
Juri Camisasca | La Finestra Dentro (1974)
Il visionario esordio di Juri Camisasca, un indimenticabile viaggio dentro i meandri più oscuri della psiche umana.

Juri Camisasca
Roberto ”Juri” Camisasca è solo un giovane e ventiduenne muratore quando incide il suo esordio La finestra dentro, una raccolta di canzoni capace di colorare gli elementi propri del folk con cangianti cromie acide, dipingendo un’atmosfera inquietante ma, nello stesso tempo, anche estremamente suggestiva. Per l’occasione, Camisasca viene aiutato dall’amico e mentore Franco Battiato al sintetizzatore, dal percussionista degli Aktuala Lino “Capra” Vaccina, Maurizio Petrò alla chitarra, Gianni Mocchetti al basso, il produttore Pino Massara alle tastiere ed una serie di personaggi rotanti attorno alla figura di Franco Battiato. Per questa sfolta schiera di ospiti di diversa estrazione, che portano ognuno le proprie influenze, La finestra dentro non è proprio un album progressivo nella sua accezione più purista, ma piuttosto una sua propaggine solipsistica e misteriosa.
Camisasca conosce Franco Battiato durante il servizio militare e, dopo un’audizione presso la Bla Bla di Natale Massara (all’epoca etichetta dello stesso Battiato), Juri riceve carta bianca per l’incisione del suo primo LP, anche se ammetterà candidamente più tardi: “Al tempo del disco d’esordio, avevo le idee un po’ confuse; alcune cose erano degli effettismi, anche se credo di aver manifestato anche a livello inconscio un certo disagio esistenziale“.
Il mondo di Camisasca è colorato a tinte forti, il suo cantato sofferto e patologico viene perennemente soffocato da musiche discordanti, ricche di percussioni ed inserimenti elettronici, che descrivono un viaggio interiore ascetico, libero dalle smanie materiali ed alla perenne ricerca dello spirituale, iniziando proprio dalle angosce recondite di un uomo in lotta con le pulsioni del proprio corpo, da cui vorrebbe divincolarsi: è questo il caso di Un galantuomo, capace di plasmare un’atmosfera empaticamente disperata, grazie soprattutto alla voce-strumento del visionario Juri Camisasca, che dà vita ad una canzone che, come ammette lui stesso sul libretto della ristampa del 1991, è ineluttabilmente sommersa dal disagio esistenziale: “Quei topi cui mi riferivo erano i pensieri. ‘Nel mio corpo ci sono delle fognature e tutti le chiamano vene ma dentro ci sono dei topi che corrono’: dipingeva il mio stato di allora; la situazione di disagio che vivevo era causata dai pensieri negativi e io avevo dato quella connotazione: i topi”.
Più avanti, il galantuomo guarda fuori dal proprio Io, scorgendo una situazione sociale e politica non meno disperata: la ballata parossistica di Ho un grande vuoto nella testa viene guidata dal pianoforte, che contrasta piacevolmente con l’attacco vocale ed emotivo dell’etno-cantautore Camisasca: “i miei pensieri li ho messi tutti in un bicchiere e poi li ho rovesciati nel fiume delle illusioni ed ora sto cercando qualcosa che non so, ma forse sarà perché ho paura di affrontare la realtà“.
Con Metamorfosi l’album ritorna poi al suo germoglio folk, tra etniche percussioni, docili chitarre ed un soffice sintetizzatore, una cornice antitetica alla mostruosa scoperta dopo il risveglio. Queste immagini kafkiane non sono però da prendere alla lettera, ma alludono alla possibilità di riscoprirsi diversi col passare dei giorni, talmente diversi da poter essere discriminati (o parte dei discriminanti): “Un fastidioso ronzio mi sveglia. Sono due ali di seta sbocciate stanotte sulla mia schiena. Faccio per muovere le gambe, le guardo sono tante, sono mille zampette che si muovono velocemente intorno al mio corpo ovale“.
In seguito, l’allarmante Scavando col badile, con una dialettica drammaturgica, ribalta il rapporto schiavo-padrone dell’uomo con gli animali, da sempre trattati e visti con una prospettiva di sudditanza, ponendoci in una posizione subalterna e spaventosa; ed ecco allora che il nostro mondo viene messo sottosopra ed “i coccodrilli usavano la pelle della donna per fare le scarpe per fare le borsette e le valigie. I maiali tritavano la carne umana per fare i salami, le bistecche ed i roastbeef. All’ingresso del castello dei Principi Bulldog un serpente suonava il flauto e l’uomo da una cesta lentamente si allungava. E con gli occhi di ghiaccio il serpente mi fissava ed il suo sguardo mi ipnotizzava“.
La disagiata John si snoda poi attraverso diversi cambi di abito e di ritmo, invitando l’ascoltatore a riflettere sul tema dell’omosessualità in un momento storico in cui essa era vista alla stregua di una malattia: Juri si pone ancora in una posizione scomoda, che porta però a porsi alcuni interrogativi sull’anima e sull’illuminazione. Proprio da queste ultime riflessioni affiora poi uno spiraglio di speranza con Un fiume di luce, col suono dell’organo e della voce che effondono il primo raggio di luce di una vita piatta e patologizzata.
La ricerca può infine dirsi portata a compimento con l’avvicinamento al divino, oltre la volta celeste: il locus amoenus de Il regno dell’Eden nasce e cresce per fotosintesi proprio dal barlume luminoso della traccia precedente, con un suono piuttosto simile, e potrebbe essere il miglior esempio della musica di Camisasca dal momento che compendia perfettamente tutto ciò che offre questo album, divincolandosi tra momenti folcloristici ad alcuni passaggi più sperimentali, fino alla parusia finale: “Io sono il Creatore. Io sono il Divino. E rimango seduto sul trono principale“. E’ un bellissimo trionfo del libero arbitrio, ma è paradossalmente anche l’accettazione, tanto sofferta, del disegno divino. L’apertura definitiva della nostra “finestra dentro” verso il vero significato della Vita.
Dopo aver pubblicato un paio di singoli (“La musica muore” e “Himalaya”) ed essere apparso col super-gruppo del Telaio Magnetico, oltre che con Franco Battiato (Juke Box, 1978) e Lino “Capra” Vaccina (Antico adagio, 1978), Juri Camisasca prende i voti e si ritira in un convento benedettino, sparendo dalle scene per oltre un decennio. Allo scadere degli anni Ottanta, ritorna con un nuovo album sperimentale e religioso (Te Deum, 1988), continuando in più occasioni la sua collaborazione con Battiato anche nel nuovo millennio, come in Arcano Enigma (1999), nonché con altri gruppi italiani come la PFM su Serendipity (2000). Esce, infine, proprio in questo aprile 2016 Spirituality, il nuovo progetto musicale di Juri Camisasca e Rosario Di Bella: in un’epoca in cui i criminali vengono osannati accanto ai santi, si tratta di un lavoro nettamente in avanti sui suoi tempi, un dialogo inter-religioso messo misticamente in musica ad esorcizzare questa contemporanea crisi dei valori.
Il risultato complessivo de La Finestra Dentro è molto più intenso di Aria di Alan Sorrenti, forse l’unico sullo stivale capace in quegli anni di usare, analogamente, la sua voce come un autentico strumento: la differenza è che, mentre il figlio delle stelle – e futuro figlio di sua maestà, il denaro! – ha saputo riprodurre i sogni psichedelici dell’epoca in maniera onirica ed eterea, la visione di Juri è invece qui macchiata dagli incubi congeniti che ogni uomo porta con sè come un invisibile ma pesantissimo fardello.