
Emerson, Lake & Palmer | Tarkus (1971)
Lavoro ad oggi ancora controverso: è un concept capriccioso e frammentario, per molti versi incompleto con una sontuosa suite di venti minuti firmata da Keith Emerson, manifestazione fluida del rock progressivo più alto
«Credo ancora oggi che non sia stata una buona idea… Insomma, pensate che un armadillo cingolato possa essere una buona idea?» (Greg Lake a proposito della copertina di Tarkus in Beyond the Beginning).
La copertina di Tarkus, disegnata da William Neal, in realtà fu una grande trovata, e rimane tra le immagini più suggestive dell’iconografia discografica del periodo progressive. Il gruppo degli Emerson Lake & Palmer, si formò nel 1970, ed era composto da musicisti che avevano già una buona carriera alle spalle: Keith Emerson, già tastierista dei Nice, aveva deciso di lasciare quel gruppo per puntare ad un futuro che lo vedesse anche compositore della sua musica; Greg Lake, bassista e potente voce dei King Crimson, si unì ad Emerson perchè stanco della sua band e soprattutto di Robert Fripp. Greg Lake scoprì quasi per caso il batterista degli Atomic Rooster, Carl Palmer, dopo aver visto sfumare la possibilità di portare nel formazione nascente Jimi Hendrix ed il suo batterista Mitch Mitchell, per la morte improvvisa di Hendrix. Palmer accettò con entusiasmo ed il cerchio si chiuse: nacquero gli Emerson Lake and Palmer, un gruppo che ad oggi ha venduto la bellezza di 35 milioni di dischi nel mondo.
Incidono il loro primo album, Emerson Lake & Palmer, nel 1970, dopo un’indimenticabile esibizione al Festival dell’Isola di Wight, nella quale si distinguono per affiatamento, entusiasmo e grande abilità tecnica: la loro musica ha profonde contaminazioni classiche, un rock elegante e ricco di virtuosismi in cui ciascuno dei musicisti ci mette il meglio di sè. Tarkus, il loro secondo album, del 1971, tuttavia, rappresenta meglio il loro stile, che da questo disco in poi vedrà l’introduzione massiccia di strumenti elettronici e di elaborati missaggi in fase di produzione del vinile.
Diciamo subito che resta un lavoro ad oggi ancora controverso: è un concept capriccioso e frammentario, per molti versi incompleto e con una vistosa differenza tra le due facciate: la prima ospita una sontuosa suite di venti minuti firmata da Keith Emerson, manifestazione fluida del rock progressivo più alto, di grande potenza espressiva e con arrangiamenti perfetti. La voce di Greg Lake, le evoluzioni impegnative ed il forte soffio, impernia magistralmente l’architettura sinfonica rutilante delle tastiere, aiutata in alcuni casi dal tuono del Moog e sostenuta dalla potente muscolatura della ritmica.
Protagonista della prima facciata è una creatura favolistica, il famoso carrarmato-armadillo, austero e imbattibile, ma la storia deve essere intesa come una metafora che nasconde una forte critica alla politica condotta dagli Stati Uniti in Vietnam ed al costante inasprimento della Guerra Fredda. Un tema alto dunque, il pacifismo, che spinge i musicisti all’eccellenza. La facciata B invece è un insieme di brani minori, pezzi brevi inferiori ai quattro minuti con spunti certamente interessanti ma non indimenticabili. Brani “carini”, più spesso un po’ sciatti e fatti in fretta forse per sfruttare meglio e nel più breve tempo possibile quel successo che avevano già raggiunto con il primo disco.
La title track è composta da sette movimenti che raccontano la storia dello strano animale meccanico rappresentato in copertina e soprattutto nello storyboard al suo interno; Eruption, il primo movimento, inizia con il boato del Moog, visto che Tarkus nasce da un uovo situato ai piedi di un vulcano primevo in eruzione. La ritmica scaturisce nervosa in un 5/4 costruendo una sostanziosa muscolatura all’Hammond che tesse vorticosi fiumi di lava punteggiati dagli squarci sonori del sintetizzatore. La voce calda di Lake introduce la seconda sezione Stones Of Years, e si avverte nettamente la grande lezione dei King Crimson nel dosaggio della sua potente energia e nella dolcezza in cui intinge le parole e si avverte anche (e soprattutto) una maggiore libertà nell’espressione delle proprie suggestioni che “graffiano” in alcuni momenti i versi. Emerson contrappone degli assoli di organo pregevoli e miscelati con cura nei due canali della rappresentazione stereofonica. Tessuto ritmico di ottima fattura.
Si riparte violentemente con Iconoclast mentre la storia si snoda nelle battaglie che Tarkus deve sostenere con mostri preistorici e orrifici: questo breve movimento prelude al successivo Mass, che si apre con un riff di sintetizzatore: adesso i toni sono concitati, Lake traduce le sue sensazioni in un ritmo vocale nervoso e loquace, Emerson ci sorprende con un assolo di organo imponente e verso la fine una batteria a mitraglia introduce un’aspra chitarra elettrica. Il quinto movimento racconta di Manticore, mostro mitologico dal volto umano, il corpo di leone ricoperto di aculei e coda di scorpione contro cui Tarkus combatte all’ultimo sangue: organo e pianoforte si rincorrono mentre Palmer si occupa della dinamite fino alla rullata che introduce il momento più bello della suite The Battlefield, movimento dalle tonalità epiche sorretto da Hammond e chitarra elettrica. Lake si esprime al meglio, la sua voce potente vola sorretta dal drumming faraonico di Palmer e dalla chitarra elettrica che ad un tratto compie uno dei rari assoli presenti nella storia del gruppo. Grande suggestione per un momento alto del progressive di tutti i tempi. La suite si conclude con Aquatarkus: Tarkus colpito in un occhio da un aculeo della Manticora fugge via per perdersi nel mare. Conclusione a ritmo di marcia con toni apocalittici e forti esplosioni sonore fino a tornare al tema iniziale di Eruption.
Il racconto epico si chiude qui e “girando” il disco il risveglio non è dei migliori: Jeremy Bender è un pallido tentativo di attenuare l’impressione lasciata dalla suite, eseguito in stile honkytonk così caro ad Emerson; va un po’ meglio con Bitches Crystal brano grintoso e irregolare, ritmica rapida e pianoforte frenetico ad accompagnare un Lake intenso ed esplosivo. The Only Way (Hymn), riprende il tema di una Toccata di Bach e l’organo ha tonalità monastiche: Lake si trasfigura in impressioni dolci quasi malinconiche che esprime con grande talento; nella seconda parte l’organo lascia spazio al pianoforte per un fraseggio intimo e di grande virtuosismo che trasporta in alto la voce che ascende disincarnata.
Si prosegue direttamente con Infinite Space (Conclusion), brano con pochi spunti d’interesse eseguito da Emerson e Palmer, quest’ultimo comunque interessante nella scelta della consecuzione dei ritmi. A Time And A Place, aperto da Organo e Moog, è probabilmente il pezzo che Palmer sente di più perchè la batteria è assolutamente sorprendete per velocità e destrezza: aperto da Organo e Moog, la melodia trionfale si inerpica sugli energici riff di Hammond. Non rimane che ascoltare Are You Ready Eddy?, simpatico rock’n’roll dedicato al tecnico del suono Eddie Offord, che conclude con uno scherzo divertente un disco così contraddittorio ma per molti versi davvero epico.