
Kaleidoscope | A Beacon From Mars (1968)
Un classico della psichedelia americana più autentica con influenze etniche e orientali
A Beacon From Mars è uno dei classici della psichedelia di San Francisco ma si differenzia dagli altri album simbolo di quell’epoca per le sue evidenti influenze etniche e orientali. I Kaleidoscope riescono più che nei loro altri lavori a creare una perfetta miscela di suoni (folk, musica etnica, tzigana, indiana, psichedelia) e strumenti diversi, quali banjo, mandolini, saz, salterio, il darabouka, il tabla che verrà poi ripreso magnificamente dai Third Ear Band, che è unica nella Scena di Francisco. Siamo di fronte ad un prezioso esperimento di raga-folk-rock.

I Kaleidoscope
Altra caratteristica da segnalare dei Kaleidoscope è la loro ottima tecnica e il loro essere eccellenti polistrumentisti, caratteristiche che gli sono state riconosciute anche da Jimmy Page dei Led Zeppelin che li ha definiti il suo gruppo preferito. Considerato l’autore di questa affermazione non è una cosa da poco. Il gruppo è formato dal violinista e tastierista Fenrus “Maxwell Buda” Epp, dal chitarrista David Lindley, dal bassista Chris Darrow, dal cantante Solomon Feldthouse che suona i vari strumenti orientali e dal batterista John Vidican.
L’album è anche da ricordare per la sua famosa copertina che però non è originale. E’ ripresa da un vecchio poster del 1901 che pubblicizzava un’opera del pianista Raymond Taylor. Il “Segnale da Marte” che nel 1901 doveva sembrare pionieristico, diventa nel 1968 il “Faro da Marte”.
A Beacon from Mars è fondamentalmente dominato da suoi due capolavori, due opere talmente grandi da fare ombra a tutto il resto. I brani in questione sono il capolavoro Taxim e la title track, due lunghi e arditi esperimenti, il primo, una splendida contaminazione raga-folk, il secondo più accostabile ad un trip lisergico alla Grateful Dead. Proprio Taxim è il brano migliore mai scritto dai Kaleidoscope, i suoni dei vari strumenti che si accavallano e susseguono sono uno dei massimi risultai di contaminazione del folk occidentale con la musica orientale, quasi accostabile agli esperimenti col sitar che negli anni successivi proporranno i Popol Vuh. Taxim è un brano che segna davvero un’epoca, una vera e propria pietra miliare.
Il secondo capolavoro dell’album è proprio A Beacon from Mars, lungo trip acido tipico della psichedelia di San Francisco, che ricorda un pò i Grateful Dead, un pò i Doors. E’ in pratica un blues rivisitato, allungato a dismisura come volevano gli stilemi del rock psichedelico ma con tratti cacofonici sperimentali.
Gli altri brani sono più convenzionali ma pur sempre interessanti, in particolare segnalo il folk irlandese segnato dal suono delle cornamuse di Greenwod Sidee e l’inno generazionale di I Found Out caratterizzato dalla voce quasi atonale del cantante.
Tracklist
01 I Found Out
02 Greenwood Sidee
03 Life Will Pass You By
04 Taxim
05 Baldheaded End Of A Broom
06 Louisiana Man
07 You Don’t Love Me
08 A Beacon From Mars