
Gentle Giant | Acquaring the Taste (1972)
Gentle Giant con il loro stile unico hanno spianato la strada a sperimentazioni che oggi si ritrovano in diversi lavori di gruppi prog. Ma la loro è un’impronta che resta indelebile anche per il nostrano progressive: due band su tutte, Banco e P.F.M.
Caratterizzati da uno stile multiforme ma anche sperimentale, i Gentle Giant hanno dalla loro una padronanza polistrumentista che li rende unico nel vasto panorama del progressive inglese ed internazionale.
I Gentle Giant, così come per i Genesis ed i Van der Graaf Generation, contribuirono in modo sostanziale alla diffusione di un genere progressive forse più cervellotico, ma di certo non lontano da quelle linee che caratterizzarono gli anni del boom per queste nuove sonorità.
Il loro sbarco in Italia lo osservai per la prima volta leggendo, all’epoca, un interessante articolo su Ciao 2001, unica rivista specializzata nella promozione e diffusione di quella musica “diversa”, spesso ascoltabile solo in trasmissioni radiofoniche quali “Per voi giovani”, “Supersonic” o altri di tal genere.
Tra l’altro i Gentle hanno positivamente contribuito all’evoluzione del sound di casa nostra, influenzando, anche se in modo marginale, gruppi quali la P.F.M., il Banco, e ad esempio i Goblin che comunque, a dispetto di quanto può sembrare, hanno sapientemente sviluppato un proprio stile portando poi, il progressive italiano, a farsi conoscere ed apprezzare anche oltre i confini nazionali.
Tra la discografia del Gigante Gentile, di sicuro, il lavoro che più ci ha colpito sia per gli ascolti fatti nel tempo, che per originalità, è la loro seconda produzione, Acquaring the Taste che si spinge fortemente nella sperimentazione (inusuale forse all’epoca) con l’intenzione di espandere i cosiddetti confini della musica popolare. Qui, in questo lavoro, se facciamo riferimento al loro omonimo debutto discografico, si nota quanto, nel giro di poco tempo, la loro musica si sia perfezionata sia dal punto stilistico che dal punto sperimentale. Una esplosiva miscela di rock, musica barocca, medievale, jazz, folk vengono amalgamati con una serie di produzioni corali e vocali assolutamente originali sia per l’epoca, ma anche per i nostri giorni.

Gentle Giant
Se vi accostate all’ascolto di questo lavoro con in mano la copertina del vinile, scoprirete quanto i musicisti del Gigante Gentile scrivono “E’ nostro scopo espandere le frontiere della musica popolare contemporanea al rischio di essere anche impopolari. Abbiamo registrato ogni singolo brano con il solo obiettivo che esso debba essere unico, avventuroso ed affascinante”.
Ed è proprio questo che ritroviamo in brani come “Pantagruel’s nativity”,“Edge of twlight”, “The house, the street, the room e Wreck”.
La formazione che sforna questo capolavoro, per me assoluto, comprende Gary Green, Kerry Minnear, Derek Shulman, Phil Shulman, Ray Shulman, e Martin Smith in un mix di sassofoni, voci, chitarre acustiche ed elettriche, percussioni, xilofoni, cori, trombe, clarinetti, insomma un ensamble unico per quei tempi.Ma il gruppo non si ferma, musicalmente parlando, nelle espressioni che abbiamo fin qui indicato: infatti i Gentle Giant inseriscono sia in questo che in altri lavori i cosiddetti “tempi dispari” tipici della musica classica, caratterizzando ancor di più il loro sound che, difatti, resta unico nel panorama prog ma che altri gruppi faranno propri successivamente.
Il brano che dà il titolo all’album, Acquiring the Taste, è una sorta di orchestrazione di delicati sintetizzatori che ti portano ad “assaporare il gusto” di un album che definire un capolavoro è del tutto limitativo.
Ma anche Wreck è uno portagioie di sorprese: qui le melodie e le ritmiche si confondo in un unicum fatto di cambi continui, stacchi impercettibili specialmente nel finale che sorprende. Infatti, mentre il brano sembra giungere al termine, ti ritrovi a godere il vigore del riff di chitarre di certo non calate lì, a caso, ma studiate nei dettagli.
The Moon is Down con il suo intro di sax per pochi minuti ti trascina in quell’atmosfera tipica dei Gentle che da lì a breve lascia spazio ad un intervallo di pianoforte, chitarra e sax che solo genio e sapienza musicale sono in grado di produrre. Eh già, perché quando meno te lo aspetti, un’arpa inserita a menadito ti fa capire quanto la musica che stai ascoltando, nella sua complessità, diventa un mare di emozioni per l’anima e le orecchie.
Con un lavoro così concepito non poteva mancare di certo la raffinatezza proposta con Black Cat, un brano dove la principale alimentazione è quella del violino accompagnato dalla chitarra del buon Gray Green che già prelude a quel “Plain Truth” di certo il pezzo più minimalista dell’intero album che prelude ad altre sorprese. Già, io proprio le maracas non me le aspettavo, ma la sensazione è così breve che con furore vengo direttamente preso dalla mano di questo gigante, davvero gentile, che ha scritto una delle pagine più interessanti del progressive. Un viaggio che definisco semplicemente “oltre” per l’originalità di questo modo unico di intendere il progressive.