
Goblin | Profondo Rosso (1975)
I Goblin hanno rappresentato, con la loro tecnica e le loro ambientazioni, non solo la colonna sonora di singoli film, ma quella dell’intera stagione del cinema italiano di genere degli anni settanta.
I Goblin rappresentano l’essenza stessa delle colonne sonore del cinema italiano di genere degli anni settanta; la loro grandezza supera quella dei singoli film a cui hanno collaborato per raggiungere quasi lo status di simbolo e di leggenda. La loro magnifica carriera, che li porterà alla notorietà mondiale, inizia proprio nel 1975, anno della pubblicazione di Profondo Rosso, uno dei miglior film di Dario Argento e di tutto il cinema italiano di genere che – in quegli anni – viveva una sorta di periodo d’oro in quanto a ricerca e originalità nel contesto del cinema mondiale. Nel 1974 Dario Argento cerca un gruppo per la colonna sonora del suo nuovo film; nella sua mente pensa a qualcosa di simile al Tubular Bells di Mike Oldfield, colonna sonora del film “L’Esorcista” uscito un anno prima. Contatta addirittura i Pink Floyd che – ormai star internazionali e memori della brutta esperienza con Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni – rifiutano categoricamente. Pensa quindi al jazzista Giorgio Gaslini, ma dopo alcune incomprensioni contatta un nuovo gruppo che aveva sentito per caso – dopo un consiglio della moglie Daria Nicolodi – gli allora Oliver, i futuri Goblin. Già musicisti affermati (ex Cherry Five), seppur giovanissimi, hanno il compito di arrangiare brani già ideati da Gaslini (il lato B dell’album) e di registrarne di nuovi (il lato A). Durante l’incontro con Dario Argento il regista porta il vinile di Tubular Bells chiedendo di fare qualcosa di simile e di prendere anche spunto dai Pink Floyd di Meddle e Ummagumma. Simonetti e compagni fanno in pieno il loro dovere e dopo l’ingresso alla batteria di Walter Martino e aver cambiato nome in Goblin, sono pronti per il loro primo grande album. Alcuni dei brani di Profondo Rosso sono semplicemente leggenda come ad esempio la title-track. Mad Muppet, frenetica soundtrack dell’omicidio del Prof. Giordani risente degli ascolti di One of These Days, mentre Death Dies è in pratica una variazione sul tema di Tubular Bells. Questo non vuol dire assolutamente che i Goblin “copino”. I Goblin – prendendo ispirazione dalla loro contemporaneità, dalla musica progressiva e psichedelica – hanno creato una sintesi personalissima che è, in pratica, un modo “altro” di intendere il progressive rock. E questo può farlo solo un grande gruppo.
Valerio D’Onofrio
Gli anni ’70 hanno rappresentato, per chi scrive, qualcosa. Sono stati gli anni di una nuova contestazione giovanile, di sicuro a differenza di quella del ’68, un po’ più violenta e forse questa violenza è stata causata dall’insofferenza. E’ accaduto a molti di noi che siamo cresciuti con la musica progressive in particolare. I nostri autori preferiti quelli che oggi non ci sono più, la musica anzi l’ascolto della musica era poi un vero e proprio diversivo mentre l’acquisto di un lp un lusso che solo pochi potevano permettersi. Ed allora la sera ascoltavi la radio perché sapevi bene che alle ventidue in punto cominciava Supersonic e lì era solo rock, musica rock e basta.
Era il 1975 quando sugli schermi comparve l’inizio dell’incubo, un incubo profondo che aveva il nome di Dario Argento, il maestro dell’horror, colui che meglio di tutti ha saputo far capire al pubblico cosa vuol dire, letteralmente, “morire di paura”. Ed è stato il Dario nazionale ad imporre la scelta del prog come colonna sonora delle sue allucinazioni, prima con i Goblin poi con un certo Keith Emerson, un viaggio anche musicale cominciato con Profondo Rosso e finito ….. all’Inferno.
Ora, la ristampa di Profondo Rosso sembra riportare in vita “i morti” anzi, come dire, i fantasmi di un passato che se da una parte ha contribuito ad ampliare la conoscenza del progressive, dall’altra ha fatto di questa musica “la musica” che abbiamo amato di più fra i tanti generi e sottogeneri.
Se diamo uno sguardo al passato si capisce quanto questo lavoro sia stato prolifico di stampe e ristampe; “Profondo Rosso” è uscito in Giappone per la EMI/Odeon, in Germania, in Olanda, Portogallo ed Australia ed esiste in giro anche un bootleg, Deep red, con una sequenza di brani che è diversa da quella che conosciamo; poi c’è ancora una seconda edizione giapponese ed un’altra brasiliana. Addirittura poi, molte di queste produzioni hanno una sequenza di brani ben diversa da quella che tutti, almeno qui in Italia, conoscono.
Profondo Rosso non è solo una colonna sonora, è un buon album di musica prog, un lavoro che vanta atmosfere straordinarie e musiche di qualità. La titletrack con Death Dies e Wild Session sono tre brani profondamente diversi fra loro, ma sempre e comunque magnifici. Profondo Rosso era in regola per poter diventare un vero e proprio capolavoro. Il disco rappresenta, nonostante tutto, una delle perle del Rock italiano degli anni settanta e le sue note hanno contribuito a rendere immortale la pellicola di Dario Argento. L’ascolto di questo album durante le ore notturne può provocare insonnia, inquietudine e panico.
Di sicuro questi Goblin sono stati per certi versi un gruppo atipico nello scenario del progrock tricolore, un gruppo che ora, con il Simonetti che abbiamo conosciuto in passato, si autocelebra grazie all’etichetta Rustblade che guarda caso, il 31 ottobre di quest’anno, giorno di Halloween, ha pubblicato la ristampa della colonna sonora di “Profondo rosso”, quella musica che ci ha fatto accapponare la pelle. E, comunque, se sono ancora tanti gli estimatori di questo gruppo un motivo ci sarà; è probabile che pezzi come Suspiria, lo stesso Profondo Rosso, Tenebre e Phenomena siano ormai entrati non solo nel dna di molti “freak” del passato ma abbiano entusiasticamente coinvolto anche una buona parte della nuova generazione che probabilmente non è solo hip-hop. Dico io: “e mano male che è così”! Se fosse solo hip hop nel Profondo rosso ci potremmo andare tranquillamente tutti, tanto la colonna sonora c’è già ed anche chi la suona.
I nostalgici non perdano questa nuova uscita.
Ah, dimenticavo, ora si chiamano Claudio Simonetti’s Goblin e sono in giro con uno spettacolo che molti consigliano; magari portatevi anche del buspirone che potrebbe sempre tornare utile.
Raffaele Astore