
Doug Tuttle | Doug Tuttle (2014)
Un commovente viaggio nella California psichedelica degli anni sessanta
Se avete voglia di fare un viaggio nella California psichedelica degli anni sessanta evitate la fatica di progettare una dispendiosa macchina del tempo, la cosa più semplice da fare è ascoltare l’album d’esordio dell’americano Doug Tuttle (ex chitarrista del gruppo psych-rock Mmos). Per chi ha amato il rock psichedelico americano l’ascolto dell’album può portare varie sensazioni che potrebbero andare dal “già sentito” al senso di nostalgica commozione. Nel mio caso la sensazione è stata la seconda. Nei momenti migliori dell’album mi sono quasi commosso a capire quanto sia rimasto oggi di quella stagione irripetibile. Che siano Grateful Dead, Jefferson Airplane o i Beatles più maturi poco importa, la sensazione di un viaggio nel passato c’è ed è molto gradevole per chi ha voglia di imbarcarsi.
La psichedelia di Doug Tuttle è proprio quella degli esordi, pre-Pink Floyd, non vi sono cenni barrettiani, nè tanto meno il pessimismo dei Velvet Underground, bensì si trovano omaggi a Jerry Garcia dei Grateful Dead nel brano migliore dell’album, Turn This Love, all’anima freak della psichedelia (Where You Plant Your Love… Is Where It Grows), ai song-writer da happening (I Will Leave), ai Jefferson Airplane nel magnifico trip di Forget The Days, fino alla ipnotica Sewn Day, forse l’unico brano che sarebbe potuto stare in uno dei primi album dei Pink Floyd di Waters.
Doug Tuttle, pur non inventando nulla, crea un album davvero meritevole che riprende lo spirito originario di una generazione che vedeva nella musica una fonte di aggregazione e di condivisone. L’operazione nostalgia è pienamente riuscita.