
Elias Nardi Group | Flowers of Fragility (2015)
Flowers Of Fragility è un manifesto di legami strumentali proposti da Elias Nardi arricchito dall'ispirazione di un gruppo di ottimi musicisti come Daniele Di Bonaventura, Didier François, Nazanin Piri-Niri e Carlo La Manna.
Flowers of Fragility, terzo album per Elias Nardi (album della settimana su Fahrenheit di Rai Radio 3) tra atmosfere jazzate e Medioriente per fiori fragili che disegnano un tazebau dei cimiteri di guerra delle Fiandre Occidentali. Dal punto di vista musicale, questa volta, Elias presenta un album forte, armonicamente più compatto ma che non manca di sperimentazione pura ed approfondita ricerca sonora.
Già dalla copertina, con i fiori che seccano al sole, si può intravedere la bellezza di questo lavoro; quei fiori che hanno la forza di rappresentare gli uomini soldato strappati alla loro quotidianità per una guerra di solito mai voluta da loro sono quasi un manifesto dei nostri tempi, come i legami strumentali sono in questo lavoro il manifesto musicale di un’artista unico.

Elias Nardi Group
Flowers of Fragility è musicalmente influenzato dal rock progressive e da un jazz in chiave moderna, con un passepartout che collega direttamente alla tradizione mediorientale grazie alla presenza sonora di un liuto arabo che diventa il fulcro di uno spartito musicale intrecciato e complesso. Un po’ come le sonorità delle tradizioni salentine, rivisitate da grandi nomi negli agosti infuocati della pizzica.
Ma veniamo a questo lavoro, ascoltato con attenzione nelle ore notturne (le uniche ormai che ci restano per dedicarsi a questi piaceri).
Flowers of fragility, pezzo di apertura di questo lavoro, è un brano dalle sonorità uniche; un’apertura dolce come spesso accade anche nelle serate di pizzica contaminata dai grandi maestri, un brano, unicamente strumentale tra world music, folk venato di jazz, insomma una via di mezzo tra tradizione e modernità. Come fare a non avere fra le mani la splendida copertina realizzata dal pittore Pol Bonduelle (guarda caso fiammingo) e farsi ispirare, un’ispirazioni che tra musica e pittura ci riporta alla mente certi suoni di una Anna Phoebe componente della Trans Siberian Orchestra, presente in lavori progressive con i Jethro Tull che lo scorso anno ha calcato il palco della Woodstock salentina de La Notte della Taranta diretta da Phil Manzanera? Insomma, in due parole, bella apertura.
Le coeur de Nina con l’oud arabo impugnato da Elias Nardi e l’iniziale jazz minimale proposto si merita il prosequio della precedente traccia. Qui, la soffusa ritmica del brano lascia spazio ad un ancestrale violino ed ad un organetto che ricama sapientemente atmosfere surreali. L’introduzione del flauto e l’armoniosità complessiva della struttura musicale fanno di questa seconda traccia un altro momento di piacevole ascolto. Ecco cosa ci sembra questo disco, già al secondo brano riprodotto: un composto di strumenti acustici ed elettrici (basso) che mettono in risalto una delle tragedie più assurde che l’uomo è riuscito a concepire: la guerra che strappa i soldati ai propri affetti. E sembra di ritrovarsi proiettati in un film non a colori (come la bellissima copertina) ma in bianco e nero. E stavolta, qui c’è arte, arte musicale.
Afsaneh dimostra quanto sia forte e straordinaria la tecnica di Elias Nardi, una tecnica che mi fa ritornare ancora a quella notte di Manzanera ed alla presenza di un altro grande strumentista come Raoul Rodriguez, chitarrista di flamenco che vanta collaborazioni con Kiko Veneno, Martirio, Cara Oscura. Qui le armonie delle corde hanno il sopravvento “solistico” e si presentano all’ascolto con una tecnica davvero encomiabile. Un brano che percepisci con un gusto unico, perché unico è il modo di arrivare a quell’armonia compatta che con questa seconda produzione Elias Nardi ci propone.
Il dono è un gioco armonioso dove le atmosfere tipicamente arabeggianti non puoi non notarle. La maestria del gruppo la percepisci in tutta la sua completezza perché, quella prodotta, è una vera e propria art emsamble. Le contaminazioni qui sono forti, palpabili, le percepisci dalla prima nota. Che splendore questo brano, tra cambi di ritmo ed un’unica armonia appositamente inventata, Elias sembra che abbia voluto offrire ai propri estimatori un regalo inaspettato. Sarà, ma il titolo è proprio azzeccato come tutto il contenuto musicale.
Impermanenza è una sorta di piccola suite dove i sequenziali tempi del violino in apertura del brano, sono poi incorporati ed abbracciati quasi dagli altri strumenti. Il pezzo, anche se composto da Didier Francois ben si amalgama nella concettualità sonora proposta complessivamente con questo album. Il lavoro di ricerca sviluppato fin qui non può né deve essere sottovalutato, non fosse altro che a contribuirvi sono tutti i musicisti chiamati a coadiuvare Nardi. E questa maturazione parte già da lontano grazie anche a collaborazioni avute con certi nomi come quello di Tavolazzi, che lascia una notevole eredità di pensiero anche nella concezione di questa nuova produzione. E comunque sia, Elias Nardi Group dimostra che il concetto multietnico della loro musica va oltre, e quanto!
Riflessioni ci porta sin da subito ad immaginare i cerchi concentrici creati da un sasso lanciato in uno stagno, onde che si ripetono e si susseguono, quasi martellanti, come martellante e soffusa è la ritmica del basso. Sono poi i suoni di una armonica danza araba ed una viola a far da contr’altare. Si, la viola che ci riporta a note che ben conosciamo, quelli di un John Cale sperimentatore e contaminatore velvettiano. Questo brano è di certo un altro capolavoro per un caso unico di musica, e si perché tutto qui, in questo album è unico.

L’interno del cd con testi del poeta Luca Buonaguidi
17774 Preludio alla vita spicca in particolar modo per il solo di contrabbasso che dura 1.57. Ascoltarlo basta perché anche qui si è proiettati “oltre” il suono. Basta sognare … e quello non è proibito, anzi sembra ormai l’unica cosa che ci resta.
Qui ora giungiamo al vero gioiello dell’intero album, La Barca Ubriaca, ottava traccia di un vero e proprio concept progettato con cura, fatto soprattutto di ricerca musicale. In questo brano c’è tutta l’essenza di un gruppo che fa della musica colta, ricerca sonora, umana ed oserei dire anche solidale. Qui le idee messe su nastro sono tutte opportunamente miscelate a portata non solo di chi come noi è abituato a certi suoni. E’ vero non c’è il rock qui ma alcune timbriche e alcune influenze si sentono. La Barca Ubriaca è la compendio delle complessive nove tracce che compongono Flowers of fragility, è la sintesi di suoni unici, evocativi di una sperimentazione e di una costante ricerca sonora e non solo.
A chiusura troviamo Sine Nomine introdotta dal bandoneon che ci ha accompagnato in questo nuovo percorso di Elias Nardi. Anche qui, le tessiture strumentali sono tutte affidate ad un basso che di armonico ha tutto, sia nel suo tam-tam che nella sua compattezza. Il brano chiude degnamente questo lavoro da considerarsi un vero concept, proprio per il modo in cui è stato ideato.
Probabilmente molti si chiederanno quanto questo album, così musicato, possa avere a che fare con il concetto comune di progressive che abbiamo. In verità me lo sono chiesto anch’io, poi ripercorrendo le esperienze de “La Notte della Taranta” mi sono dato una risposta: la musica è qualcosa che va al di là dei generi e degli stereotipi. La musica è ben altro. Potrebbe benissimo starci dentro anche Elias Nardi Group, anche se qualcuno sta pensando a al colpo grosso con lo stesso Manzanera.
Sarà, ma se Elias Nardi non lo si pone tra i “progressisti” dei suoni, allora, dove pensiamo di collocarlo?
Io lo so, ma non lo dico. Nel frattempo ascoltate questa bella produzione.
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