
Godspeed You! Black Emperor | Asunder, Sweet And Other Distress (2015)
L'orchestra post-rock dei canadesi Godspeed You! Black Emperor continua la sua carriera senza mai deludere
Tornano i Godspeed You! Black Emperor e, come sempre, non deludono in alcun modo le aspettative. Gli eroi canadesi del post-rock stavolta non fanno passare dieci anni dal loro ultimo lavoro, ma solo tre anni dopo il monumentale Allelujah! Don’t Bend! Ascend! ecco il loro nuovo album, candidato ad essere uno dei migliori del 2015.
Asunder, Sweet And Other Distress, il loro quinto album in studio, mostra alcune differenze con i precedenti lavori. In primo luogo non ci sono più i lunghi dialoghi politico-anarchici che avevano contraddistinto la storia stessa dei Godspeed You Black Emperor; la durata complessiva, appena quaranta minuti, è minore rispetto a quanto eravamo abituati e, direi la cosa più importante, Asunder, Sweet And Other Distress riduce – senza farla sparire – quella componente più solenne che è sempre stata un marchio di fabbrica. Quella che potrebbe essere considerata come una lunga suite è divisa in due brani potenti ed energici – il primo e l’ultimo – mentre i due centrali esplorano un minimalismo elettronico cupo e disperato che evolve la musica dei canadesi.
Peasantry Or ‘Light! Inside Of Light!’ è il brano più potente e a differenza dei classici crescendo vertiginosi dei Godspeed, parte subito al massimo della sua forza; un monolite di dieci minuti dove chitarre, violini e tastiere creano un esplosione di suoni tanto potenti da legittimare la citazione degli Swans.
Le successive Lambs’ Breath e Asunder, Sweet rappresentano invece una parziale novità; le note distorte di basso, i continui droni, i rumori in dissolvenza, le lunghissime note minimali, ad esempio del lungo finale di Lambs’ Breath, segnano un evoluzione dei Godspeed che sembrano quasi virare verso il post-rock cupo dei Labradford. Asunder, Sweet accentua anche il concetto di ripetizione e, in particolare all’inizio, non si distanzia troppo dalle composizioni del maestro dei loop William Basinski. E’ come se i Godspeed evolvessero, oltre che la loro musica, anche le loro idee politiche, lasciando perdere non solo la speranza – quella forse non c’era mai stata – ma ora persino la rabbia. Sembra resti solo la rassegnazione; l’unica cosa possibile è la mera descrizione dell’infelice esistente.
Il finale Piss Crowns Are Trebled è più tipicamente post-rock, almeno nel modo in cui i canadesi lo hanno sempre inteso. Inizio lento, progressiva crescita con incedere marziale fino al furioso finale dove violini e chitarre si inseguono in modo frenetico e sembrano spazzare via – come in un inno alla rinascita – le cupe atmosfere precedenti.