
Goat | Commune (2014)
Un inno all'aggregazione descritto dagli stessi musicisti come "Il sacrificio dell’individualità per il bene della collettività"
In un’epoca come la nostra, segnata dal più sfrenato individualismo, dall’edonismo più spinto, dalla smisurata ricerca del godimento personale illimitato, apparirà certamente anacronistico il messaggio di chi ci chiede di “sacrificare la propria individualità per il bene della collettività”. Il messaggio degli svedesi Goat è quanto di più lontano si possa oggi immaginare, proprio per questo potrà apparire, da alcuni versi, un nostalgico ricordo di un’epoca hippie ormai morta e sepolta (non nei nostri cuori), per altri versi potrebbe invece essere un nuovo messaggio rivoluzionario e un grande auspicio di cambiamento della nostra società. Aggregazione contro alienazione, collettività contro individualismo, solidarietà contro egoismo.
La musica dei Goat continua la nobile missione dei gruppi psichedelici classici più contaminati con sonorità orientali come i Fifty Foot Hose o i Kaleidoscope, creando un’atmosfera da happening estremamente coinvolgente che non può non ricordare i monumenti della psichedelia hippie americana, i Jefferson Airplane, i Grateful Dead e i Quicksilver Messenger Service. Ma il vero gruppo al quale i Goat carpiscono il testimone sono i formidabili Amon Dull II, da cui prendono la riscoperta di rituali pagani e di antiche tradizioni dimenticate. Inoltre ne ricalcano lo stesso approccio alla musica e in generale alla vita, vissuta appunto in modo il più aggregante e collettivo possibile (proprio come facevano gli Amon Dull, vivono insieme in una comune).
Commune non si discosta eccessivamente dal precedente World Music e contiene vari brani molto interessanti. Se dovessimo trovare un difetto andrebbe cercato nelle voci femminili che certamente fanno pensare quanto possa ancora mancarci la voce di Grace Slick.
L’album inizia con l’ottima Talk to God, ossessiva e ripetitiva, per poi continuare con le chitarre zappiane di The Light Within, la ballad lisergica To Travel the Path Unknown, l’elettronica Words, le percussioni tribali di Goatslaves, il singolo Hide from the Sun, per terminare con la lunga cavalcata di Gathering of Ancient Tribes. Tra suoni indiani, mediorientali e occidentali, i Goat creano un buon album che è vera World Music, nel senso più ampio e totalizzante della parola.