangiare del gruppo. L’album che possiamo considerare un altro concept, racconta di storie che hanno l’obiettivo di proporre una Napoli diversa da come molti la dipingono, una sorta di difesa, potente, che diventa un profondo e sentito atto d’amore per una città e per la sua cultura.
Il brano di apertura di questo Palepolitana, Marmi, anticipa la rilettura di due classici del folk partenopeo quali Fenesta Vascia e la tradizionale tarantella Michelemmà nella quale prendono parte anche alcuni detenuti del carcere di Secondigliano, legati al progetto musicale promosso dal CPM di Franco Mussida e condotto dallo stesso Vairetti.
L’invocazione rock-fusion data a Santa Lucia precede l’assolo al piano di Priore intitolato Anto Train mentre la successiva Anni di piombo si muove sulle note di una misurata ballata animata in chiusura dal sax di Jackson, ex Van der Graaf Generator, confermandoci le sensazioni e le considerazioni iniziali di questo articolo.
La traccia che dà poi il titolo all’intero lavoro, recupera ritmi cari agli Osanna, ricordando quel sound tipico della band di inizio anni settanta. All’interno dei riff di Made in Japan si parla invece dell’incerto connubio uomo-tecnologia con impliciti riferimenti alla realtà nipponica (e son solo a quella).
Decisamente significativa Canzone amara, splendida esecuzione in dialetto napoletano in cui l’interpretazione di Sophya Baccini è brillantemente immersa nelle vibrazioni di un sublime quartetto d’archi.
Un’acustica melodia scorre invece sulle corde di Capobianco nella strumentale Letizia aprendo la strada all’ode rock Ciao Napoli, mentre Irvin Vairetti sancisce il progetto recitando l’angosciosa Profugo, composizione liberamente ispirata alle poesie del palestinese Darwish sul tema dell’immigrazione, tra l’altro di straordinaria attualità per questi tempi.
Quindi è proprio vero che Palepolitana è un reale atto d’amore degli Osanna per Napoli, pur sapendo che come in tutte le metropoli del mondo il degrado, la violenza e l’illegalità esistono ed esisteranno sempre. Napoli però possiede anche e soprattutto persone illuminate e straordinarie che hanno una storia ed una cultura, cose che solo a Napoli puoi respirare in ogni angolo di strada. E con “Palepolitana” respiri a pieni polmoni non solo Napoli ma un progrock ancora pulsante, un prog capace di amalgamarsi con il “popolare” e con generi diversi. E poi quell’incipit iniziale proprio di “Palepolitana”, che ti proietta su quella musica che abbiamo sempre amato, con quelle sfumature rock-fusion che in Santa Lucia ritroviamo con i testi in napoletano. Insomma, gli Osanna non hanno mai smesso i vestiti di quel Palepoli che è diventato una delle pietre miliari del prog tricolore. Non è un caso se dopo tanti anni sono ancora qui: per gli Osanna sempre Palepolitana è.
“Palepolitana”, distribuito in versione doppio cd vanta la presenza di un ulteriore supporto dedicato ad una interpretazione nuova del primo lavoro; il disco interamente rivisitato è integrato di quelle parti inedite che riconsegnate al lavoro primario di Palepoli, danno al disco quella dimensione vinilica che il gruppo avrebbe voluto e che enigmatici errori di scaletta hanno contribuito a renderlo diverso dall’idea iniziale.