
Frank Zappa | Freak Out! (1966)
Lo storico esordio del genio di Baltimora
“Le Mothers sono nate per entrare dalla porta di servizio e uccidervi nel sonno, per combattere l’infelice società americana con le sue stesse armi. Uno dei nostri principali obiettivi a breve termine è spazzar via la logica della programmazione radiofonica dei Top-40, perché è fondamentalmente sbagliata, immorale e antimusicale”. Si presenta cosi, nel 1966, il giovane Frank Zappa, con intenti bellicosi, se non addirittura rivoluzionari. E’ quasi una chiamata alle armi; Freak, uscite fuori allo scoperto!
Freak Out è l’inizio della grandissima carriera e della sterminata discografia di uno dei musicisti più originali e influenti della storia della musica. Seppur Zappa sia ancora molto giovane, le sue idee sono chiare fin da subito. I suoi obiettivi sono quelli da lui stesso citati, usare le armi della società consumistica americana (le canzoncine stupide, i ritornelli infantili) per inserirvi dentro testi rivoluzionari che aprissero la mente dell’ascoltatore. La cosa incredibile è che Zappa scrive tutto questo nei felici anni sessanta, un’epoca di relativo benessere, dove non era affatto facile comprendere i suoi messaggi. Oltre a ciò, la grande intuizione di Zappa, che è gia visibile in alcuni brani di Freak Out, ma che diventerà palese negli anni successivi, quelli della maturità, è il superamento dei generi musicali, la capacità di unire la musica colta dell’avanguardia, il jazz, il rock, creando una musica che non sia riconoscibile in nessuno di questi generi, in una parola musica totale.
La musica di Zappa nasce in piena epoca psichedelica, ma le sue idee e la sua personalità gli impediscono di poter essere etichettato in un qualunque genere o movimento. Zappa intuisce la grande spinta artistica dettata dalla psichedelia, la usa in parte ma sempre restandone al di fuori, anzi criticando aspramente i movimenti hippie californiani. Zappa non accetta affatto l’idea di un utilizzo delle droghe che ispirino nuovi percorsi musicali, per lui la musica non può essere intesa come un viaggio lisergico, lui per scrivere e suonare ha un assoluto bisogno di lucidità e di controllo, niente deve essere lasciato al caso. Anche da questo aspetto del suo carattere, nasce l’austerità e la severità nei confronti dei musicisti che con lui collaborano. Ad essi non è concesso alcun grado di libertà, quella spetta solo a lui. Altra caratteristica che emerge in Freak Out è l’ambizione smisurata di Zappa. Ancora sconosciuto ha l’ardire di pubblicare un doppio album, il primo della storia del rock era stato pubblcato solo un mese prima dal ben più noto Bob Dylan, con Blonde on Blonde (1966). Freak Out è anche un concept album, il primo in assoluto se si esclude Little Deuce Coupe (1963) dei Beach Boys, album di tutt’altro valore.
Il primo brano, Hungry Freaks Daddy, è un vero e proprio manifesto programmatico. Da un riff che riprende Satisfaction dei Rolling Stones, ecco cosa riesce a dirci Zappa.
Mister America, passa oltre le tue scuole che non ci insegnano
Mister America, cerchi di nascondere il vuoto che hai dentro, quando scoprirai il modo in cui hai mentito e tutti i trucchi che hai usato non sarai in grado di fermare la marea di Freak affamati!
Who are the brain police? è il brano più psichedelico scritto da Zappa, tenendo sempre conto la sua innata indole a sfuggire ad ogni etichetta. E’ un brano sinistro e sperimentale, segnato da una cantilena acida. Per Zappa esistono tantissimi cittadini militarizzati, che inconsciamente puniscono ogni loro pensiero che possa divergere dal pensare comune, è una forma di autocensura inconsapevole, ecco la polizia della mente.
Con Trouble Every Day si raggiungono due obiettivi, denunciare i fatti di Wats, una delle più grandi ribellioni di neri contro la polizia, che costarono 34 morti. Zappa dice nel brano di non essere nero ma che vorrebbe poter dire di non essere bianco. Dal punto di vista musicale siamo di fronte a qualcosa di estremamente innovativo, il ritmo incalzante, ripetitivo e rabbioso ricorda alcuni brani dell’esordio dei Velvet Underground, ad esempio I’m Waiting for a man.
Nella prima parte dell’album sono tante le cosiddette canzoncine apparentemente stupide alla Zappa, dal collage demenziale di Wowie Zowie, al blues rock di Motherly Love, al doo-wop liceale di Go Cry On Somebody Else’s Shoulder alla parodia di Bob Dylan, Any Way The Wind Blow.
Nella seconda parte le cose cambiano radicalmente, esce fuori la parte di Zappa appassionata di Edgar Varese, dei collage avanguardistici, il creatore folle e geniale. Help, I’m A Rock e Return Of The Son Of Monster Magnet sono due assurdi collage, due informi calderoni zappiani dove dentro troviamo davvero di tutto. Sono ancora due esperimenti ma la strada di verso la musica totale, il suo vero fine, è intrapresa con decisione.