
David Sylvian | Secrets Of The Beehive (1987)
Esplorazioni sonore dell'anima sospese tra sogno e realtà
David Sylvian, all’anagrafe David Alan Batt, artista a tutto tondo, inizialmente si fece conoscere per essere il leader nonché la voce dei Japan, band post punk, glam, new wave, dalle sonorità esotiche di fine anni ’70 e inizi ’80. Non passò tanto tempo però prima che questo gruppo stesse stretto a Sylvian, il quale ne uscì nel 1982, quando decise di seguire la volontà di sperimentare la musica in tutte le sue forme senza essere costretto da alcun vincolo o schema.
La determinazione nel seguire questa strada fu tale che rifiutò varie e allettanti proposte, tra cui ricordiamo quella dell’amico Fripp che, in seguito a riusciti lavori in coppia, gli avrebbe offerto il ruolo di voce dei King Crimson.
Quella di Sylvian sarà una carriera che, negli anni, ci offrirà una musica elettro-acustica dalle infinite influenze (jazz, rock, ambient, elettroniche, avanguardistiche, minimal, world ecc.), che cambierà forma di continuo ma che sarà sempre capace di regalarci emozioni, circondata da numerosissime ed illustri collaborazioni, coraggiosi progetti ed intellettuali compagni di viaggio. Tra questi ultimi, non possiamo fare a meno di citare il fido Ryuichi Sakamoto, artista giapponese che dopo aver studiato pianoforte e composizione, divenne membro della band elettro-pop Yellow Magic Orchestra, fu autore di varie colonne sonore ma soprattutto si fece conoscere per essere lo sviluppatore di uno stile che fonde insieme avanguardie elettroniche occidentali e musica etnica giapponese.
Percorso solista, quello di Sylvian, che parte con Brilliant Trees, album dai molteplici intrecci sonori, e tenderà verso la ricercatissima essenzialità di Manafon.
Dopo l’esordio e Gone To Earth, doppio album dalle sfumature elettro-ambient che vede le collaborazioni di amici come, il già citato, Robert Fripp e preparatissimi session man, si colloca Secrets Of The Beehive.
Questo è un album nel quale si lavora per sottrazione. Sono poche, ad esempio, le interazioni tra gli strumenti. L’obiettivo primario è quello di tenerci sospesi tra il sogno e una realtà in declino. Ciò si realizza per mezzo della creazione di un’atmosfera densa e piena di ombre, attraverso la quale l’inconfondibile voce di Sylvian canta, a tratti recita e sussurra, magiche e decadenti poesie perfettamente incastonate su suoni quasi del tutto acustici, impeccabili, perfettamente arrangiati da Sakamoto, sempre meticolosamente ponderati e mai casuali. Vengono messe da parte le suite del precedente lavoro e viene scelta la forma canzone che si adatta maggiormente a contenere, sotto forma di parole, la voce dell’animo di Sylvian. Suddivisione in tracce che, a discapito delle apparenze, non toglie assolutamente omogeneità al viaggio.
La foto di copertina, pallida natura morta di Nigel Grierson, anticipa il mood malinconico dell’album. I testi ci parlano di disagio interiore, della paura di non essere accettati e nel contempo della voglia di stare fuori da una società che non capiamo, non ci capisce e dopotutto neanche ci piace.
Si parte con September, piccolissimo (per durata) capolavoro, poesia nostalgica nella quale risalta la coordinazione piano-voce tra Sylvian e Sakamoto.
Seconda traccia è The Boy With The Gun, una ballata caratterizzata da un’atmosfera orchestrale e da una chitarra rock portante, il cui suono però, in secondo piano, sembra quasi provenire dalla stanza accanto.
Segue Maria che inizia con un’atmosfera celestiale in cui si distinguono le note di un contrabbasso che ci figurano la sensazione di gocce d’acqua che battono al suolo. A queste si aggiunge una voce che da calda e dirompente diviene man mano un lamento.
Orpheus, un cantato melodico, leggermente solare, circondato da suoni che portano alla mente voci angeliche tra i quali si fa strada il flicorno di Isham.
Si procede con The Devil’s Own. Il piano di Sakamoto ricorda la melodia di un carillon ed insieme ai legni dell’orchestra segna i tempi della scena trasmettendoci immagini spettrali.
When The Poets Dreamed Of Angels si distingue per una chitarra dalle sonorità latine. Mother And Child, probabilmente il pezzo più struggente e sentito dell’album. Sylvian trasmette al massimo il sentimento che ha dentro attraverso la sua voce. Un contrabbasso ipnotico ed un piano dai suoni svolazzanti termineranno con un taglio netto e inaspettato.
Si passa per la religiosità di Let The Happiness In che uscì come singolo precedentemente alla pubblicazione dell’album.
Giungiamo così alla traccia di chiusura, Waterfront, nella quale gli archi, esaltandosi a vicenda, si ripetono sino a divenire ossessivi e la consueta voce vellutata lascia spazio ai ricami di piano in sottofondo.