
Gila | Free electric sound (1971)
Pietra miliare del krautrock psichedelico
Tanto formidabili quanto misconosciuti, i Gila nascono dalla volontà e dalla visione creativa di un grande chitarrista tedesco: Conny Veidt (o anche Veit). E come già accaduto per tante altre band vissute come fulgide meteore tra scioglimenti prematuri e cambi di direzione, anch’essi hanno fatto appena in tempo a produrre solo tre album, pregni però di elevata ispirazione musicale. La cosa incredibile, tutt’oggi, è la difficoltà di poter reperire su Compact Disc questi lavori così sorprendentemente interessanti, ed è un peccato perché in essi i Gila hanno saputo altresì coniugare magnificamente due lodevoli qualità: una brillante ed evocativa esecuzione (perfettamente catturata su disco) e una cura più attenta agli arrangiamenti, pur trattandosi di brani con forti tendenze all’improvvisazione. Il loro contributo puramente musicale è davvero notevole soprattutto in riferimento al genere di appartenenza, la cosiddetta ‘musica cosmica’, in cui – con il loro primo album – i Gila hanno rappresentato una vera e propria pietra miliare. La loro storia inizia nel 1969, anno in cui si formarono come band rappresentativa di una ‘comune’ anarchica di Stoccarda, ossia una comunità di cittadini hippie ‘fuori dal sistema’ che vivono – come in altre comuni ancora oggi esistenti anche in Italia – in una realtà sociale egalitaria, pacifica, solidale e priva di gerarchie (stessa cosa avvenne per gli Amon Düül II).
Conny Veidt (chitarre, voce ed effetti elettronici) riunisce attorno a lui strumentisti capaci come Daniel Alluno (batteria e percussioni), Fritz Scheyhing (tastiere, mellotron ed effetti elettronici) e Walter Wiederkehr (basso), formando la prima line-up di una band con un solo obiettivo musicale, quello di fondere sorprendenti alchimie rock con nuove sperimentazioni psichedeliche.
Veidt, colui che sarà il futuro e apprezzato chitarrista dei Popol Vuh, mostra subito di avere le idee chiare proponendo un sound ricco di suggestioni e non lontano da quanto già in similari direzioni stavano esprimendo importanti band come i Pink Floyd e gli Ash Ra Tempel; a differenza di questi ultimi, però, egli decide di far risaltare con più forza la carica acid rock della sua chitarra senza mai eccedere in tendenze da guitar’s hero, ma piuttosto richiamando soluzioni e approcci squisitamente hendrixiani. Dopo quindi due anni di proficuo rodaggio ‘on stage’ e incoraggiati da una schiera di fedeli fan completamente rapiti dal loro stile musicale, i Gila entrano in studio di registrazione a Colonia e, in evidente stato di grazia, realizzano nel 1971 il loro notevole album d’esordio: “Free electric sound“. Dalla caratteristica copertina astratta con una geometrica raffigurazione centrale della testa di un rettile (frutto della fantasia di Fritz Mikesch e Marlies Schaffer), il lavoro – registrato in soli otto giorni esattamente com’era accaduto per “More” dei Pink Floyd – è coordinato dall’ingegnere del suono Dieter Dierks e prodotto dalla stessa band.
Sei le tracce proposte: Aggression (dalle tendenze genuinamente freak’n’rock), Kommunikation (tra elettrici arpeggi dark e passaggi tipicamente krautrock), Kollaps (dai suoni esotici e derivazioni psichedeliche), Kontakt (diviso tra trip cosmico e ballad psichedelica), Kollektivitat (imperniato sulle note suadenti di chitarre e tastiera e che sembra richiamare i fasti dei Van der Graaf Generator), e infine Individualitat (allucinato e tribale brano con al centro le ritmiche sciamaniche di Daniel Alluno).
L’album – che riesce a conquistare un ascolto continuo di tutti i pezzi come fosse un’unica suite – si apre con i suoni sintetizzati di avvolgenti onde del mare e folate di vento, fino al riff principale segnato dalla chitarra di Veidt che farà da tema principale a tutto il vibrante brano. Ogni pezzo in realtà, grazie alla perfetta armonia tra i quattro, possiede sonorità e trame coinvolgenti e dinamiche, passando da escursioni psichedeliche e vagamente prog a veri e propri trip cosmici, dall’ipnotico pianto di un neonato ai misteriosi richiami di una voce onirica, in un generale tripudio di pennellate sonore altamente suggestive ed efficaci. Ogni strumentista dimostra costantemente di avere talento e buon gusto e ogni traccia evoca sound ed viaggi cerebrali in risonanza con altri eccellenti album come “A saucerful of secrets” dei Pink Floyd, “At the Cliffs of River Rhine” degli Agitation Free, “Flying (One hour Space Rock)” degli Ufo, ” Auf der bahn zum Uranus” dei Gaa, “Join Inn” degli Ash Ra Tempel, solo per citarne alcuni che, assieme a questo capolavoro dei Gila, costituiscono il meglio dello space rock psichedelico. “Free electric sound” è dunque un album registrato con perizia e passione, senza la minima sbavatura o calo espressivo ed esecutivo; in altri termini, semplicemente imperdibile.
F.T.