
Gong | You (1974)
Il terzo capitolo dell'intergalattica saga "Radio Gnome Invisible" di Daevid Allen & Co.
You è il terzo capitolo della saga Radio Gnome Invisible, rilasciato nell’ottobre del 1974 con una forte matrice elettronica che si schiera sul fronte della Kosmische Music. Il disco venne registrato agli studi Manor di Oxford, con la produzione di Simon Heyworth e dei Gong “sotto l’influenza universale della Invisible Opera Company of Tibet“, con la stessa formazione di Angel’s Egg e l’aggiunta delle percussioni di Benoit Moerlen (fratello minore del batterista Pierre) e di Miquette Giraudy (alias “Bambaloni Yoni“) ai cori.
In You, Zero è costretto a far ritorno dal suo viaggio e chiede a Hiram il Capomastro come costruire il proprio Tempio Invisibile; fatto ciò, decide di dover organizzare il Grande Banchetto di freak sull’isola di Everywhere, a Bali, dove lo Switch Doctor accende il terzo occhio ad ognuno dei commensali, eccezion fatta per Zero che si è perso nei piaceri della Terra (la Torta di Frutta di Banana Ananda) ed è così obbligato a continuare la propria esistenza ruotando sul ciclo della morte e della rinascita, avvicinandosi lentamente all’Angel’s Egg.

Gong
You è l’epitome definitiva dei Gong, che sigilla – per decenni – la trilogia Radio Gnome Invisible, trovando forse la sua espressione più solida ma perdendo qualcosa dell’originalità di Angel’s Egg. La combinazione di avanguardia jazz, canto teatrale, sperimentazione elettronica, cosmici sintetizzatori e glissato delle chitarre viene qui portata alla sua fruizione finale, ma è chiaro che l’anarchia sperimentale e l’energia grezza dei loro album precedenti sia stata messa da parte a favore di una maggiore coesione. Individualmente parlando, i momenti più notevoli vengono qui forniti dal chitarrista Hillage, dal sassofonista Malherbe e dalla sezione ritmica sorprendente di Howlett e Moerlen, che mettono in ombra le incostanti parti vocali di Allen e consorte, incarnando la principale fonte di energia e magniloquenza soprattutto durante i passaggi sonori più inceppati. Rispetto a Flying Teapot ed Angel’s Egg le tastiere sono poi diventate più rilevanti, creando un’atmosfera elettrica strabiliante. Inoltre, questo album, a differenza dei suoi due prequel, viene suddiviso in una prima parte scandita da brevi tracce ed una seconda metà contenente due composizioni di oltre dieci minuti, in uno stile che sembra non avere più molto da spartire con il suono di Canterbury, allontanandosi dall’umorismo bizzarro di Daevid Allen e sempre più all’insegna del geometrico jazz-rock del batterista Pierre Moerlen.
L’album comincia con l’innocuo ed effimero Thoughts for Naught, una buffa introduzione seguita dall’interludio “zappiano” di A PHP’s Advice che rilascia brevemente alcuni curiosi consigli (“In case you don’t remember, this is what you do, get up out of bed now. If there’s nothing left to find the answer to – here is… Question number one: if you’re a believer, what do you believe? Why do you believe it?”).
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La spaziale Magick Mother Invocation vede un’estasiata Gilli Smyth in connubio alla voce idiosincratica di Daevid Allen accoppiarsi su nastro in un canto tribale alieno, riportando alla mente i pericolosi discorsi kobaiani dei Magma, in un ginepraio di effetti spaziali enfatizzati.
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L’interplanetaria Master Builder, quasi in stile Mahavishnu Orchestra, è a mio avviso la canzone perfetta per quella che è una psichedelica space-jam-session di proporzioni epiche, che si basa sul futuro tema di Hillage “The Glorious Om Riff” (Green, 1978) ma, per non avere l’illusione di trovarsi su un suo disco solista, a metà della canzone vi è un freno brusco dove Allen polverizza – momentaneamente – i suoi granitici riff assieme ad uno stormo di uccellini, quasi fosse una spietata Biancaneve!
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L’elettronica disturbata di A Sprinkling of Clouds inizia con un synth spaziale dando vita ad un ambient strumentale inquietante, che suona come una versione sofisticata dei Tangerine Dream: un approccio davvero molto diverso dei Gong, qui fortemente dipendenti dalle tastiere e con l’ipnotica sezione ritmica di Mike Howlett e Pierre Moerlen che segue fedelmente la sperimentazione della chitarra solista di Steve Hillage, ammortizzata soltanto dal dolce intercedere del flauto di Malherbe.
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La breve parentesi goffa di Perfect Mystery è un leggero precursore del denso vibrafono jazz-rock che i Gong avrebbero sfoderato nell’album Gazeuse!, tuttavia, questa traccia è inserita nel punto sbagliato perché è incorniciata da due pezzi molto ampi e tende, quindi, a rovinarne la scorrevolezza. The Isle of Everywhere ha poi la possibilità di allungarne i suoni psichedelici, quasi prefigurando l’hip-hop a tratti, con una linea di basso funky che si fa strada lungo i meandri delle tastiere cosmiche, infilandosi tra gli impercettibili sospiri di Gilli Smyth ed alcuni bei momenti del sax.
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Successivamente, la colossale You Never Blow Your Trip Forever riprende in qualche modo l’atmosfera generale visualizzata dai due precedenti album, dove lo spirito di gioia viene costantemente posticipato durante i primi 10 minuti ma è, in ultima analisi, esposto lungo la litania finale, in cui la verità si rivela e si celebra nella rivelazione: “You are I or I am You”. Questa manifestazione della urgente necessità di riconoscere come il nostro prossimo sia una vera e propria proiezione di noi stessi è sapientemente consegnata in questa linea, con una serpentina arabeggiante a cui fanno seguito successive variazioni liriche di questo assioma, fino ad un fade-out delicato che mette la parola fine – momentaneamente – a questa gnomesca (e lisergicamente gnomica!) trilogia.
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Dopo You, nl 1974 la Smyth uscì dai Gong per dedicarsi ai propri figli, seguita l’anno dopo da Daevid Allen che si rifiutò di salire sul palco in un concerto a Cheltenham sostenendo di essere trattenuto da un’ “improvvisa comparsa di un campo magnetico che gli impediva di avvicinarsi ai suoi compagni”. Alla base dell’abbandono dei due fondatori c’erano i loro ricorrenti attriti, ma soprattutto quelli con Tim Blake (da sempre una famigerata “testa calda”!) e Pierre Moerlen (che Allen e la Smyth consideravano troppo “tecnico”) e la repulsione di Daevid per l’evoluzione della Virgin, che si era trasformata nel frattempo da etichetta indipendente a faraonica major. Anche Blake lasciò poi la band, ed il primo disco con la nuova formazione guidata da Pierre Moerlen fu Shamal (1976, Virgin) con la produzione di Nick Mason, a cui seguiranno Gazeuse! (1977) ed Espresso II (1978). La grande riunione della famiglia dei Gong avvenne il 28 maggio del 1977 all’ippodromo di Parigi, dando seguito a varie formazioni che si susseguiranno nel corso degli anni sotto al nome di Gong Global Family, fino alla morte di Daevid Allen nel 2015. In questo periodo, il gruppo trovò anche il tempo di estendere la Trilogia di altri tre capitoli (Shapeshifter 1992, Zero to Infinity 2000 e 2032, 2009).
Forse i Gong saranno capiti soltanto nel 2032, anno in cui finalmente il pianeta Gong entrerà in contatto con la Terra, a seguito di un perfetto allineamento astrale. Ma come sempre, ai posteri l’ardua sentenza!