
Jefferson Airplane | Surrealistic Pillow (1967)
Il "primo" grande album dei Jefferson Airplane, l'iniziale passo verso l'Olimpo della psichedelia
I Jefferson Airplane sono, insieme ai Grateful Dead, il gruppo simbolo della Scena di San Francisco. Nessun altro è riuscito a incarnare in modo tanto autorevole e sincero un movimento, un’idea, addirittura una generazione intera. In pratica da Surrealistic Pillow (1967) fino a Volunteers (1969), la storia della Bay Area, del movimento hippie, della contro-cultura si è legato in modo apparentemente indissolubile a quella dei Jefferson Airplane; tanto forte è stato il legame che, finita la storia di uno, finisce anche quella dell’altro. Dopo il 1969, infatti, terminata la “splendida illusione” la cui fine potremmo idealmente datare con il 6 Dicembre 1969, data del tragico Altamont Free Concert, finisce anche la storia dei Jefferson Aiplane che, pur passando – negli anni successivi – da aeroplano ad astronave con i Jefferson Starship, voleranno molto più basso.
La musica e la storia dei Jefferson Airplane hanno caratteristiche uniche. Il legame con le classiche origini folk-blues-rock resta sempre fortissimo; molto più forte di vari gruppi a loro contemporanei. Ad esempio – nello stesso anno – i Red Crayola con Parable of Arable Land (1967) hanno scardinato il classico formato canzone e quasi rinnegato le origini blues; Frank Zappa – addirittura un anno prima – con Freak Out! ha prodotto un album tanto originale da sembrare venuto fuori dal nulla in quanto a difficoltà di accostamento con quanto prodotto prima del 1966; infine i 13th Floor Elevators con The psychedelic sounds of the 13th Floor Elevators (1966) dettano i canoni del rock psichedelico. Se si pensa a tutto questo, i Jefferson Airplane non possono essere assolutamente considerati pionieri della sperimentazione. In loro il formato canzone non è affatto rinnegato (viene superato solo con l’album successivo), i brani superano raramente i tre minuti, il ritornello “cantabile” è sempre presente. Si può persino condividere l’idea che, anche grazie a queste caratteristiche, i Jefferson Airplane hanno avuto un ruolo non secondario nel traghettare il movimento da ristretta élite a movimento giovanile di massa.
Da un lato tutti i loro brani appaiono veri e propri inni generazionali; un pò per i testi, un pò per la voce di Grace Slick – potente e maestosa – quindi perfetta per il formato “inno”. Dall’altro lato diventano veri emblemi del movimento anche per le critiche feroci di vari politici conservatori che guardavano con sospetto – se non addirittura con paura – ai Jefferson Airplane, ai loro espliciti riferimenti all’uso dell’LSD, al loro “legittimare” culturalmente un modo totalmente “altro” di intendere la vita, la libertà, la guerra, i rapporti tra cittadino e stato. Questo li rendeva ai loro occhi, non uno straordinario esempio di libertà artistica, ma uno strumento diabolico di corruzione delle menti dei giovani. Questi motivi – insieme ad altri – hanno legato i Jefferson Airplane a tutto il movimento di San Francisco. Questo legame tanto stretto rende inevitabile il fatto che oggi appaiano meno attuali di gruppi come i Doors o i Velvet Underground, la cui musica ha un linguaggio che supera una singola stagione per dilatarsi nel tempo e ambire all’eternità.
Se il primo album, Take Off, appare ancora tanto legato al classico folk-blues rock da non sembrare essere capace di tracciare nuove vie, con Surreallistic Pillow le cose cambiano. L’arrivo della cantante dei Great Society – la formidabile Grace Slick – il ruolo maggiore avuto da Kaukonen rispetto a Balin, rendono l’album il loro primo vero capolavoro e il primo passo verso l’incoronazione a simbolo di un’intera generazione. Undici brani in cui si nota chiaramente che i Jefferson Airplane sanno suonare davvero. Si può affermare che da un punto d vista tecnico l’accoppiata chitarra-basso formata da Kaukonen-Casady non ha rivali nelle varie scene americane. L’ingresso di Grace Slick con la sua voce possente apre nuove strade e rende possibile la creazione di brani che – pur non superando i tre minuti – raggiungono una potenza onirica sorprendente. E’ il caso della superba White Rabbit, che in appena due minuti crea un crescendo che la rende un caso unico e bizzarro di pop psichedelico. Nella sua semplicità è un vero capolavoro; i testi con i chiari riferimenti all’uso dell’LSD sono un simbolo di un’intera stagione musicale e artistica in senso lato.
Altro brano di Slick è la celeberrima Somebody To Love, coinvolgente rock’n’roll che diventa un vero inno della Summer of Love.
Magnifici esempi di blues acido sono 3/5 of a Mile in 10 Seconds e She Has Funny Cars che mostrano capacità tecniche e canore fuori dal comune.
Più introspettivi e malinconici, ma non meno psichedelici, appaiono l’ipnosi melodica di Today o i lunghi dialoghi e arpeggi di Comin’ Back To Me.
Kaukonen dimostra di essere un chitarrista di altissimo livello con la strumentale Embryonic Journey che è un omaggio al maestro John Fahey.
Plastic Fantastic Lover chiude in modo diverso; ritmi martellanti, andamento lisergico, cantato nevrotico e brevi sovraincisioni. Sembra quasi preludere al loro prossimo album – After Bathing At Baxter’s (1968) – quello che farà superare davvero ai Jefferson Airplane il classico formato canzone e aprire la strada a nuovi confini da oltrepassare.