
Gila | Night works (1972)
L'esperienza rock psichedelica di una brillante band
Intenzionati a riproporre con entusiasmo il sound e la spontaneità del miracolo musicale raggiunto con il loro album d’esordio, l’eccellente “Free electric sound“, almeno nelle loro intenzioni, i tedeschi Gila – sempre capitanati dal geniale talento chitarristico di Conny Weidt (o anche Veit) – decisero di andare oltre la semplice attività in studio, rivolgendo la loro attenzione a una registrazione ‘on stage’ di nuovi brani catturati su disco in presa diretta. Nasce così nel 1972 “Night Works“, permanendo la stessa line-up (Conny Veidt alle chitarre, voce ed effetti elettronici, Daniel Alluno alla batteria e percussioni, Fritz Scheyhing alle tastiere, mellotron ed effetti elettronici e Walter Wiederkehr al basso). L’album rappresentò una sorta di completamento ideale di “Free electric sound” interamente suonato dal vivo – senza rumori esterni – preservando idee e ispirazioni originari. Un album più ufficioso che ufficiale (rilasciato su Compact Disc soltanto nel 1999), probabilmente destinato soprattutto alle emittenti radio, ma che oggi è invece considerato a ragione parte integrante della loro discografia.
Anche la copertina riprende lo stesso tema grafico generale della precedente, con fantasie cromatiche ‘elettriche’ e cangianti in un disegno puramente astratto e psichedelico. Sette i brani presenti: “Around Midnight“, “Braintwist“, “Trampelpfad“, “Viva Arabica” e poi “The Gila Symphony” (il brano più lungo dell’intero album), “Communication II” e “The Needle“, di appena 52 secondi.
Parlare di questo lavoro strumentale, in realtà, può anche risultare inutile (citando in questo caso le parole di Frank Zappa secondo cui “parlare di musica è come ballare di architettura”) perché esso trova esclusivamente il suo più giusto senso in un ascolto completo e in un trasporto totale all’interno degli scorci sonori ed esecutivi ricreati ad arte dai Gila.
L’intero album è infatti un vero e proprio trip tra rock psichedelico e freak’n’rock, sempre e comunque nello stile peculiare del krautrock più riuscito laddove il punto focale dell’intero afflato compositivo ed esecutivo permane la Musica e solo quella. Nulla di più lontano, dunque, da ogni tendenza alla ‘commerciabilità’ o alle facili melodie ma neppure a sonorità rock fini a sé stesse. Il ‘viaggio’ e l’improvvisazione divengono parte basilare di una estemporanea creativa che si nutre di ispirazione e suggestioni senza compromessi.
F.T.