
Klaus Schulze | Kontinuum (2007)
Il ritorno ai sintetizzatori per un album moderno e pregno di suggestione
Degno rappresentante di uno dei movimenti musicali più innovativi ed espressivi del XX secolo – il cosiddetto “Krautrock” – Klaus Schulze è da considerarsi un prolifico continuatore di un’idea, disomogeneamente ripresa con vari stili e risultati, che non smette di produrre ‘visioni’ sonore. Quello di Schulze è da sempre un approccio esplorativo, riflessivo, atmosferico, evocativo. Espressioni come “ambient”, “New Age” o “elettronica” risultano, così, solo dei particolari lessicali alquanto posticci e riadattati con cui si tenta di indicare un genere – in realtà quarantennale – che ha visto negli Ash Ra Tempel o nei Tangerine Dream (band in cui Schulze ha militato) le massime espressioni: la musica cosmica (“Kosmische Musik”). Questa premessa si rende necessaria nel momento in cui si decide di parlare di un artista che dai primissimi anni Settanta a tutt’oggi, con i suoi numerosi lavori, non smette di rivestire il ruolo di ‘corriere’ cosmico, sondando i meandri della composizione spaziale e cerebrale attraverso dilatati flussi sonori mediati da sintetizzatori e sequencer, ‘strumenti’ non solo musicali ma comunicativi ed essenzialmente ‘espressionisti’.
“Klaus Schulze” – si legge nelle note all’interno del booklet del CD – “non è il più indicato nella ricerca di melodie, ma con sonorità e ritmiche è imbattibile”. Quelle di Schulze sono ampie e dimensionali pennellate musicali che sembrano voler riempire i vuoti spaziotemporali di una mente in un continuo viaggio esperienziale. “Kontinuum”, dunque, in cui l’autore riprende proficuamente in mano sequencer e synth, parte da questo presupposto e rappresenta, in un certo senso, una sorta di ritorno alle origini per il talentuoso polistrumentista berlinese ormai prossimo ai settant’anni. Il coraggioso, tormentato e sperimentale “Irrlicht” (1971), eccellente album d’esordio di Schulze, aveva infatti inaugurato una definitiva aspirazione alla misteriosa dimensione interstellare, in linea con “Ash Ra Tempel” dell’omonimo gruppo, uscito nello stesso anno, e con “Electronic Meditation” dei Tangerine Dream di un anno prima, con una chiara ispirazione a quella psichedelia cosmica suggellata da un capolavoro come “Atom Heart Mother” dei primi Pink Floyd; tutti fulgidi esempi di un periodo storico musicale ricco di immaginazione, sperimentazione e talento creativo. Pertanto, il ritorno a un modo originario di comporre è rappresentato, in Schulze, dalla scelta di mettere da parte – diremmo finalmente – dispositivi digitali e relativi campionatori (attualmente imprescindibili per la musica elettronica) che nel 1980, a partire dall’album “Dig it”, lo avevano invece allettato come una ‘novità’ tecnologicamente irrinunciabile. Così, mentre in passato il passaggio dall’analogico al digitale sembrava aver preso il sopravvento sulla produzione e la resa creativa finale, con album decisamente altalenanti e non sempre all’altezza delle reali capacità di Schulze, il XXI secolo evidenzia sempre più un momentaneo distacco da un’eccessiva computerizzazione dei brani preferendo nuovamente un approccio compositivo più ‘artigianale’ e diretto, seppur assolutamente moderno ed efficace.
Per queste ragioni “Kontinuum” sorprende positivamente, così come gli album successivi, giacché dimostra in tal modo di saper meglio esprimere inquietudini e aneliti con brani ciclici, suggestivi e stranianti, in uno stile complessivo meno freddo e cupo rispetto ad album precedenti. Tutto l’album – che ricorda vagamente i migliori lavori di Vangelis – riesce da subito ad affascinare l’ascoltatore, a trasportarlo nei reconditi spazi mentali magistralmente evocati da Schulze, a trascinarlo dentro cosmiche e fluide correnti sonore, a coinvolgerlo in ritmiche ipnotiche, in un etereo e intimistico viaggio, non senza elementi etnici e azzeccatissimi timbri elettronici degni dei migliori film di fantascienza.
Uscito nel 2007, “Kontinuum” – suddiviso nei tre lunghi brani “Sequenzer (From 70 To 07)”, “Euro Caravan” e “Thor (Thunder)” – si avvale anche di un’appropriata copertina a opera di Thomas Ewerhard in cui la grafica, ricreando spazi cubici con circuiti elettronici e tacche temporali su uno sfondo sidereo, si adatta perfettamente al contenuto musicale e sembra quasi sintetizzare figurativamente l’anima del ‘concept’ compositivo dell’intera discografia di Schulze.
– Fabio T.