
Mike Oldfield | Tubular Bells (1973)
Lo stupefacente esordio del giovane prodigio Mike Oldfield
Tubular Bells è uno di quei dischi che ha segnato in modo indelebile la storia del rock. Se pensate alla giovanissima età dell’autore, allora diciannovenne, ed alle modalità con cui il disco fu registrato e ideato, allora si ha l’idea di come la pubblicazione di questo album sia qualcosa di miracoloso. Dopo TB chiunque vorrà fare lunghe suite non potrà fare a meno di confrontarsi con questo “gigante”.
Mike Oldfield è stato un bambino prodigio, iniziò a suonare la chitarra, regalatagli dal padre medico, a soli sette anni. In famiglia anche la sorella era una buona musicista, questo ambiente lo aiutò certamente ad amare e ad appassionarsi alla musica. L’infanzia di Mike non fu comunque facile. I pessimi rapporti con la madre alcolizzata e con frequenti crisi ansioso-depressive lo portarono a formare un carattere estremamente chiuso ed introverso che, se da un lato gli consentì di concentrarsi in modo quasi maniacale allo studio della musica, dall’altro gli creò svariati problemi al momento del suo straordinario ed inaspettato successo.
La prima vera esperienza musicale di un certo peso fu quella con Kevin Ayers, ex bassista dei Soft Machine. Mike suonò la chitarra e il basso in Shooting at the Moon. Era il 1970, Oldfield aveva solo 17 anni. Questa collaborazione, per quanto importante, era ancora troppo poco, le idee che passavano per la sua testa erano molto più radicali e rivoluzionarie. La folle idea di Mike maturava nella sua mente da anni, nelle sue giornate passate a studiare musica aveva, infatti, creato vari pezzi strumentali brevi. L’idea era quella di riprendere quanto aveva ideato fin dall’infanzia, sovraincidendo tutto per creare due lunghe suite di circa 25 minuti. In pratica Mike cominciò a scrivere TB, senza saperlo, all’età di otto anni. Mike registrò più di ottanta tracce e le sovraincise tutte su un’unica cassetta. Non so bene come abbia fatto, so che la cassetta era quasi distrutta dopo le ottanta registrazioni. Se pensiamo alla tecnologia del 1972 e se pensiamo che tutto fu fatto in modo quasi amatoriale, si rimane stupefatti e quasi commossi dalla grandezza del risultato raggiunto.
Mike suona di tutto, pianoforte, glockenspiel (una sorta di xilofono), organo, basso elettrico, chitarra elettrica, chitarra classica, mandolino, batteria, varie percussioni, timpani, chitarra folk e ovviamente le famose campane tubolari. Le collaborazioni esterne sono quelle della sorella Sally al coro e Lindsay L. Cooper al contrabbasso.
Non fu facile trovare una casa discografica disposta a pubblicare il disco di un esordiente che aveva la pretesa di pubblicare due suite di 25 minuti. Mike ricevette tanti complimenti e tante pacche sulle spalle ma nessun contratto. Solo la neonata Virgin, ed esattamente gli ingegneri del suono Tom Newmann e Simon Heyworth credettero in lui, anzi i due restarono estremamente colpiti ed increduli quando sentirono TB per la prima volta. L’album venne pubblicato nel 1973 e fu il primo disco della Virgin. Il successo fu subito clamoroso ed inaspettato, TB balzò al primo posto nelle classifiche inglesi dove vi restò per 15 settimane, poi il successo si diffuse in tutta l’Europa. A contribuire enormemente fu il film L’Esorcista di cui TB divenne la colonna sonora.
Musicalmente TB è un album molto innovativo, mescola tanti generi diversi, ambient, psichedelia, progressive, folk, musica classica, minimalismo alla Riley, il tutto senza essere mai inutilmente pomposo. Anzi, pur essendo un disco estremamente complesso è anche facilmente fruibile. Questo è senz’altro uno dei motivi del successo di Mike Oldfield. I brani sono un susseguirsi armonioso di piano, chitarre, mandolini, organi che sono a tratti morbidi a tratti minacciosi.
Il primo brano è più duro e deciso rispetto al secondo che ha invece atmosfere più ambient. Si parte col piano reso celebre dal film L’esorcista, si continua con una chitarra elettrica distorta, poi un organo e un mandolino sino al finale in cui Oldfield presenta ad uno ad uno tutti gli strumenti su un sottofondo di chitarre classiche che verrà ripreso dai Goblin nel film Profondo Rosso.
Il secondo brano inizia con delle splendide chitarre ambient, il tono è quasi bucolico, estremamente pacifico. Il tutto accelera sino ad un cantato con una voce dura e animalesca sino ad un ritorno ad atmosfera più leggere. Tutta questa complessità è smorzata alla fine da uno scherzo di Oldfield che conclude il disco con Sailor hornpipe (Braccio di ferro) suonata con la chitarra classica a velocità sempre crescente sino a raggiungere la massima tecnicamente possibile.
C’è chi dice che Tubular Bells sia l’anello di congiunzione tra progressive rock e new age ed in effetti potrebbe essere vero. In ogni caso cercare di catalogare quest’album è difficile oltre che inutile. Tubular bells è un disco unico, sia nel genere che nella modalità di produzione e per questo risulta praticamente incatalogabile. Io preferisco accostarlo alla scena di Canterbury, non tanto per la musica, ma perchè Oldfield è cresciuto e si è formato in quell’ambiente ed è li che Tubular bells è nato.
Mike Oldfied divenne famoso all’età di 19 anni e dopo un album come questo c’era da aspettarsi qualcosa di più dai suoi dischi successivi. Questi, per quanto molto spesso siano stati di altissimo livello, non hanno mai raggiunto la grandezza dell’esordio. Ma questa, ovviamente, è solo un’opinione.