
Hugh Hopper | 1984 (1973)
Il futuro distopico disegnato da Hugh Hopper
“In 1984 ho fatto tutto il possibile per cambiare i suoni: ho accelerato i nastri, li ho rallentati, li ho fatti girare in senso inverso, ho creato sovrapposizioni di piste. Ho anche usato sul basso un pedale che si chiamava TootleBug e che era uno dei primi pedali analogici per il cambio d’ottava. Avevo anche cominciato a comporre alcuni temi minimali e degli spazi dentro i quali ho aggiunto diverse parti di basso scritte e improvvisate. Poi ho inserito effetti o strumenti strani, utilizzati in modo assolutamente inconsueto, facendo spesso ricorso ai loop. Ho invitato poi altri musicisti a suonare con me, come John Marshall che ha suonato la maggior parte delle percussioni. In alcuni dei pezzi più lunghi, quelli con dalla dimensione quasi psichedelica, ho rallentato le tracce che contenevano i piatti della batteria, per evidenziare quella sensazione ruvida ma anche molto fluttuante.”
In questa intervista del 2005, quattro anni prima della sua prematura scomparsa, Hugh Hopper parla del suo album solista più famoso: 1984.
Hugh Hopper è stato uno dei più grandi musicisti della Scena di Canterbury, ha suonato in sei album dei Soft Machine (dal secondo al settimo), in Rock Bottom di Robert Wyatt, in Madcap Laughs di Syd Barrett, in Joy of Toy di Kevin Ayers, ha suonato con David Allen (a cui peraltro deve molto, in particolare la tecnica usatissima in 1984 di sovraincisione e manipolazione dei nastri magnetici, i loop e la conoscenza di Terry Riley con cui Allen aveva lavorato negli anni 60). Le collaborazioni sono tantissime ed è impossibile elencarle tutte.
In tutti gli svariati dischi pubblicati, in collaborazione o solista, Hopper non ha mai avuto concessioni commerciali, è sempre rimasto coerentemente “settario”, nel senso di fare un genere di nicchia, il jazz-rock canterburiano senza mai alcun compromesso. Con 1984 Hopper sforna il suo capolavoro fondendo jazz-rock, psichedelia (ben rappresentata dai due lunghi brani Miniluv e Miniplenty) e musica sperimentale in una sola opera.
Hopper vuole ricostruire le atmosfere cupe del tremendo futuro immaginato da Orwell nel suo romanzo 1984. In effetti le sonorità sono futuristiche, il modo di suonare il basso è innovativo, le corde non vengono suonate ma sbattute, grattate, torturate, i suoni registrati sono allungati, rallentati o accelerati, sovraincisi, snaturati. Il risultato è eccellente, soprattutto Miniluv e Miniplenty rappresentano due brani che esplorano spazi, suoni e atmosfere assolutamente nuovi. In particolare il suono del basso “grattato”, non suonato, nel finale di Miniplenty è assolutamente unico e indimenticabile.
Segnalo inoltre le percussioni minimaliste di John Marshall che accompagnano quasi tutto l’album, che danno un sottofondo continuo che lascia immaginare i paesaggi grigi, “ministeriali” dei ministeri dell’amore, dell’abbondanza e della pace descritti dai brani e il suono dei piatti allungati a dismisura in Miniplenty e Miniluv che sono assolutamente caratteristici della musica di Hopper. Collaborano anche Pye Hastings, Lol Coxhill, Gary Windo, cioè i classici musicisti canterburiani.